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Cronaca

Venne uccisa il 5 ottobre di 18 anni fa. L'ultimo sorriso che Annalena donò ai forlivesi quel 30 giugno 2003

La missionaria forlivese poche settimane prima aveva salutato i suoi concittadini a Forlì di ritorno da Ginevra, dove aveva ricevuto il Premio “Nansen”

Sarà il vescovo mons. Livio Corazza a presiedere la Veglia Missionaria diocesana in programma martedì, alle 20.30, nella Cattedrale di Forlì. Nel corso della celebrazione, che vedrà la partecipazione di padre Andrea Mandonico, vice postulatore della causa di beatificazione di Charles de Foucauld, sarà ricordata la martire della carità Annalena Tonelli, trucidata il 5 ottobre 2003 in Somalia. La missionaria forlivese, che poche settimane prima aveva salutato i suoi concittadini a Forlì di ritorno da Ginevra, dove aveva ricevuto il Premio “Nansen” dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, venne assassinata da alcuni integralisti islamici all’uscita dal sanatorio da lei creato a Borama.

L'incontro a Forlì di Annalena Tonelli nel giugno del 2003

Quell’ultimo incontro forlivese con Annalena, tenutosi il 30 giugno 2003 all’Auditorium della Cassa dei Risparmi gremito all’inverosimile, rimane indelebile nella memoria di tanti forlivesi. “Anche Forlì ha la sua Madre Teresa”, titolarono il giorno dopo alcuni giornali locali. Sommersa da una folla senza precedenti, la fondatrice del Comitato per la Lotta contro la fame nel mondo dette vita ad una testimonianza di alto impatto emotivo. Annalena tenne banco per quasi due ore, spiegando le ragioni che l’avevano portata nel 1969 nel Corno d’Africa a condividere le sofferenze dei somali, uno dei popoli più afflitti al mondo. “Sognavo l’India, perché mi sembrava il luogo più adatto per soddisfare la passione inestinguibile che avevo per gli ultimi. Poi detti ascolto a Pina Ziani e la raggiunsi missionaria in Kenya. Mi sono successivamente spostata in vari punti della Somalia, ma sono laggiù da 35 anni”. Dopo aver rischiato più volte la vita nell’anarchia seguita alla disgregazione dello stato unitario somalo e alla fuga del dittatore Siad Barre, nel 1996 Annalena si era messa all’opera a Borama, nell’ex Somalia britannica.

Con l’aiuto iniziale di alcuni amici italiani, Annalena aveva avviato un sanatorio capace di curare un migliaio di persone l’anno. Lottando contro un ambiente ostile a tutti coloro che non erano mussulmani, la missionaria riuscì persino a mettere in discussione una delle pratiche iniziatiche più barbare della terra, l’infibulazione. Sola, senza alcuna organizzazione umanitaria alle spalle, stava cercando di ridare dignità a decine di migliaia di esseri residenti in un ambiente pietroso e arido, adatto giusto alle capre. Parlando del premio ricevuto pochi giorni prima a Ginevra, la Tonelli manifestò nuovamente il suo atteggiamento d’incredulità: “Quando a fine aprile mi hanno telefonato per comunicarmi la cosa, non volevo proprio crederci. Pensate quante persone splendide avevano da nominare all’Onu, e invece sono stata scelta io. Tuttavia, i miei fratelli somali continuano a dire del benefit per la gente di Borama, per l’ospedale. E allora piego la testa e cerco di non pensarci”.

A tutti i forlivesi che quella sera le chiesero come potesse resistere in Somalia da così tanto tempo, Annalena rispose con uno slogan: “Condividendo si diventa parte di un popolo”. Il suo impegno non si è limitato a curare gli ammalati, ma anche a ridare loro un futuro. Oltre a somministrare medicine, ha approfittato dell’incontro con i ricoverati nel suo sanatorio, soprattutto i più giovani, per dare loro un’istruzione. A Borama sono sorte scuole coraniche, avviando un’efficace e risolutiva opera di prevenzione. Dal punto di vista emotivo, il vero capolavoro caritativo di Annalena è stata la creazione della scuola per sordomuti. Grazie ad un giovane portatore di handicap che l’aveva raggiunta dal Kenya, tutti gli abitanti di Borama, anche i normodotati, impararono il linguaggio dei segni. 

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