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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

Cia Romagna: "L’olivicoltura va rilanciata. Deve essere competitiva, innovativa e aperta"

"Serve comunicare la qualità al consumatore, serve una politica di prospettiva per il comparto"

Alla Direzione via meet di Cia Romagna, ha partecipato Anna Rufolo del dipartimento sviluppo agroalimentare e territorio di Cia Nazionale e presidente del Gruppo di lavoro Copa-Cogeca. Come di consueto la Direzione, oltre ai lavori ordinari, approfondisce temi specifici ed è stata la volta dell’olivicoltura che, come messo in evidenza da tutti gli interventi, non ha valore solo dal punto di vista produttivo, ma anche da quello paesaggistico e di presidio del territorio, che può salvaguardare e raccontare al pari della vitivinicoltura. Tanti i temi aperti, dalla competitività, alla produzione, alla burocrazia per le certificazioni.

"L’olivicoltura locale - sottolinea Cia Romagna - rappresenta nel panorama italiano una piccola parte rispetto alle regioni del Sud, ma c’è con la sua storia e il suo valore. Nel territorio romagnolo, compreso nelle aree delle province di Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna, è concentrata pressoché la totalità della coltura olivicola regionale: nel 2020 erano circa 3.724 ettari coltivati in Romagna (dei quali circa 3.249 ettari in produzione). Il territorio romagnolo esprime le due Dop regionali “Brisighella” e “Colline di Romagna”. Le aree geografiche di riferimento e più importanti per la coltivazione dell’olivo in Romagna sono le valli dei fiumi Marecchia, Marano e Conca in provincia di Rimini, le valli del Rubicone, del Savio, del Bidente e del Montone in provincia di Forlì-Cesena, le valli del Senio e del Lamone in provincia di Ravenna. Il metodo di produzione biologica è sempre più utilizzato e in incremento anche l’utilizzo di esche e lotta guidata. Gli ettari coltivati a olivo sono 1684 in provincia di Rimini, 1390 a Forlì-Cesena e 650 a Ravenna, per una produzione che si è assestata rispettivamente su 150, 120 e 144 tonnellate di olio nel 2020 (39 tonnellate complessive l'olio Dop)".

Anna Rufolo ha presentato una dettagliata fotografia dell’olivicoltura a livello internazionale, europeo e italiano. Si è soffermata sugli indirizzi dei “programmi di sostegno” al comparto olivicolo-oleario nazionale che partiranno il 1° aprile e si concluderanno entro il 31 dicembre 2022, con una dotazione complessiva di 69,2 milioni di euro di cui 34,59 milioni quale contributo comunitario annuale. Almeno il 20% di queste risorse sono destinate al miglioramento ambientale (sostenibilità); almeno il 30% al miglioramento della qualità della produzione di olio d’oliva e delle olive da tavola; almeno il 15% al sistema di tracciabilità, alla certificazione e alla tutela della qualità. Un’altra parte è dedicata al miglioramento della competitività attraverso la modernizzazione. È stato poi fatto il punto sulle criticità e sulle opportunità che il comparto italiano presenta e sono state illustrate le proposte di azione della Cia.

"Della situazione italiana la Rufolo ha messo in evidenza l’eterogeneità delle aziende del comparto e allo stesso tempo l’importanza di tutte, anche di quelle meno strutturate dal punto di vista del mercato ad esempio, perché comunque hanno un grande valore per l’ambiente e il territorio; l’andamento altalenante della produzione (a causa del clima e di problematiche fitosanitarie), che rappresenta una criticità insieme alla frammentazione della struttura produttiva (oltre 820mila aziende per un milione di ettari di superficie) e della struttura di trasformazione (5mila frantoi per una produzione media di olio annua di circa 250mila tonnellate sui 3 milioni di tonnellate mondiali, delle quali oltre 2 milioni sono europee e di queste un milione e seicento spagnole).  Fra le altre criticità la redditività non soddisfacente, la difficoltà a trasmettere al consumatore il rapporto qualità-prezzo del prodotto che trova a scaffale e la mancanza di una visione politica di prospettiva dell’Italia dell’olivicoltura. Fra le opportunità messe in evidenza dalla Rufolo troviamo: il legame territoriale; la connotazione culturale (si è fatto riferimento all’importanza del progetto dell’olioturismo ora sospeso a causa dell’emergenza sanitaria); i benefici sulla salute; l’elevata biodiversità; l’elevata sostenibilità ambientale; spazi di crescita al consumo globale enormi".

"Cia ritiene non più rinviabile un rilancio dell’olivicoltura italiana, che è presidio territoriale, fonte di reddito per aziende localizzate su quasi tutto il territorio nazionale, fornitura di un alimento a riconosciuto valore nutrizionale. Secondo Cia è urgente lavorare per una olivicoltura competitiva, innovativa e aperta, connessa da un lato al territorio e dall’altra al mercato, puntando su quattro azioni indispensabili: incremento della produzione nazionale, valorizzazione della qualità e salvaguardia del rapporto con i territori; ricerca, innovazione e sviluppo per competitività e sostenibilità; approccio con il mercato: aggregazione, organizzazione della filiera e rapporto con la Gdo; cooperazione con l’area del Mediterraneo". 

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