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Cronaca

Cosa succede a Forlì in caso di terremoto distruttivo? La mappa del sistema dei soccorsi e dell'accoglienza degli sfollati

Forlì si trova classificata in zona sismica 2, su una scala che va da 1 a 4, dove 1 è il massimo rischio e 4 il minimo. In base a tale classificazione “forti terremoti sono possibili”

Due scosse devastanti hanno causato lunedì migliaia di vittime in Turchia e in Siria (si ipotizzano fino 20mila persone sotto le macerie) e ai forlivesi è tornato alla mente il recente sciame sismico, con epicentro nel Cesenate, che ha fatto “ballare” più volte la Romagna nelle ultime settimane. Scosse sicuramente non paragonabili tra loro: l'energia dissipata nell'evento sismico in Turchia, per dare un ordine di grandezza, è circa 1000 volte superiore al sisma di Amatrice del 2016 ed ancora di più per quanto riguarda le ultime scosse romagnole, dato gli  eventi locali più forti della sequenza - che sono avvenuti il 26 gennaio e il 28 gennaio - entrambi erano “solo” di magnitudo 4.1. 

Forlì in zona sismica 2 su una scala di 4

Ma i recenti esempi ci ricordano quanto frequentemente la terra sia in movimento e che gli effetti possono essere anche distruttivi. Forlì si trova classificata in zona sismica 2, su una scala che va da 1 a 4, dove 1 è il massimo rischio e 4 il minimo. In base a tale classificazione “forti terremoti sono possibili” a Forlì, anche se è molto remoto il rischio che capiti quanto successo in Turchia. 

E la città come è organizzata in caso di disastro sismico? Il Comune di Forlì ha revisionato nel 2020 il proprio “Piano Comunale di Protezione Civile”, che prende in considerazione diverse emergenze: non solo sismi, ma anche alluvioni, frane, eventi meteorologici eccezionali, incendi, blocco dei trasporti lungo le grandi direttrici, rischi industriali. Ma è certo che, data la frequenza dei fenomeni, è il terremoto la calamità che preoccupa di più su larga scala. Che cosa prevede dunque il piano di difesa civile di Forlì in caso di cataclismi?

Le sedi strategiche: il centro sociale diventa centro operativo

Le massime autorità per la gestione delle crisi sono la Prefettura e il Comune di Forlì. Ma avendo entrambi sede in due palazzi storici e sicuramente non antisismici non sono certo i luoghi ideali per riunire le “teste pensanti” in caso di terremoto. Entrambi gli enti hanno così definito dei centri di coordinamento più adeguati e sicuri, in caso di convocazione di emergenza.

In caso di emergenza di protezione civile di rilievo comunale, la prima reazione è che in Comune si riunisce il cosiddetto 'Coc', il Centro Operativo Comunale. L'apertura del centro operativo è a cura degli uffici comunali della protezione civile e a presiedere la struttura è il sindaco. La sua funzione è l'attivazione dei primi soccorsi e l'informazione della popolazione. E' la cosiddetta prima linea, quella che si dovrebbe mobilitare subito, con le forze locali, in attesa della partenza dei rinforzi, se necessari.

In caso di terremoto, il Piano di Protezione Civile di Forlì prevede che ad ospitare il 'Coc' non sia il municipio che potrebbe risultare compromesso, ma il centro sociale per anziani 'Primavera' che si trova in via Angeloni 56, di fianco alla chiesa di San Giovanni Apostolo ed Evangelista. In totale 16 locali distribuiti su 600 metri quadri: costruito nel 2010 è attualmente l'edificio pubblico più avanzato dal punto di vista antisismico presente in città.

La struttura, con un grande salone normalmente adibito ad attività ricreative, è dotata però di un avanzato cablaggio telematico per diventare una vera e propria centrale di controllo piena di computer. E' dotata anche di un generatore di corrente, che si accende in automatico per cui non rischia di rimanere bloccata in caso di black-out elettrico.

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Le sedi strategiche: il centro coordinamento soccorsi in via Cadore

In via Cadore si trova l'altra sede fondamentale in caso di emergenza sismica, sede dell'Agenzia regionale di protezione civile. Qui si trova, in tempo di pace, l'attrezzatura della protezione civile, i mezzi della colonna mobile e diversi uffici per il monitoraggio continuo, la formazione e la gestione ordinaria delle associazioni di volontariato di protezione civile. Un capannone ricovera i mezzi pronti a partire per le emergenze non solo locali, mentre gli uffici ospitano una centrale radio e una sala operativa per le emergenze.

L'edificio è dotato di doppia cablatura, in caso un evento particolarmente distruttivo danneggiasse le linee di comunicazione. E' presente anche una sala radio e la sua posizione, vicina all'ingresso della tangenziale e appena fuori città garantisce maggiormente la sua raggiungibilità, rispetto alle strette strade del centro storico.

In caso di emergenza è qui che il Prefetto convoca il 'Ccs', il Centro di Coordinamento Soccorsi, mettendo allo stesso tavolo le varie forze dello Stato,  come polizia, carabinieri, Vigili del Fuoco, oltre a quelle locali come la Polizia Municipale e il volontariato. Il centro di via Cadore si attiva come sala di coordinamento dei soccorsi per un'emergenza di rilievo, non gestibile solo a livello comunale, ma dove servono forze provenienti da fuori territorio. Mettendo più catene di comando allo stesso tavolo, l'obiettivo è che non ci siano sovrapposizioni e azioni scoordinate, ma si lavori su priorità definite.

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Capacità di accogliere al coperto quasi 4.000 persone

Il Piano comunale di protezione civile individua pi le strutture pubbliche antisismiche in cui alloggiare degli sfollati. La prima e più veloce soluzione è l'utilizzo di scuole e altri edifici allestendo dei posti letto. Le scuole antisismiche dove portare in sicurezza le persone a seguito di un evento catastrofico sono 21, per un totale di 270 aule disponibili e 143 bagni. Qui, considerando l'accoglienza di 7 persone per aula, si possono ospitare potenzialmente 1.890 sfollati. Le scuole più capienti destinate a questo scopo sono il Liceo classico (41 aule), la scuola media Palmezzano (32 aule), La scuola elementare Bersani (26) il Liceo Artistico (25), l'Itaer (24) e la scuola media Orceoli (21) e Zangheri (21).

Ci sono poi palestre e altri impianti sportivi comunali, per un totale di 10.870 metri quadri coperti, in grado di ospitare fino ad altri 1.500 sfollati circa. Il più grande è il Palafiera, dove è possibile alloggiare 420 persone nei camminamenti sotto le gradinate. Una “prova generale” è già stata fatta alcuni anni fa, quando la struttura accolse a dormire circa 300 alpini. Le altre strutture sono il pattinodromo di via Ribolle, l'ex Gil e 8 palestre di scuole e campi sportivi.

Se l'emergenza di protezione civile si verifica in primavera-estate, il Comune ha già individuato anche  14 campi sportivi in grado di accogliere tendopoli. Si tratta di strutture accessibili, recintate, illuminate, infrastrutturate con le utenze di acqua e gas, spesso dotati anche di servizi di bar e ristorazione. In caso di emergenza in autunno-inverno, invece, il Piano di Protezione Civile contempla 24 terreni (agricoli in tempo di pace) in cui eventualmente installare i moduli abitativi, le cosiddette “casette prefabbricate”. 

In caso di emergenza che provoca danni e distruzione, infatti, scuole, palestre e tendopoli potrebbero essere usate solo per poche settimane, dopo di ché la promiscuità di persone – è stato studiato in questi casi – produrrebbe significativi effetti negativi sugli sfollati. Per cui è previsto che la “valvola di sfogo” abitativa sarebbero con ogni probabilità i numerosi alberghi della riviera.

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La Fiera, eterna incompiuta 

In questa mappa dei centri nevralgici della protezione civile figura anche la Fiera, che può essere un'area essenziale in caso di emergenza, ma non per quella sismica. E' stata per esempio fondamentale nell'emergenza Covid, come mostra il fatto che ha ospitato il centro vaccini, che si è ingrandito in corso di emergenza, e il punto tamponi drive-trough (anche se le grandi aeree di parcheggio non sono state adeguatamente usate per i picchi di incolonnamenti di auto). 

In caso di terremoto, invece, l'edificio – non avendo requisiti anti-sismici – non è attualmente utilizzabile e non figura nell'elenco dei centri di accoglienza. Ma le sue grandi aree di parcheggio vicine al casello dell'A14 - con due grandi arteria di collegamento (via Ravegnana-Punta di Ferro e via Martoni, che potrebbero essere messe a senso unico in entrata e in uscita) – ne fanno un'area ideale per l'ammassamento e poi smistamento delle squadre di soccorso, anche a livello sovra-provinciale. 

I padiglioni della Fiera sono stati comprati nel 2018 per 1,7 milioni da parte del Comune (prima erano della società Fiera di Forlì, partecipata da Comune, Camera di Commercio, Provincia, Fondazione Cassa dei Risparmi e altri privati), con lo scopo di realizzare un altro grande punto di raccolta di sfollati. L'acquisto, però, era diretto anche a mettere in ordine i conti in deficit dell'ente fieristico. I diversi  interventi di messa a norma sismica sono andati a rilento, tanto che a distanza di oltre 4 anni la struttura non è nel novero di quelle in grado di accogliere sfollati. L'intervento di messa a norma riguarda principalmente il tetto, dove però si trova una vasta distesa di pannelli fotovoltaici che andrebbero smontati, con costi non irrisori. Lo smontaggio inoltre priverebbe della Fiera di Forlì di uno dei suoi introiti (la vendita di energia), contribuendo a rimettere in deficit il suo bilancio. E' previsto a breve un bando della Regione per la messa a norme di strutture giudicate strategiche per la Protezione Civile, a cui il Comune potrà partecipare

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