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"L’Italia fanalino di coda per politiche di welfare per la famiglia"

Conciliare famiglia e lavoro per le donne è ancora una missione impossibile? L’Osservatorio di Confartigianato mette in luce che la spesa pubblica per la famiglia, pari a16,5 miliardi, è appena l’1% del Pil.

Conciliare famiglia e lavoro per le donne è ancora una missione impossibile? L’Osservatorio di Confartigianato mette in luce che la spesa pubblica per la famiglia, pari a16,5 miliardi, è appena l’1% del Pil. Il basso livello di spesa per la famiglia colloca l’Italia al 22° posto tra i Paesi Ue per la quantità di risorse dedicate a questo capitolo di interventi pubblici che, nella media dei Paesi europei, si attesta all’1,7% del Pil. L’esigua quantità di spesa pubblica in servizi per la famiglia incide negativamente sulla natalità e penalizza l’occupazione femminile. Dai dati di Confartigianato emerge che, per le donne tra 25 e 44 anni senza figli, il tasso di attività lavorativa è dell’82,1%, ma scende al 63% per le donne della stessa età con figli, con un gap di oltre il 19%.

La statistica sottende che lo Stato non offra quei servizi che consentono alle madri di conciliare il lavoro con la cura della famiglia. Il 42,7% delle madri occupate segnala di avere difficoltà a coniugare l’attività professionale con gli impegni familiari. E per la cura dei figli si affidano soprattutto a reti di aiuto informale con il 51,4% dei bambini con meno di 2 anni accudito dai nonni, mentre il 37,8% frequenta un asilo nido. La baby sitter viene scelta come modalità di affido prevalente soltanto dal 4,2% delle madri lavoratrici.  Confartigianato ha analizzato anche la qualità dei servizi messi in campo dai singoli Comuni che, complessivamente, dedicano alle famiglie e ai minori il 40% della spesa totale per interventi e servizi sociali. Una quota media nazionale superata però da Umbria, con il 55,7%, Emilia Romagna (49,8%), Liguria e Molise (entrambe con il 49,6%). Molto basso l’utilizzo degli asili nido: a livello nazionale soltanto l’11,9% dei bambini fino a 2 anni ha usufruito di questo servizi, mentre nella nostra Regione la quota si assesta al 24,8%, un ottimo risultato che sottolinea l’attenzione posta al tema, tuttavia, non si può ancora parlare di contesto favorevole per le mamme che lavorano.

Ma la penalizzazione è ancora più pesante per le imprenditrici, escluse dagli interventi a tutela della maternità previsti per le lavoratrici dipendenti. Con un esito gravoso per l’intero sistema produttivo: tra crisi economica e carenze dei servizi pubblici per la famiglia, il numero delle donne che svolgono attività indipendenti tra il 2005 e il 2015 è diminuito del 5,6%. Per conciliare lavoro e famiglia, diviene quindi necessario prevedere alcune agevolazioni per le autonome: la possibilità di utilizzare voucher babysitting integrati da voucher per l’assistenza ai familiari anziani e ai disabili; un voucher per formare i collaboratori chiamati a sostituire temporaneamente la titolare nell’attività d’impresa; un credito d’imposta per incentivare la creazione di attività d’impresa nei servizi di welfare per la famiglia e per l’infanzia; sgravi fiscali e contributivi per assunzioni a tempo determinato di coadiuvanti nei periodi di maternità o di assistenza a figli minori o parenti anziani; l’istituzione, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, di un Fondo per l’imprenditoria femminile. 

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