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Economia

Hera, la borsa non premia: in 12 mesi perso il 30% del valore

In dodici mesi il titolo della multiutility ha lasciato sul terreno quasi un terzo del suo valore. Il valore delle azioni è sceso al di sotto di quello della prima quotazione, avvenuta nel 2003

Di fronte alla carenza di liquidità, molti importanti soci di Hera spa, la holding pubblico-privata che si occupa della gestione dei servizi pubblici locali in Romagna, a Bologna e in parte dell’Emilia, in alcuni casi hanno paventato l’ipotesi di vendere le azioni del titolo. Ma quanto varebbero oggi le azioni se fossero vendute? Lunedì 9 gennaio, all’apertura dei mercati, il titolo aveva un valore di 1,071 euro per azione. Il 26 giugno del 2003, al debutto in borsa, il titolo si presentò con un valore di 1,25 euro per azione.

SVALUTAZIONE - Dunque dopo otto anni e mezzo, il titolo è tornato non solo al suo valore iniziale ma è addirittura arretrato. Dando uno sguardo a quanto avvenuto nell’ultimo anno (dal 6 gennaio 2011 al 6 gennaio 2012), il titolo Hera ha perso il 31,80%. Chiaramente su questo andamento pesa l’andamento negativo di tutto il mercato e di tutta l’economia, non solo italiana. E anche del comparto dei servizi pubblici locali.

PARALLELO - Dando uno sguardo all’andamento di altre tre gandi multiutility italiane, si scopre che il caso-Hera non è isolato. Prendiamo ad esempio la A2a, colosso milanese-bresciano: nell’ultimo anno la perdita è stata del 26,41%.

L’omologa emiliana, la Iren, ha fatto peggio, registrando una perdita negli uiltimi 12 mesi del 41,78%. Male anche la romana Acea, che su base annua registra una perdita di valore del proprio titolo in borsa pari al -40,73%. Insomma dati non incoraggianti.

I SOCI DI HERA - Dati su cui ragionare per gli azionisti di Hera, che ha una compagine sociale molto variegata e in cui spiccano investitori importanti a cominciare dal Comune di Bologna che ha il 15% (14,99% per la precisione). Altri soci importanti, la holding dei territori modenesi che risponde al nome di HSST-MO Spa, che detiene il 13,2%, il Comune di Ravenna con il 7,39%, quello di Imola con il 5,32%, Ferrara con il 2,74%, Cesena con il 2,29%, Rimini con il 2,16%, la Società gas Rimin con il 2,01%. Al di sotto del 2% si trovano altri comuni, tra cui quello di Forlì, e molte fondazioni bancarie (che complessivamente detengono circa il 6,5% del capitale), non rilevabili dal sito della Consob (l’ente di controllo sulle società quotate in borsa, aggiornato al 4 gennaio) poiché detentori singolarmente di quote inferiori al 2%. Complessivamente comuni e Province della Romagna detengono circa il 26% del capitale.

IL CONSIGLIO D’AMMINISTRAZIONE – L’importanza della holding è determinata anche dai nomi di coloro che siedono nel ricco consiglio d’amministrazione. A partire dal presidente, Tomaso Tomassi di Vignano (ex Sip, Iritel, Telecom e Stet), dall’amministrazione delegato Maurizio Chiarini (ex assessore al bilancio in Comune a Ferrara dal 1983 al 1995 e manager di altre aziende pubbliche). Nel consiglio d’amministrazione tra gli altri anche Luigi Castagna (ex assessore provinciale bolognese e sindaco di Casalecchio), Pier Giuseppe Dolcini (presidente della Fondazione Cassa dei risparmi di Forlì) e Bruno Tani (diversi ruoli dirigenziali in società operanti nel settore gas in Italia e all'estero, tra cui quello di Amministratore Delegato di SGR Reti S.p.a di Rimini).

SOCI AMMINISTRATORI – Tra gli amministratori ci sono anche coloro che hanno creduto talmente tanto nell’azienda da acquistare lotti di azioni della holding. E’ il caso dello stesso Castagna, che al 31/12/2010 ha dichiarato di essere proprietario di 54mila azioni di Hera. Stesso discorso per Tani, che ne detiene 35mila. Addirittura di più del presidente, Tommasi di Vignano, che ha in portafoglio 20mila azioni. Un’altra consigliera, Mara Bernardini (modenese), possiede 17.400 azioni. Dolcini (che è anche presidente di Hera Luce) possiede invece 2.750 azioni del gruppo.




 

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