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Cronaca

Strutture di accoglienza, in provincia sono ospitati oltre 250 minori

Il 31% delle comunità sono socio-educative, mentre quelle casa-famiglia sono il 27,6% e quelle dedicate a madri con bambini il 12,6%

In Emilia-Romagna i minori ospiti di una delle 348 strutture di accoglienza sono 2.572: si tratta prevalentemente di ragazzi (1.738 maschi contro 834 femmine) e stranieri (52,49% del totale), che arrivano in comunità per una situazione di disagio familiare, abitativo o sociale (19,8%) o perché stranieri non accompagnati (15,9%) e poi vi rimangono per poco più di un anno (368 giorni la media). E’ quanto emerge dal “Libro bianco sulle strutture di accoglienza per minori nella regione Emilia-Romagna”, realizzato dall’Ufficio del Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza su proposta del procuratore della Repubblica del Tribunale per i minorenni dell’Emilia-Romagna.

Bologna è la provincia le cui comunità accolgono più minori: 1.015. A Modena sono 375, a Forlì-Cesena 261, a Parma 229, a Rimini 214, a Ravenna 205, a Reggio Emilia 140, a Ferrara 98 e a Piacenza 89. Il 31% delle comunità sono socio-educative, mentre quelle casa-famiglia sono il 27,6% e quelle dedicate a madri con bambini il 12,6%. Tra le altre tipologie più frequenti, quelle sperimentali (10,3%), familiari (6,6%), pronta accoglienza (3,2%) e educativo-psicologica (2%). Il "Libro bianco"m spiega il Garante regionale Luigi Fadiga, "è una fotografia dell’esistente in fatto di dati statistici relativi al fenomeno dei minorenni accolti a qualsiasi titolo in comunità e strutture residenziali, e non ha né vuole avere scopi scientifici. Vuole invece essere uno specchio, in cui tutti coloro che hanno responsabilità istituzionali nei confronti dei cittadini minorenni possano specchiarsi e sentirsi stimolati a ricercare a livello locale criteri che migliorino un sistema da tempo oggetto di critiche e preoccupazioni”, perché “un sistema di dati comparabili in questo campo può consentire di cogliere i nessi e le reciprocità fra politiche sociali e politiche giudiziarie”.

La figura di Garanzia dell’Assemblea legislativa avverte però che “è tuttavia insufficiente e riduttivo riferirsi ai soli casi di collocamento in comunità: anche i dati relativi agli interventi giudiziari di protezione devono essere raccordati, e anche quelli relativi all’affidamento del figlio in caso di separazione dei genitori”. L’auspicio di Fadiga è allora, “con uno sforzo non piccolo ma necessario, di andare oltre, non solo migliorando ma allargando il campo statistico minorile, puntando a un collegamento strutturato dei dati socio-assistenziali con i dati giudiziari, in particolare con quelli concernenti le autorità giudiziarie minorili”. In questo modo, conclude, “la Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con le Autorità giudiziarie locali, potrebbe diventare un laboratorio sperimentale per un progetto pilota, in cui coinvolgere gradualmente anche le altre Regioni”.

Per il procuratore Ugo Pastore, il Libro bianco “rappresenta un’importante tappa nel faticoso processo che, sin dal 2008, la Procura della Repubblica per i minorenni dell’Emilia-Romagna porta avanti, con scarsissime risorse materiali e di personale e in condizioni logistiche e operative eccezionalmente svantaggiate, al fine di promuovere, attraverso la conoscenza e la lettura incrociata delle informazioni disponibili, le più tempestive ed efficaci azioni a tutela dei minori in condizioni di abbandono o di grave pregiudizio”.

I numeri - Al 31 dicembre 2013, i minori in comunità di nazionalità italiana sono 1.222. Tra i ragazzi stranieri, il 52,49% del totale, al primo posto quelli provenienti dall’Albania (229), poi Marocco (169), Romania (165), Tunisia (122), Bangladesh (107) e Pakistan (90). In totale, provengono da 66 Paesi diversi. Escludendo il trasferimento tra comunità (capita nel 20,68% dei casi), la ragione più frequente (19,79%) di ingresso in comunità è una situazione di disagio familiare, abitativo o sociale. Frequenti anche le situazioni di minori stranieri non accompagnati (15,9%) o di rientro dopo un allontanamento non autorizzato (17,96%, 462 casi). Il 6,57% dei giovani ospiti è invece in grave pericolo fisico o psichico, mentre per il 6,3% si tratta di una disposizione dell’Autorità giudiziaria. Quasi un minore su due (44,4%, 776 ragazzi nel 2013) esce dalla comunità in maniera non autorizzata. Per il 19,87% si tratta invece solo di un passaggio tra strutture, mentre per il 12,77% l’esperienza si conclude grazie al rientro in famiglia. Tra le altre cause di uscita, la fine del progetto formativo (7,8%), la maggiore età (4,2%) e l’affidamento (3,5%). Nel 2013 sono state 75 le madri entrate in comunità insieme al loro bambino, di cui 5 ancora in stato di gravidanza.

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