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Cronaca

Senza fedeli e fiera dei cedri: Forlì celebra il compatrono San Pellegrino a porte chiuse

Sarà celebrata senza popolo la solennità religiosa di San Pellegrino Laziosi di venerdì primo maggio. La Messa delle 10, presieduta dal vescovo mons. Livio Corazza, sarà trasmessa sulle pagine “Facebook” e “Youtube” della Pastorale Giovanile Diocesana

Non capitava da tempo immemorabile: a causa delle misure adottate per fronteggiare l’emergenza Covid-19, la solennità religiosa di San Pellegrino di venerdì primo maggio sarà senza popolo. Quest’anno non ci potranno essere fedeli all’interno della grande chiesa di piazza Morgagni, affidata ai tre frati filippini padre Roger Cabillo, superiore, padre Javier Dominador e padre Arcelo Jumen, e mancherà pure la celeberrima fiera ambulante dominata dai venditori di cedri, posizionati proprio sul sagrato del santuario: il vescovo di Forlì-Bertinoro mons. Livio Corazza celebrerà la santa Messa alle 10 dal santuario dedicato al compatrono cittadino, con diretta sulle pagine “Facebook” e “Youtube” della Pastorale Giovanile Diocesana.

La liturgia eucaristica officiata dal presule friulano, costituirà anche la settima tappa della “Via della Speranza”, il percorso spirituale congegnato dallo stesso vescovo in vista della ripartenza dalla pandemia. Alcune guarigioni miracolose per intercessione di Pellegrino sono conclamate anche in età recente. E pensare che da giovane, il vivace Laziosi, nato nel 1265 circa da nobile famiglia residente sull’attuale via Giovita Lazzarini, lungi dall’essere uno stinco di santo era addirittura anticlericale. O per dirla con aggettivi propri del suo tempo, ghibellino. Erano momenti di grande tensione e di lotta in campo aperto fra guelfi e ghibellini: la sua appartenenza a questi ultimi era convinta. “Non un simbolo, ma un uomo ribollente di sdegno e di passione – scrive don Franco Zaghini nel 1996 – mistico e contemplativo, buono e caritatevole, sofferente e pio”.

Talmente acceso contro la Chiesa nella sua dimensione temporale, che nel 1282 (l’anno del Sanguinoso Mucchio di dantesca memoria), durante la visita del frate servita San Filippo Benizi, mandato dal pontefice per riportare la pace in città, il futuro santo (unico forlivese issato sinora alla gloria degli altari) si scagliò contro il pulpito da cui l’emissario papale predicava, mollandogli pubblicamente due ceffoni. Due secondi dopo, Pellegrino, colpito dall’atteggiamento del Benizi che gli stava porgendo anche l’altra guancia perché “finisse il lavoro”, era già pentito del clamoroso gesto. Fu questo il momento di rottura nella vita del focoso ghibellino, che da quel momento iniziò un cammino di conversione, che lo condurrà a chiedere di entrare egli stesso nell’ordine dei Servi di Maria. Adottò uno stile di vita eccezionalmente austero, caratterizzato dall’isolamento e dal silenzio, nonché scandito dalla preghiera.

Tuttavia la coscienza gli rodeva ancora dentro: “I Laziosi – scrive mons. Adamo Pasini nel 1930 - non erano di cera santa neanche nel XV secolo, al punto che li incontriamo spesso in prigione, immischiati in sollevazioni contro il Governatore del 1433, che pure era vescovo e domenicano, e persino contro Antonio Ordelaffi nel 1436; e ne vediamo alcuni giustiziati con la pena di morte”. Al “nostro” Laziosi, che ebbe la fortuna di imbattersi in un sant’uomo come San Filippo Benizi, andò diversamente: “Si sottopone a una ferrea disciplina che lo porta di notte a dormire stando sempre in piedi, o al massimo seduto”. A 40 anni, il medico gli diagnostica un tumore osseo alla gamba destra e decide per l'amputazione. “Di certo – continua  mons. Pasini - una vera tortura senza anestesia o calmanti del dolore! Un intervento pericolosissimo senza antibiotici! Ma il buon frate la notte prima dell'operazione si trascina davanti al crocefisso, nella sala del capitolo e trascorre lì tutta la notte in orazione. Presto cade in un sogno febbrile. E ha una visione: il Crocefisso si piega verso di lui, mette la mano sulla sua piaga e gli dice: «Alzati, sei guarito!».

Al mattino seguente Pellegrino si sveglia fresco, come rinato, senza più febbre, né tumore, né dolore alcuno. Si sente guarito. La visione notturna è divenuta realtà”. In occasione della ricognizione compiuto nel 1959 delle sue ossa-reliquie, si è accertato che il tumore osseo si è veramente fermato. Infatti morì ottuagenario nel 1345, considerato un santo guaritore ancora in vita. La Chiesa lo venera come patrono degli ammalati di tumore e di quanti soffrono dolori cronici ai piedi e alle gambe. A 715 anni dall’approvazione pontificia della regola dei Servi di Maria, è più che mai viva la fama del taumaturgo forlivese, molto conosciuto anche in Polonia, Stati Uniti, Baviera, Austria e persino nelle Filippine. 

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