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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Santa Sofia

Terremoto, i santasofiesi ora temono la diga: "Perché non svuotarla?"

Ben 37 gradi nell'assolato piazzale Carlo Marx, cuore pulsante della protezione civile a Santa Sofia. Non c'è nessuno alle due di pomeriggio di martedì, ma alcuni cittadini sono pronti a giurarci

Ben 37 gradi nell’assolato piazzale Carlo Marx, cuore pulsante della protezione civile a Santa Sofia. Non c’è nessuno alle due di pomeriggio di martedì, ma alcuni cittadini sono pronti a giurarci che al tramonto qualcuno ci verrà a dormire, con l’assistenza degli alpini e delle associazioni di volontariato. Perché, come garantiscono anche al bar La Loggia è da alcune notti che a Santa Sofia non si dorme più, con un orecchio sempre teso al terremoto.
 
Il sindaco nel primo pomeriggio, consultandosi con i vigili urbani, conferma che il peggio, dopo gli scossoni fino a 4 gradi Richter di stamattina martedì intorno alle 9, è passato: “Il problema più grosso è stato all’ospedale, ma l’allarme è rientrato”, conferma. Crolli o abitazioni inagibili? “No, niente” conferma il primo cittadino all’ingresso della sede dei vigili. Conferma anche il maresciallo dei carabinieri nel suo giro di perlustrazione: “Solo cornicioni e crepe nei muri”. Sulla Bidentina all’ingresso del paese, questa mattina è rotolato giù un grosso masso di un vecchio muro bugnato di contenimento. Altri massi sono caduti sulla stessa provinciale, a monte, verso Isola e Ridracoli.
 
Ridracoli: è questo che fa più paura a Santa Sofia. Il grande catino d’acqua, più di 30 milioni di metricubi, chiusi dentro il bacino dell’alta val Bidente. Stamattina il TG di Italia 1 ha mostrato l’epicentro del sisma, e la grafica sul video ha indicato - inconsapevole di che cosa significa quella località a Santa Sofia - l’epicentro proprio a Ridracoli. In verità l’epicentro è stato di alcuni chilometri più a valle, a Cabelli, ma poco cambia. “Perché non la svuotano? Perché è oro che cola, quell’acqua, poi vengono le vite di chi sta sotto”, dice un pensionato nel piazzale Carlo Marx.
 
Al bar La Loggia, a pochi passi dal municipio, tutti hanno visto quei pochi istanti su Italia1. E si lamentano della diga colma d’acqua, giocando però a scopa ad un tavolino distante venti metri in linea d’aria dall’alveo secco del fiume Bidente. In fondo la diga - lo sanno in paese - è sicura per scosse come quelle degli ultimi giorni. Nella morsa di una calura per niente alleviata dall’altitudine del paese, ognuno ricorda cosa stava facendo stamattina alle 9 e un quarto: “Ero in bici e ho visto come un’onda venirmi incontro, un onda che si avvicinava percorrendo il guard rail”, dice un cicloturista al bar. “Ero in macchina, mi sono accostato perché mi sembrava di essere stato tamponato, ma era il boato”, un altro.
 
Il giocatore di scopa poggia le carte e ricorda di ieri sera: “Ero fuori casa e ho visto la casa scuotersi davanti a me, sono entrato e ho trovato tutti i quadri e i soprammobili per terra”. Tutti hanno crepe nell’intonaco, tranne uno: “Abito in una casa di sasso fuori dal paese. Nelle stanze dove ho l’intonaco si è tutto crepato, dove invece non ce l’ho è come se non fosse successo niente”. Se non fosse, però, per gli arredi in terra. E tutti, poi, si ricordano del sisma del 2003, “con un boato – spergiurano – che non aveva niente da meno di quello di stamattina”. La scossa, dicono all’unisono, è durata pochissimo, uno o due secondi, “ma se fosse stata più lunga?” si chiedono.
 
Nella frazione di Camposonaldo un rudere disabitato è crollato parzialmente, il resto è storia di cornicioni e crepe. Crepe all’ospedale Nefetti, avvolto nella pace e nella tranquillità dopo lo sgombero poi rientrato in mattinata. Crepe alla casa di riposo San Vincenzo De Paoli, una costruzione nuova, con l’aria condizionata nelle camere. “Ma gli anziani stanno tutti fuori al caldo perché non si fidano con quelle crepe nelle stanze”, dice un passante indicando la struttura. Il terno al lotto è prevedere quanto durerà lo sciame sismico. “Nessuno può prevederlo”, concludono ai tavolini del bar La Loggia, a metà tra il fatalismo e la fiacca causata dai 37 gradi all’ombra.
 

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