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Cronaca

No-vax all'asilo, bimbo colpito da leucemia costretto a rinunciare alla scuola: "Non è discriminazione?"

Un appello al sindaco di Forlì affinché agisca come i suoi colleghi di Rimini e Cesena, che hanno preso provvedimenti incisivi per far rispettare la legge sulla sospensione dei bambini non avvicinati nelle scuole materne

Un appello al sindaco di Forlì affinché agisca come i suoi colleghi di Rimini e Cesena, che hanno preso provvedimenti incisivi per far rispettare la legge sulla sospensione dei bambini non avvicinati nelle scuole materne e negli asili nido della città. E' quello che arriva dalla famiglia di un bambino di 6 anni immunodepresso. Il piccolo nella sua vita di sfortuna ne ha già avuta tanta: ammalatosi di leucemia a 4 anni, per due anni ha subito il suo calvario personale per le cure e la chemioterapia, ed ora – fuori dalla parte più oscura del tunnel - finalmente può tornare là dove è mancato per tanto tempo: tra gli altri bambini, a socializzare e a farsi le sue esperienze di gioco tra coetanei, dato che di fatto finora ha interagito  solo con adulti. Ma la presenza di bambini di famiglie no-vax nel suo plesso scolastico rende sconsigliata la frequenza scolastica e così il bambino non sta frequentando la scuola materna, pur in presenza di una legge che ora riconosce più esplicitamente il suo diritto. In questi anni a impartirgli gli insegnamenti 

E' insomma il concretizzarsi di una situazione spesso evocata: la compressione di un diritto di un bambino con problemi di salute, spesso sminuiti dai no-vax, a favore di un diritto richiamato da altre famiglie, ma privo di alcun supporto scientifico, ed ora anche contrario alla legge. Legge che però la scuola ancora fatica ad applicare. Spiegano i genitori di questo bambino, frequentante una scuola materna della città: “La nuova normativa sui vaccini in teoria dovrebbe essere fatta apposta per tutelare tutti i bambini, soprattutto gli immunodepressi come lo è nostro figlio. Purtroppo non è così. Perché già non basta aver perso due anni a combattere contro il cancro vivendo solo tra casa e ospedale e relazionandosi solo con gli adulti, perdendosi così anche gli anni più belli che un bambino ha, spensierati e pieni di giochi insieme agli altri bambini. Ora che fortunatamente sembra tutto finito e tutta la famiglia può ricominciare a vivere "una vita normale", non è possibile”.

La norma, che ha dato un periodo di transizione di oltre un anno ha decretato che dall'11 marzo scorso se negli istituti ci sono bambini non vaccinati questi non dovrebbero più frequentare, se non è scuola dell'obbligo, oltre a pagare una multa. Tuttavia se l'obbligo di legge è chiaro, come sempre la burocrazia – in questo caso quella scolastica – fa melina, in quanto un conto è quello che dice la legge e un conto sono gli strumenti per applicarla, anche se – come in questo caso – ogni giorno di ritardo è un giorno di mancato diritto riconosciuto dalla legge e non una situazione "astratta". Questa famiglia si è rivolta alla dirigenza scolastica: “Nostro figlio immunodepresso è stato esonerato dall'obbligo vaccinale, ma lo assolverà non appena le sue condizioni di salute lo permetteranno – spiega la famiglia -. Abbiamo chiesto alla scuola di permettere al piccolo il rientro in sicurezza nel suo plesso scolastico, per poter fruire almeno degli ultimi due mesi di servizio, due mesi di caldo e di attività all'aperto, due mesi preziosi per il ritorno alla socializzazione e ad una 'vita normale'”.

Tuttavia la dirigenza della scuola non ha preso atti per allontanare i bambini non vaccinati presenti. Spiega la famiglia: “Dicono di avere le mani legate dai regolamenti in quanto "non possono sospendere nessuno altrimenti potrebbero creare un blocco psicologico al bambino". Quindi i bambini no-vax (per scelta dei genitori, non loro) continuano a frequentare rischiando sia di ammalarsi che di diffondere le malattie a quelli che purtroppo sono più deboli (non per scelta loro e di certo neanche dei genitori), ottenendo quindi che coloro che si sono scontrati a pochissimi anni di vita con qualcosa di così grande e spaventoso che anche noi adulti temiamo, vengono penalizzati ulteriormente non potendo rientrare all'asilo che già frequentavano. Unica possibilità è che i genitori si prendano ogni responsabilità per le conseguenze di un qualsiasi tipo di contagio dovuto a questo”. 

Quello che viene richiesto, in altre parole, è solo il rispetto della legge in vigore. E se in altri Comuni i sindaci hanno preso provvedimenti incisivi, come le ordinanze, a Forlì tutto tace. A Rimini il sindaco Andrea Gnassi ha già emesso un ordinanza che rende possibile 50 euro di multa per ogni giorno di frequenza “illegale” a scuola. A Rimini, inoltre, sono partite già 20 denunce a carico di altrettante famiglie no-vax per il mancato rispetto della norma. Anche a Cesena è stata emessa un'ordinanza del genere. E a Forlì?

“Questo è giusto o è discriminazione? Vengono davvero presi in considerazione i diritti di tutti? Come genitori si potrebbe chiamare i Carabinieri, l'ASL, il Comune, far partire denunce da tutte le parti iniziando quel "gioco" che all'Italia piace tanto, con il suo modo di fare le leggi per essere aggirate. Alla fine di questo cambierebbe qualcosa? Non si sa, perché intanto il tempo è passato, l'asilo è finito, il bambino ha perso pure gli ultimi mesi che sarebbero stati un grosso aiuto per il suo stato psicologico già notevolmente provato in vista dell'inserimento nella scuola elementare, dove i bambini iniziano "a diventare grandi". Come se lui non fosse già cresciuto troppo in fretta. Il bambino avrebbe potuto riprendere l'asilo, che per regolamento interno, può accettare iscrizioni anche in corso d'anno, ma a causa della frequenza irregolare di no-vax, il rischio di prendere malattie infettive è troppo alto e giustamente anche l'asilo è titubante nel prendersene la responsabilità”, spiegano i genitori che si definiscono “genitori di un bambino carichissimo di vita”. Il rischio è che tra ricorsi, diffide legali etc. comunque arrivi la fine dell'anno scolastico, e forse è lo scopo recondito della burocrazia che ha in gestione il caso.

Invece la famiglia chiede un'azione senza sotterfugi: “Con questo sfogo vorremmo far capire che purtroppo ci sono ancora molti passi da fare per ridurre le discriminazioni e migliorare il sistema normativo. Cogliamo inoltre l'occasione per ringraziare con tutto il cuore lo staff dell'ospedale di Rimini che ci ha seguito, ha reso nostro figlio un guerriero e ci ha aiutati a combattere contro la morte”, conclude la famiglia. 

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