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Salute

Il tumore che ha ucciso Gianluca Vialli spiegato dal professor Giorgio Ercolani: "Casi in aumento, prevenzione fondamentale"

L'APPROFONDIMENTO - Il tumore al pancreas è una delle malattie oncologiche più insidiose. Ne abbiamo parlato con Giorgio Ercolani, direttore della Chirurgia e Terapie Oncologiche Avanzate di Forlì

Un tumore silente, duro da sconfiggere. Che si manifesta con stanchezza, dolore che dall'addome si irradia verso la schiena e ingiallimento degli occhi e della pelle. Un avversario difficile da abbattere, anche con un tackle. Ci ha provato Gianluca Vialli, quando dal 2017 ha cominciato una forzata convivenza con la malattia, l'adenocarcinoma pancreatico. Ma purtroppo quella forma di tumore, che ha attaccato il pancreas, ha vinto la sua sfida. Una battaglia che l'ex calciatore di Sampdoria, Juventus e Chelsea, poi valore aggiunto della Nazionale di Roberto Mancini che ci ha fatto gioire nel 2021 con la vittoria degli Europei, ha combattutto a testa alta fino alla fine. Il tumore al pancreas è una delle malattie oncologiche più insidiose, una patologia in crescita di incidenza e per la cui cura vi sono ancora poche certezze.

Giorgio Ercolani, direttore della Chirurgia e Terapie Oncologiche Avanzate di Forlì e professore ordinario di Chirurgia all’Università di Bologna, lei uno dei massimi esperti della chirurgia oncologica epato-bilio-pancreatica. Quanti casi trattate annualmente nel Forlivese?
"Trattiamo circa 120-140 casi nel nostro ambito e eseguiamo circa 50-60 resezioni pancreatiche all'anno a Forlì (cioè di asportazione di parte o di tutta la ghiandola, ndr). Solo il 30-35% dei pazienti con adenocarcinoma del pancreas sono operabili al momento della diagnosi".

L'età media?
"Il picco di incidenza è tra la sesta e settima decade".

Quali sono i sintomi con il quale si manifesta?
"I tumori del pancreas localizzati a livello della testa esordiscono frequentemente con ittero (dovuto all'iperbilirubinemia), alterazione degli indici biochimici in particolare quelli di colestasi (gamma-Gt, bilirubina totale e diretta), urine ipercromiche e feci acoliche. Quelli a localizzazione nel corpo o coda pancreatica purtroppo spesso esordiscono con dolore e calo ponderale quando la neoplasia ha già raggiunto discrete dimensioni. E spesso in questi casi non è già più operabile".

Da cosa è provocato?
"Non esiste un fattore scatenante. Esistono alcuni fattori di rischio come il fumo e l'alcool. Ci sono alcune lesioni pancreatiche considerate pre-cancerose come le cisti mucinose del pancreas, Ipmn (neoplasie mucinose papillari intraduttali, ndr) e alcuni fattori di rischio genetici come la mutazione per Brca (geni ad azione oncosoppressiva presenti in ogni essere umano, ndr). Questi pazienti dovrebbero fare lo screening. Anche i pazienti con diabete devono fare un adeguato follow up clinico-strumentale".

E' un tipo di tumore in aumento?
"Purtroppo si, in parte legato allo stile di vita soprattutto nel mondo occidentale e soprattutto legato all'aumento della vita media e quindi all'invecchiamento della popolazione".

Perchè, a differenza di altri tumori, quello del pancreas risulta essere il più letale?
"I motivi sono diversi. Purtroppo, in alcuni casi si presenta con sintomi già in fase avanzata; la possibilità di uno screening nella popolazione a rischio non è ancora attuabile in maniera ubiquitaria ed inoltre, rispetto ad altri tumori, non abbiamo ancora delle chemioterapie efficaci nella maggior parte dei casi".

Qual è il ruolo della chirurgia contro questo tumore?
"L'unica chance di cura è la possibilità di una chirurgia resettiva associata a trattamenti chemioterapici eseguiti o prima o dopo la chirurgia a seconda dei casi".

Anche per il pancreas quindi si ricorre alla somministrazione della chemioterapia prima dell’intervento?
"Assolutamente si, e recentemente la tendenza a far precedere la chemioterapia alla chirurgia sta diventando un atteggiamento sempre più comune in virtù dei migliori risultati che è possibile attendersi con questo approccio".

Quali sono le aspettative di sopravvivenza?
"In generale, si parla del 15-20% a 5 anni. Nei pazienti con fattori prognostici favorevoli (come le dimensioni ridotte, l'assenza di metastasi linfonodali e l'esecuzione di interventi curativi R0) queste percentuali possono alzarsi al 30-35%".

Lo scorso novembre proprio a Forlì si è svolto un incontro in Comune, rivolto agli specialisti del settore e alla Comunità. Quali possono essere i bisogni ad oggi non riconosciuti, o non ancora soddisfatti, dalla rete di cura?
"Innanzitutto bisogna diffondere la cultura della prevenzione e screening nei soggetti a rischio. E anche noi sanitari dobbiamo migliorare la nostra capacità di diffusione delle informazioni necessarie, tra le quali la presenza di un Centro di riferimento dove cerchiamo in modo collegiale e multidisciplinare di trattare tutti i pazienti con neoplasie o malattie del pancreas".

Cosa possono fare le Istituzioni?
"Dovrebbero sollecitare l'identificazione di Centri di riferimento per il trattamento di questa patologie (che per l'esiguità dei numeri non possono essere ovunque. In Italia il 60-70% delle resezioni pancreati che vengono effettuati in Centri che ne fanno meno di 15 all'anno) in quanto è noto in ambito scientifico che il trattamento di pazienti con tumore del pancreas in Centri ad alta specializzazione dove siano presenti tutte le "professionalità" necessarie (chirurghi, oncologi, gastroenterologi, patologi, radiologi interventisti, radioterapisti ed altro) è l'unico modo di migliorare i risultati in termini di sopravvivenza a distanza riducendo la mortalità e favorendo la ricerca clinica".

Prevenzione e diagnosi precoce sono fondamentali. Che messaggio vuole trasmettere ai nostri lettori?
"Uno degli obiettivi del convegno di novembre nella giornata Mondiale della lotta contro il tumore del pancreas era la sensibilizzazione della popolazione nei confronti dello screening per i soggetti a rischio (quali portatori di lesioni pancreatiche come le cisti o le Ipmn, quelli che hanno avuto famigliari di primo grado colpiti da questa neoplasia o che hanno mutazioni del Brca, o diabetici) in quanto la diagnosi precoce al momento è al momento ancora il fattore più importante per migliorare l'aspettativa di vita nei pazienti colpiti. Un altro messaggio è che nel nostro territorio abbiamo costituito un gruppo multidisciplinare di professionisti dedicati alla diagnosi e cura delle malattie pancreatiche ispirandoci alla Pancreas Unit del San Raffaele di Milano (uno dei Centri leader a livello Internazionale) che ci ha seguito in questo percorso". 

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