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Economia

Coldiretti in piazza a Montecitorio contro il trattato di libero scambio con il Canada

Gli agricoltori di Forlì e di tutta l’Emilia-Romagna hanno lasciato le campagne per recarsi a Roma, insieme a tanti produttori da tutta Italia, per fermare il "Ceta"

Gli agricoltori di Forlì e di tutta l’Emilia-Romagna hanno lasciato le campagne e mercoledì mattina hanno raggiunto a centinaia piazza Montecitorio a Roma, insieme a tanti produttori da tutta Italia, per fermare il trattato di libero scambio con il Canada (Ceta). "Per la prima volta nella storia dell’Unione - commentano da Coldiretti - si accorda a livello internazionale il via libera alle imitazioni dei nostri prodotti più tipici e spalanca le porte all’invasione di grano duro e a ingenti quantitativi di carne a dazio zero".

L’iniziativa è stata promossa da Coldiretti insieme a un'inedita e importante alleanza con altre organizzazioni (Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch) che, nel giorno di discussione in Parlamento della ratifica del trattato, chiedono di procedere senza fretta ad una discussione approfondita prima di assumere una decisione di ratifica che porterebbe "a un'indiscriminata liberalizzazione e deregolamentazione degli scambi con una vera e propria svendita del Made in Italy". Dei 44 prodotti a denominazione di origine dell’Emilia Romagna, solo 12 verrebbero riconosciuti dal Trattato, mentre gli altri 32 non avrebbero nessuna tutela. Anche per i prodotti riconosciuti dall’accordo "si profila comunque una situazione di grande ambiguità che rende difficile ai consumatori distinguere il prodotto originale, ottenuto nel rispetto di precisi disciplinari, da imitazioni di bassa qualità. Si rischia di avere un effetto valanga sui mercati internazionali, dove l’Italia e l’Unione Europea avrebbero il dovere di difendere i prodotti che sono l’espressione di una identità territoriale non riproducibile altrove, realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione e sotto un rigido sistema di controllo". Il Ceta, inoltre, non lascia tranquilli  nemmeno i produttori di cereali, in quanto l’accordo prevede l’azzeramento del dazio per il grano, "spalancando le porte all’invasione di grano duro canadese che viene trattato in fase di preraccolta con il glifosato, vietato invece nel nostro Paese perché accusato di essere cancerogeno".

Con la prospettiva dell’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada "nei primi due mesi del 2017 in Italia sono aumentati del 15% gli sbarchi di grano duro canadese, mettendo in ginocchio le produzioni nazionali con le quotazioni del grano che viaggiano sui 24 centesimi, ben al di sotto dei costi di produzione. Il tutto mentre le lobby della pasta, in vista dell’approvazione del Ceta, sono già al lavoro contro l’introduzione in Italia dell’obbligo di indicazione della materia prima per la pasta previsto per decreto e trasmesso all’Unione Europea, lobby che trovano purtroppo terreno fertile anche nel nostro Paese. Per denunciarne i rischi delle importazioni dal Canada, che con l’approvazione del Ceta non avrebbero più alcun freno, gli agricoltori hanno distribuito sacchetti di grano canadese con la scritta “No al grano canadese con glifosato in preraccolta vietato in Italia"". Il trattato, inoltre, prevede importazioni a dazio zero per circa 75mila tonnellate di carni suine e 50mila tonnellate di carne di manzo dal Canada, "dove vengono utilizzati ormoni per l’accrescimento vietati in Italia e non tutela minimamente la carne Igp del vitellone bianco dell’Appennino Centrale, tra cui spicca quella della razza Romagnola, prodotto che non è affatto riconosciuto dal Ceta".

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