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Cronaca

Una targa per ricordare il bombardamento aereo del 25 agosto 1944

Il 25 agosto 1944 era un venerdì, giorno di mercato. I primi bombardieri alleati apparvero all’orizzonte alle 9.16. La città fu letteralmente colpita al cuore, con lo sventramento della stessa Basilica di San Mercuriale

Una targa per ricordare il bombardamento aereo su Forlì del 25 agosto 1944. A 77 anni di distanza dal tragico evento, il Comune ha predisposto e affisso una tabella commemorativa in piazza Saffi, lato San Mercuriale. La cerimonia di scoprimento è in programma mercoledì, alle 9.15, all’angolo con Largo De Calboli. Quel tragico venerdì era giorno di mercato. Le prime fortezze volanti, pilotate da aviatori sudafricani, apparvero all’orizzonte alle 9.16.

Provenivano da sud nell’ambito dell’Operazione “Olive”, dal nome del generale statunitense Oliver Leese, che l’aveva congegnata con un obiettivo ben preciso: prendere Rimini e sfondare la Linea Gotica, il sistema fortificato posto dalla Wermacht lungo l'Appennino, tra le Alpi Apuane e Rimini, come ultimo baluardo per impedire l'avanzata degli Alleati nel Nord Italia. Nonostante la netta superiorità di uomini e mezzi, il piano anglo-americano riuscì solo parzialmente per la strenua difesa attuata dal feldmaresciallo Albert Kesselring, ma anche a causa delle intense piogge. Seppur in forme ridotte e con poca merce sui banchi, il mercato ambulante in piazza Saffi aveva sempre operato, persino nel pieno della guerra: fu uno dei motivi della strage. Forlì subì il secondo bombardamento per imponenza dopo quello del 19 maggio 1944, che aveva mietuto 150 vite. Le sirene suonarono in tempo, ma era troppa la gente dispiegata nelle vie del centro.

La città fu letteralmente colpita al cuore, con lo sventramento della stessa Basilica di San Mercuriale. I danni alla chiesa dedicata al proto vescovo risultarono talmente gravi, da indurre il Genio Civile ad ordinare la demolizione delle volte della navata centrale, realizzate tra Cinquecento e Settecento. Riapparvero le travi lignee del tetto e le aperture laterali risalenti al XIII secolo. I più anziani ricordano bene la devastazione di Piazza Saffi conseguente al bombardamento: il popolare don Pippo, al secolo monsignor Giuseppe Prati, da 5 mesi parroco della millenaria abbazia, trascorse l’intera giornata a raccattare brandelli di carne umana sui muri e sul selciato della piazza, per poi dare loro pietosa sepoltura in una fossa comune allestita al Cimitero monumentale. Scrive Antonio Mambelli nei suoi Diari: “Quattro formazioni di 23 bombardieri hanno sganciato a più riprese sulla città, specie sul centro, con il risultato di numerosi morti e di rovine immani; altre bombe a scoppio ritardato dovevano riservare a più tardi i loro funesti effetti”.

Il primo lancio fece a pezzi la barriera daziaria di San Pietro e tutte le case adiacenti, il secondo infierì sulla fabbrica di feltri “Bonavita”. Una bomba caduta in via Delle Torri colpisce in pieno il Palazzo dell’Amministrazione provinciale, disintegrando gli affreschi del Samoggia, di Annibale Gatti e di Pompeo Randi. Colpito anche il Palazzo degli Uffici Statali, con il crollo di muri interni e ampi squarci alla facciata. Molti i morti fra le macerie. Mambelli condanna l’assurdo ordine impartito ai dipendenti del Catasto di non allontanarsi dal posto di lavoro, se non all’ultimo. “La tragedia più grave si è avuta sul sagrato della basilica di San Mercuriale e di fronte al campanile, ove si è ripetuto il ‘sanguinoso mucchio’ di dantesca memoria”. Fatalità volle che molti si fossero rifugiati proprio nell’intercapedine fra la chiesa e la torre campanaria e che una bomba sia caduta proprio lì. A quella diabolica ventata di morte riuscì invece a scampare il glicine di casa “Manoni”, in via delle Torri. Alla fine si contarono 75 civili e 9 militari morti (di cui 3 tedeschi), oltre a 150 feriti. 

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