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Economia

La pandemia taglia le gambe al terziario: turisimo, cultura, intrattenimento e trasporti i più penalizzati

I maggiori cali si registrano nella filiera turistica (-40,1% per i servizi di alloggio e ristorazione), seguita dal settore delle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento (-27%) e dai trasporti (-17,1%)

Crollano i consumi: abbigliamento, trasporti, tempo libero, alberghi e pubblici esercizi i settori più penalizzati. In aumento invece solo alimentari e utenze domestiche. E' quanto emerge da uno studio condotto da Confcommercio. Entra nel dettaglio il presidente Roberto Vignatelli: "Fino all’avvento della pandemia, i servizi di mercato hanno continuato a dare il maggior contributo al Pil e all’occupazione del Paese rispetto alla manifattura e all’agricoltura confermando la terziarizzazione della nostra economia, ma nel 2020 il Covid ha arrestato questo processo. Infatti, per la prima volta dopo venticinque anni di crescita ininterrotta, si riduce la quota di valore aggiunto di questo comparto (-9,6% rispetto al 2019) al cui interno i settori del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti arrivano a perdere complessivamente il 13,2%".

I maggiori cali si registrano nella filiera turistica (-40,1% per i servizi di alloggio e ristorazione), seguita dal settore delle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento (-27%) e dai trasporti (-17,1%). Gli effetti della pandemia hanno impattato in maniera consistente anche sui consumi, specialmente in quattro macro-settori: abbigliamento e calzature, trasporti, ricreazione, spettacoli e cultura e alberghi e pubblici esercizi. "Per quanto riguarda le conseguenze sull’occupazione, i servizi di mercato registrano la perdita di migliaia di unità dopo aver creato, tra il 1995 e il 2019, un numero straordinario di nuovi posti di lavoro. Infine, per quanto riguarda l’evoluzione delle imprese per forma giuridica, negli ultimi 10 anni si è registrato un progressivo e costante spostamento dal modello di ditta individuale a quello di società di capitali rivelando una trasformazione del terziario di mercato da un grande comparto di piccole e piccolissime imprese a un grande comparto costituito sempre più da imprese piccole e medie", prosegue il presidente di Ascom forlivese.

La crisi dei servizi durante la pandemia
Nel 2020 il complesso dei settori dell’area Confcommercio ha registrato una flessione del prodotto in termini reali del -13,2%. In particolare, il segmento del commercio, in virtù della tenuta del dettaglio alimentare, ha in una certa misura contenuto le perdite, attestandosi a -7,3% . In doppia cifra, per contro, appare la contrazione nei trasporti (-17,1%); di eccezionale entità quella registrata nel comparto dei servizi di alloggio e ristorazione (-40,1%). La branca più penalizzata subito dopo i settori connessi ai movimenti turistici è risultata quella delle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento, il cui prodotto è diminuito rispetto al 2019 di oltre il 27%. Le perdite di pil a valori correnti lo scorso anno sono state pari al -7,8% rispetto al 2019, quasi totalmente a causa del crollo dei consumi interni.
 

Consumi sul territorio
“La concentrazione delle perdite di consumi e valore aggiunto su pochi settori appare oggi come un elemento di debolezza del sistema e giustifica la richiesta di sostegni adeguati a transitare questa parte di tessuto produttivo, dalla crisi pandemica al momento della ripresa. Fino al verificarsi della pandemia il Terziario ha rappresentato l’unico canale di sbocco occupazionale in grado di inserire forza lavoro nei suoi processi produttivi: tra il 1995 e il 2019, il settore ha determinando l’intera crescita dell’occupazione del sistema economico”, afferma Vignatelli.
 

Demografia d’impresa
“Fa ben sperare, dentro l’incerto futuro, l’irrobustirsi del fenomeno di progressiva trasformazione del terziario di mercato da un grande comparto di piccole e piccolissime imprese a un grande comparto di imprese piccole e medie , sebbene le individuali siano ancora molto presenti (e ne costituiscono, comunque, un fattore di ricchezza). Non solo cresce un po’ la taglia media delle unità produttive, migliora anche la tipologia di governance, manifestandosi un diffuso spostamento del tessuto produttivo, negli ultimi dieci anni e senza soluzione di continuità, dal modello della ditta individuale a quello della società di capitali”, conclude il presidente di Confocommercio. 
 

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