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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Case a luci rosse a Forlì e Cesena, condannati 8 cinesi

Sono stati tutti condannati gli otto imputati di nazionalità cinese accusati di associazione a delinquere, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione

Sono stati tutti condannati gli otto imputati di nazionalità cinese accusati di associazione a delinquere, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, favoreggiamento all'immigrazione clandestina e violazione alla normativa inerente la cessione a stranieri di unità abitative, ricettazione, sostituzione di persona, falso e altri reati inerenti la violazione della normativa sull'immigrazione, nell'ambito dell'operazione "Sex and the City" che ha portato alla chiusura di otto case a luci rosse cinesi tra Forlì e Cesena.

Concesse a tutti le attenuanti generiche, il Tribunale di Forlì ha condannato H.B., T.Y., X.M. a tre anni di reclusione. Più lieve la condanna per C.K. e T.X. (ai quali sono stati inflitti 22 mesi di reclusione e 800 euro di multa, pena sospesa) e Y.S. (18 mesi di reclusione e 700 euro di multa, pena sospesa). A Y.Q. e Q.S. sono stati inflitti 17 mesi di reclusione e 700 euro di multa, pena sospesa. I condannati sono stati inoltre condannati al pagamento in solido delle spese processuali.


L'ORGANIZZAZIONE - Ricostruita l'articolazione dell'organizzazione. C'era chi si occupava dei contratti di locazione tramite agenzie, che avveniva grazie alla collaborazione di prestanome, oppure con l'uso di documenti contraffatti. Alcuni presentavano documenti con nomi maschili, ma con fototessera femminile. In alcuni casi i contratti venivano firmati da coppie, che si presentavano all'agenzie con il figlioletto. C'era poi chi provvedeva alle inserzioni pubblicitarie. La gestione delle prostitute avveniva attraverso una sorta di "call center", con addette, che, principalmente da Reggio Emilia, prendevano gli appuntamenti ed avvertivano in tempo reale la prostituta dell'arrivo del cliente, arrivando persino ad ordinare l'apertura della porta dell'appartamento. Le centraliniste si occupavano del conteggio delle prestazioni e degli incassi. I "gestori dell'appartamento" provvedevano invece a riscuotere gli incassi.
 
GLI APPARTAMENTI - Sono sette le case a luci rosse scoperte a Forlì: due in vicolo Porta San Pietro, una in via Ravegnana in zona Foro Boario, una in via Gentili, una in viale Roma, una in viale Matteotti ed una in via Luffo Numai. A Cesena i "massaggi" erotici si potevano trovare in una palazzina in via Bocca. Sono 19 le prostitute coinvolte, che ricevevano quotidianamente una media di 18 clienti al giorno, con prestazioni che avevano un prezzo variabile tra 30 e 100 euro.
 
LE PROSTITUTE - Ai clienti veniva riservato uno sconto nei momenti di minore afflusso. Questo comunque non veniva deciso dalla prostituta, ma sempre dal "call center". Le prostitute operavano a cadenza tri-settimanale, con periodo di riposo che coincideva con il ciclo mestruale, e venivano spesso alternate nei otto appartamenti, in modo che ciascuna non rimanesse stabilmente nella stessa abitazione più di un "turno". Le donne si prostituivano volontariamente e guadagnavano il 33% sugli incassi. Al termine di ogni prestazione sessuale, la prostituta confermava al "centro" l'incasso, in modo da conteggiare in tempo reale quanto le spettava. Ogni appartamento poteva rendere mensilmente tra i 9mila ed i 10mila, con picchi da 1200 euro. Nel corso dell'inchiesta, la Mobile ha effettuato intercettazioni ambientali,  servizi di appostamento anche di 24 ore e identificato una decina di clienti.

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