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Economia

Fieravicola sarà venduta a Rimini, Forlì "capitale del pollo" dopo 60 anni perde la sua vetrina e il suo indotto

La manifestazione ha attraversato la storia economica della città dal Dopoguerra in poi, dal boom economico fino agli anni Duemila, quando l'evento fieristico è andato in forte affanno

Fieravicola, dopo 51 edizioni, lascia Forlì. E' quanto stato ufficializzato in Consiglio comunale, lunedì sera. La manifestazione, la cui prima edizione si è tenuta nel 1961 come "Mostra internazionale delle attività avicole", ha attraversato la storia economica della città dal Dopoguerra in poi, dal boom economico fino agli anni Duemila, quando l'evento fieristico è andato in forte affanno, per la difficoltà a trasformarsi in una fiera davvero internazionale e al passo coi tempi in rapida evoluzione. Da Fieravicola nacque il resto, ed è per questo che Forlì oggi può vantare di essere la capitale italiana di uova e carni bianche ed anzi di avere uno stesso quartiere fieristico di importanti dimensioni. Fieravicola, come è stato spiegato in Consiglio comunale, sarà venduta a IEG, ente gestore della Fiera di Rimini. Nella città della riviera se ne va un pezzo storico dell'economia cittadina, venduto per ripianare i debiti dell'ente fieristico. Ma ne se va anche un pezzo emblematico e di “vetrina” di un ruolo che Forlì farà più fatica a difendere nel futuro, e con esso tutto l'indotto che crea in città per hotel, ristoranti, taxi, trasporti, servizi turistici. Nessuna risposta ufficiale sul futuro dei 5 dipendenti.

La storia

Fieravicola da annuale 15 anni fa divenne biennale, scelta politica che comportò l'uscita di scena dello storico presidente Stelio De Carolis. Anche allora, come ora, l'accusa era che era diventata poco più che una “fiera paesana” e lo strappo più significativo arrivò con la rinuncia a partecipare del più grosso operatore romagnolo, Amadori. La biennalità non bastò a rilanciarla, come neanche l'aver dotato il quartiere fieristico di una moderna sala convegni circa vent'anni fa. Oggi Fieravicola è l'unica voce minimamente attiva di un bilancio fortemente passivo, quello della Fiera di Forlì Spa, società partecipata da Comune di Forlì (al 31%), dalla Camera di Commercio, dalla Fondazione Cassa dei Risparmi e in misura minore da altri enti come la Provincia. Fiera di Forlì Spa chiuderà il 2019 con un indebitamento che sfiorerà il milione di euro, secondo le stime del Comune di Forlì.

La storia della Fiera di Forlì comincia da lontano. La sua origine è connessa alla costituzione in Piazzale della Vittoria nel 1950 del Comitato Primavera Romagnola che organizzava l'omonima manifestazione. Erano gli anni ruspanti dell'avicoltura romagnola e la rassegna arrivò nel 1961 come prima edizione. Solamente quarant’anni dopo l’ente trasferisce la propria sede in via Punta di Ferro nel cuore del quartiere fieristico. All’epoca gli eventi ospitati nella struttura facevano capo al settore zootecnico, ed avicolo in particolare, tanto che il palazzo delle contrattazioni di queste carni, il 'Palazzo di vetro' fu realizzato proprio a fianco a dove una volta l'anno si ritrovavano i più grandi operatori europei del settore.

Le prime contrattazioni avicole avvenivano nei pressi della pesa pubblica in viale Vittorio Veneto, dove ora si trova il parcheggio 'Montegrappa'. Poi nel 1961 le associazioni agricole chiesero al Comune uno spazio meglio infrastrutturato, richiesta accolta nel giro di poco tempo dall'assessore all'Annona Giuseppe Goberti, che poi divenne il primo storico presidente della Fiera di Forlì. Le contrattazioni trovarono spazio ogni lunedì mattina nel mercato ortofrutticolo di viale Vittorio Veneto, con l'emanazione del primo regolamento comunale in Italia per la contrattazione delle carni avicole. Sempre nel 1961 si tenne la prima edizione della "Mostra internazionale delle attività avicole". I padiglioni fieristici si trovavano in piazzale della Vittoria, nell'area circa dell'attuale centro commerciale Mega di corso della Repubblica. Nei primi anni '80 venne aperta la sede più moderna e attuale in via Punta di Ferro, realizzata in grande proprio per una Fieravicola in quel momento in grande spolvero.

Immagini storiche di Fieravicola

Forlì capitale dell'avicoltura

Solo lo scorso anno è arrivato l'ultimo riconoscimento, con Forlì che è diventata la sede della Borsa Avicola Nazionale. Gli spazi della Borsa Merci di Forlì in via Punta di Ferro ospitano le attività della Commissione unica nazionale delle Uova in natura da consumo. In sostanza Forlì e il suo territorio sono ora al centro del mercato nazionale delle uova, dato che qui ogni lunedì i produttori si riuniscono per definire i parametri di mercato, facendo di Forlì capitale del comparto a livello nazionale. 

In generale il Mercato Avicunicolo all’Ingrosso di Forlì, sorto agli inizi degli anni ’60, si è progressivamente sviluppato conquistando una posizione di primo piano nell’ambito della commercializzazione avicunicola nazionale, trasformandosi da una piazza fisica di scambio dei prodotti, a piazza telematica basata sul modello del Market Information System americano, ovvero l’individuazione dei dati e delle informazioni da mettere a disposizione degli operatori del settore per l’espletamento della loro attività. All’interno della Sala Contrattazioni del Mercato ogni lunedì mattina si riunisce un’apposita Commissione con il compito di decidere i prezzi dei prodotti avicunicoli all’ingrosso per la settimana di riferimento e predisporre il relativo listino. Di tutto questo Fieravicola è la vetrina più visibile.

La vendita di Fieravicola a Rimini

Gli estremi dell'accordo con IEG (Fiera di Rimini) sono stati dettagliati nella seduta del Consiglio comunale, con una relazione ad una mozione avanzata dall'opposizione. E' stato spiegato che in estate è stato riallacciato un rapporto con Rimini (il tutto è partito da un'offerta di mediazione di Renzo Piraccini, presidente della Fiera di Cesena, ndr), mettendo sul tavolo un'offerta in più rispetto a quella già presente di Parma, con la cui fiera il matrimonio era stato anche annunciato con tanto di conferenza stampa lo scorso marzo (qui la storia dell'ultimo anno nei rapporti con Parma). Rimini ha quindi avanzato una proposta, che è stata definita “migliorativa” rispetto ad una sua iniziale, che però non venne mai formalizzata per iscritto.

“E' stato riesumato un polo fieristico della Romagna e non dell'Emilia”, è stato presentato l'accordo in questo modo in Consiglio. In sostanza IEG ripropone un canovaccio già sperimentato 5 anni fa con Macfrut di Cesena, che ha raddoppiato il suo fatturato in poco tempo. Secondo quanto emerge verrà creata una società partecipata al 51% da IEG, al 35% da Fiera di Forlì Spa, al 10% da Cesena Fiera (che quindi è parte formale della partita, ndr) e 2% ciascuna dalle associazioni di categoria Unaitalia e Assoavi. Fieravicola, l'evento fieristico in portafoglio di maggior rilievo, verrà ceduta e sarà controllata da Rimini, che la porterà nei suoi padiglioni fieristici, affiancandola al Macfrut e costituendo, di fatto, una grande fiera business dell'agro-alimentare, un'eccellenza romagnola. A quanto pare la proposta prevede di alternare la biennalità della Fiera con convegnistica specializzata che avrà base a Forlì. “Mettiamo in sicurezza Fieravicola. La testa rimane a Forlì, la manifestazione si sposta di 40 chilometri”, viene spiegato in Consiglio comunale.

Ben diversa invece era la proposta di Parma: Fieravicola sarebbe rimasta a Forlì, ma pagandone un prezzo. Parma avrebbe assunto su di sé la gestione dell'intero quartiere fieristico forlivese, con potere di decisione su tutte le altre manifestazioni e con la possibilità di acquisire Fieravicola dopo 5 anni di affitto di ramo d'azienda. “Veniva però chiesto al Comune un gravoso impegno economico di ristrutturazione dei padiglioni, con una difficoltà economica, ma anche legale, con un forte rischio di contenzioso se i lavori non fossero giudicati idonei a permettere l'allestimento delle fiere”. Un contratto giudicato troppo vincolante e pericoloso per gli impegni da prendere da parte della nuova amministrazione comunale di Forlì, a guida centro-destra. La Camera di commercio ha già deliberato di accettare la proposta di Rimini.

Il dibattito in Consiglio comunale

Critiche, anche se di segno opposto le opposizioni. Per Simone Benini, consigliere del M5S, chiede che si individuino i responsabili dei passivi di bilancio: “Troppo comodo usare soldi pubblici e poi, a distanza di anni, nessuno è responsabile. Noi sono 5 anni che denunciamo che i conti non tornano, lo abbiamo denunciato anche nelle sedi opportune, ma al di là di questo rimane un giudizio politico pesante”.

Per Valentina Ancarani (Pd) se la proposta di Rimini “sia risolutiva del problema fiera e quanto ci mettererà il Comune”. Per il capogruppo del Pd Soufian Hafi Alemani in questa soluzione si ravvede “il forte intervento istituzionale della Camera di Commercio della Romagna, che è competente per i territori di Forlì-Cesena e Rimini”. 

Alle critiche risponde il sindaco Gian Luca Zattini: “Stiamo riempiendo il vuoto che c'era da vent'anni e che ha depauperato le casse pubbliche di fior  di quattrini.  Siamo riusciti a ottenere un rapporto che ci può soddisfare, mentre prima la scelta era 'O Parma o morte'”. Quindi all'attacco del centro-sinistra: “Nelle precedenti amministrazioni avete reso un fiore all'occhiello una fiera paesana. Siamo andati dagli operatori del mondo avicolo, abbiamo interpellato gli operatori e il mondo produttivo e ci hanno chiesto una fiera internazionale, non una fiera paesana che rischiava di non destare più interesse. Ci siamo ritrovati una parte strutturale della fiera, coi secchi in terra per le infiltrazioni d'acqua e bagni indecorosi, ci siamo ritrovati i revisori dei conti che ci chiedevano di portare i libri in tribunale. Questa è la fiera che ci avete lasciato”.

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