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Cronaca

La Caserma dei Carabinieri di Forlì sarà venduta a un fondo immobiliare

"La vendita della Caserma dei Carabinieri di Forlì porrà probabilmente fine a tutte le ipotesi che nel corso degli ultimi vent'anni sono state avanzate per trovare una nuova sede", spiega Zelli

Un fondo immobiliare appositamente istituito da Invimit - Investimenti immobiliari italiani, società di gestione del risparmio costituita con Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze, in attuazione di disposizioni legislative concordate fra diversi ministeri, sta valutando la possibilità di acquisire beni immobili del patrimonio delle Provincie in particolare tra quelli condotti in locazione passiva dalle Amministrazioni centrali dello Stato. Durante lo scorso mese di luglio Invimit ha inviato all'Amministrazione Provinciale di Forlì-Cesena la proposta di acquisto della Caserma dei Carabinieri di Forlì al prezzo di 2.600.000 euro. Nel corso dell'ultima seduta del Consiglio Provinciale sono stati approvati gli atti che porteranno alla vendita dell'immobile al fondo acquirente, denominato "i3-Patrimonio Italia" che ha come obiettivo la prosecuzione, negli immobili acquistati, dei rapporti già in essere con gli uffici della Pubblica Amministrazione. "La procedura, che dovrebbe concludersi entro la fine dell'anno in corso, genererà un duplice risultato, da una parte la Provincia avrà un immobile in meno, in questo caso di grandi dimensioni, da gestire con risparmi finanziari evidenti anche se nel corso degli ultimi tempi per mancanza di risorse inevitabilmente si è speso di meno, e dall'altra entrerà nelle casse dell'ente una cifra importante da destinare alle tante esigenze quotidiane di manutenzione degli edifici scolastici in primo luogo", spiega il consigliere provinciale Gabriele Zelli.

"La vendita della Caserma dei Carabinieri di Forlì porrà probabilmente fine a tutte le ipotesi che nel corso degli ultimi vent'anni sono state avanzate per trovare una nuova sede. La questione è stata affrontata più volte ma partiva da un presupposto, la mancanza di finanziamenti da parte dello Stato, che di fatto non consentiva e non ha consentito nessuna soluzione. Più o meno quello che sta accadendo per trovare una sede per la locale Questura. Siccome non ci sono i fondi necessari, sicuramente una cifra ragguardevole, per realizzare una nuova costruzione dotata degli spazi necessari per chi vi lavora e per la sistemazione dei mezzi, i poliziotti forlivesi sono costretti a lavorare in spazi del tutto inadeguati - coclude -. Sarebbe sufficiente che i ministeri competenti mettessero a disposizione la cifra occorrente e in un lampo si troverebbe anche il luogo dove collocare la nuova costruzione, per il resto sono solo, purtroppo, chiacchiere. Da ultimo l'atto che si appresta a fare la Provincia fa capire la sostanziale differenza di obiettivi che nel giro di una trentina d'anni le amministrazioni pubbliche sono costrette a darsi. Ricordo in modo indelebile quando nel 1986 il sindaco Giorgio Zanniboni mi assegnò in qualità di assessore comunale anche la delega al patrimonio e quando insieme elaborammo il piano delle acquisizioni. Grazie a quelle decisioni potei stipulare gli atti di acquisto, per citarne solo alcuni, del complesso del San Domenico, oggi sede dei Musei Civici, dell'Istituto di Frutticoltura, da allora sede della Facoltà di Economia, dei locali e del parco dell'Ospedale Morgagni, divenuto nel frattempo Campus universitario, di Villa Saffi, luogo di grande importanza storica.Oggi invece si è protesi a elaborare piani delle alienazioni nella speranza di poter fare cassa".

LA STORIA (di Gabriele Zelli) - Il complesso edilizio in questione storicamente era la parte adibita a convento di un più ampio compendio che comprendeva anche l'attuale chiesa del Carmine. La costruzione risale agli anni 1735-1746 su progetto di Giuseppe Merenda. L'edificio, già convento dei Carmelitani Scalzi, dopo la soppressione degli ordini religiosi nel 1808 a seguito dell'invasione Napoleonica venne requisito e con la chiesa fu adibito a magazzino e a stalla. Con l'Unità d'Italia, il convento passò dal Demanio statale al Comune che lo adibì ad ostello per i poveri su progetto dell'architetto romano Pietro Camporese, all'epoca attivo nel nostro territorio dove progettò tra l'altro anche il Cimitero Monumentale di Forlì. Successivamente lo sbabile fu acquisito dalla Provincia e in seguito a una radicale trasformazione, effettuata tra il 1868 e il 1873 su progetto di Giulio Zambianchi, ingegnere capo della Provincia, dopo il 1859 con rifacimento anche della facciata principale, applicando elementi neocinquecenteschi, fu destinato quale sede della Regia Caserma dei Carabinieri e da allora ha mantenuto ininterrottamente questa funzione.

La Caserma è intitolata, come da proposta dell'allora comandante provinciale Danilo Zironi, all'eroico brigadiere dei carabinieri Andrea Lombardini ucciso il 5 divembre 1974 ad Argelato (un altro carabinieri rimase ferito), in seguito ad una rapina in banca compiuta da alcuni esponenti del gruppo della sinistra extra parlamentare Potere Operaio passati a Lavoro Illegale, gruppo che successivamente si trasformò in Fronte Armato Rivoluzionario Operaio, organizzazione operistica comunista segreta nata all'interno dello stesso Potere Operaio. Gli esecutori della rapina e dell'omicidio vennero arrestati e condannati, mentre ad Andrea Lombardini, romagnolo di Borghi, fu concessa la Medaglia d'oro al Valor Civile alla memoria. A proposito di storia giova qui ricordare anche la figura di Giulio Zambianchi (1817-1886) un tecnico di valore, nonché consigliere e assessore comunale nel 1883, troppo presto dimenticato pur avendo progettato, per citare le realizzazioni più importanti, la ricostruzione, all'età di trent'anni, della nostra Cattedrale nella configurazione architettonica che ancora ammiriamo, salvo le cappelle della Madonna del Fuoco e del Crocefisso che mantenne inalterate, la prima sede dell'Amministrazione Provinciale di via delle Torri, ora sede di uffici comunali, il ponte di Vecchiazzano che collega la via Ponte Rabbi con la via Carlo Forlanini, l'unico che nel 1944 i tedeschi in ritirata pur avendolo minato non sono riusciti a far saltare. Anche i fratelli di Giulio hanno avuto un ruolo importante nella vita locale e nazionale a partire da Antonio (1814-1892), medico al quale si devono numerose pubblicazioni scientifiche, che nel 1848 fu eletto segretario del Circolo Popolare e vice presidente del Comitato Elettorale Forlivese accanto ad Aurelio Saffi e rappresentante di Forlì alla Costituente Romana diventandone segretario, unitamente a Quirico Filopanti. Caduta la Repubblica andò esule in Piemonte dove gli furono affidati prestigiosi incarichi in campo medico sanitario, in particolare in quello che era il ministero della sanità del Regno di Piemonte. Dopo la proclamazione dell'unità d'Italia ritornò a Roma dove arrivò a ricoprire il ruolo di Segretario generale del Consiglio Superiore della Sanità. Anche Callimaco Zambianchi (1811-1860), il maggiore dei tre fratelli, fu un fervente patriota.

Partecipò ai moti del 1831 in Romagna, fu costretto all'esilio e si rifugiò in Francia, poi in Sudamerica dove combatté nella legione italiana formata da Giuseppe Garibaldi. Seguì Garibaldi in Lombardia nel 1848 e a Roma l'anno successivo contribuendo a difendere la Repubblica Romana, dove si distinse, come raccontano le cronache, per "aver seminato il terrore tra la popolazione sul confine napoletano, l'arresto indiscriminato di sacerdoti e cittadini influenti" rinchiudendoli nel carcere di Terracina. Nel 1860 prese parte alla spedizione dei Mille, guidando il gruppo di garibaldini che, sbarcato a Talamone, avrebbe dovuto compiere un'azione diversiva puntando sullo Stato pontificio, ma l'operazione fallì. In seguito s'imbarcò per Buenos Aires, ma morì durante il viaggio. Di lui Garibaldi disse che fu "incapace di eccessi fuorché contro i preti".

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