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Cronaca

Covid, l'80% dei ricoverati in Terapia Intensiva non è vaccinato. "E il personale sanitario è provato"

L'INTERVISTA - Paolo Masperi, il direttore dell'ospedale "Morgagni Pierantoni" di Forlì, fotografa l'evoluzione della quarta ondata dell'epidemia vista dal nosocomio di via Carlo Forlanini

L'80% dei pazienti covid-19 ricoverati in Terapia Intensiva non è vaccinato. E' l'età media di quest'ultimi si aggira mediamente intorno ai 60 anni. E tra i pazienti vaccinati ricoverati, la maggior parte ha concluso il ciclo vaccinale da oltre sei mesi, quindi prima di ricevere la terza dose. Paolo Masperi, il direttore dell'ospedale "Morgagni Pierantoni" di Forlì, fotografa l'evoluzione della quarta ondata dell'epidemia vista dal nosocomio di via Carlo Forlanini. Ne emerge un quadro che conferma l'importanza della campagna vaccinale, che negli ultimi giorni ha subìto una nuova accelerazione dopo aver ridotto a cinque mesi l'intervallo minimo di tempo per ricevere la dose di richiamo del siero contro il covid-19.

Dottor Masperi, qual è la situazione al "Morgagni-Pierantoni"?
Lunedì in ospedale sono ricoverati 31 pazienti, dei quali 2 in Terapia Intensiva e 6 in Sub-Intensiva. A questi si devono aggiungere 11 pazienti ricoverati all'ospedale "Nefetti" di Santa Sofia.

Tra i ricoverati, qual è la percentuale dei non vaccinati?
Circa il 55% dei pazienti ricoverati nell’ospedale di Forlì risulta non vaccinato, contro il 45% circa di pazienti vaccinati, percentuali peraltro coerenti con quelle che si registrano complessivamente nell’ambito dell’Ausl. Credo sia però importante sottolineare che l’80% dei ricoverati in Terapia Intensiva non sono vaccinati così come l’80% dei pazienti ricoverati in Terapia Sub Intensiva. Questi dati a testimoniare l’efficacia della vaccinazione sulla suscettibilità a contrarre la malattia ed in particolare come strumento in grado di limitarne la gravità clinica.

L'età dei non vaccinati e dei vaccinati ricoverati?
In questo periodo tra i nostri ricoverati abbiamo riscontrato un’età media generalmente più bassa nei non vaccinati (mediamente 60 anni) rispetto a quella dei vaccinati (circa 80 anni).

Chi ha ricevuto la doppia dose di vaccino la scorsa primavera è maggiormente esposto al rischio di contrarre il virus....
Diciamo che, tra i pazienti vaccinati che hanno fino ad oggi avuto la necessità di ricovero, la maggior parte sono pazienti che hanno concluso il ciclo vaccinale da oltre sei mesi e che quindi si sono ammalati prima di aver potuto ricevere la terza dose. 

La curva dei ricoveri non sale al passo dei nuovi contagi. Quindi la situazione non è paragonabile allo stesso periodo dello scorso anno...
Nello stesso periodo dello scorso anno, il numero di positivi nella popolazione generale del territorio di Forlì era sovrapponibile a quello di oggi, ma oggi si registra un numero di pazienti ricoverati praticamente dimezzato rispetto allo scorso anno. Per spiegare questa differenza non trovo altro, se non l’introduzione della vaccinazione.

Come sono stati organizzati i ricoveri nelle unità operative?
Per ora abbiamo dedicato ai pazienti positivi al Covid sia l'Unità Operativa di Malattie Infettive sia una parte dei posti letto di Pneumologia. Chiaro che qualora dovessero aumentare i ricoveri di pazienti Covid, procederemo con un aumento progressivo della disponibilità di posti letto secondo un piano già collaudato nelle ondate precedenti.

Con l'aumento dei contagi tra i bimbi, si sta valutando una riorganizzazione dell'Unità operativa di Pediatria?
In questo momento non abbiamo bimbi ricoverati, ma per rispondere ad eventuali necessità siamo inseriti in un piano aziendale concordato tra le 4 Pediatrie dell’Ausl.

Qual è l'atteggiamento di medici e infermieri di fronte a questa nuova ondata?
E’ innegabile che il perdurare dell’emergenza Covid stia davvero provando fisicamente e psicologicamente tutto il personale.

Si sta riducendo l'attività programmata?
Fino ad oggi siamo riusciti a mantenere sostanzialmente invariata l’offerta assistenziale, ma è indubbio che stiamo cominciando ad entrare in una fase più impegnativa che potrebbe richiedere la contrazione dell’offerta di prestazioni a cominciare ovviamente da quelle meno urgenti e soprattutto meno critiche.

Come sta collaborando in questa fase la sanità privata?
Con le struttura sanitaria privata abbiamo da sempre instaurato ottimi rapporti di collaborazione, così come con le strutture socio-assistenziali. In particolare con i colleghi di Villa Serena direi che abbiamo rapporti ormai quotidiani che ci consentono di condividere strategie di riorganizzazione a fronte dell’andamento della curva epidemica.

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