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Economia

L'aumento dell'Iva incombe, Confcommercio: "Costerà oltre 200 euro in più a famiglia"

L'aumento al 22% riguarderà il 70% dei prodotti e costerà 207 euro annui a famiglia, portando consistenti rincari nel settore dell'abbigliamento

Da lunedì sera a mezzanotte scatta l'aumento dal 21al 22% dell'Iva. La crisi di governo apertasi con le dimissioni di parlamentari e ministri del Pdl non ha consentito al Consiglio dei Ministri di venerdì scorso di varare il decreto per far slittare l'aumento almeno fino a gennaio. “Sulla 'stangata' Iva si levano le grida di dolore dei commercianti e dei consumatori. La crisi ha stremato famiglie e imprese  e impone perciò al Governo la responsabilità di scongiurare, anche se i tempi e i margini sono strettissimi, l'aumento dell'Iva, perché  questo determinerebbe effetti recessivi e depressivi esiziali per l'economia reale”, afferma il direttore  di Confcommercio Forlì, Alberto Zattini.

L'aumento al 22%  riguarderà il 70% dei prodotti e costerà 207 euro annui a famiglia, portando consistenti rincari nel settore dell'abbigliamento (+81 euro), nell'acquisto di scarpe (+25 euro) e bevande alcoliche, vino compreso, e gassate (+12 euro). Gli effetti recessivi dell'aumento dell'Iva dal primo ottobre sembrano essere sottovalutati da più parti.

Per questo motivo l'Ufficio Studi Confcommercio nei giorni scorsi aveva effettuato una precisa analisi economica di questi effetti: “impatto sui consumi: si amplificherebbe la già drammatica situazione dei consumi che, dopo aver chiuso il 2012 a -4,3%, chiuderà, senza interventi, anche quest'anno in negativo a -2,4%. L'incremento dell'Iva, che si tradurrebbe in una riduzione dei consumi dello 0,1% a parità di altre condizioni, andrebbe a incider negativamente sulle spese del mese di dicembre e quindi delle festività, momento nel quale, invece, potrebbero concretizzarsi finalmente gli auspicati segnali di ripresa. Impatto sui prezzi: in una situazione in cui l'inflazione è sostanzialmente sotto controllo, si avrebbe un incremento dei prezzi tra ottobre e novembre di circa lo 0,4%, il cosiddetto "effetto scalino", con inevitabili effetti di trascinamento anche nel 2014; nel dibattito attuale si dimentica quanto accaduto nel 2012: se, in termini di caduta dei consumi, è stato l'anno peggiore della storia repubblicana, ciò è stato dovuto anche all'incremento dell'Iva avvenuto a metà settembre 2011. Perché ripetere lo stesso errore dal 1° ottobre? Impatto sul gettito: come già accaduto con l'aumento dell'aliquota dal 20 al 21%, la contrazione della domanda porterebbe con sé anche una riduzione del gettito Iva atteso. Impatto su produzione e occupazione: la perdita di produzione, determinata dal calo dei consumi, comporterebbe, a regime, una riduzione dell'occupazione approssimativamente di 10 mila posti di lavoro. Impatto sulle imprese: in una situazione già di estrema difficoltà per le imprese del commercio, gravate da una pressione fiscale da record mondiale e dal mancato pagamento dei debiti della P.A., un'ulteriore contrazione della domanda interna porterà alla chiusura di molte attività. Impatto sui redditi: risulteranno più penalizzate le famiglie a basso reddito in quanto la pressione Iva (rapporto tra Iva pagata e reddito) per il 20% di famiglie più povere arriverebbe al 10,5%, mentre per il 20% di famiglie più ricche sarebbe del 7,5%, circa il 30% in meno”.

“Non ci resta che sperare in un “supplemento” di responsabilità della politica: le imprese  e le famiglie non possono pagare il prezzo di una politica solo conflittuale”, conclude Zattini.

           

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