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Lockdown ed effetto Brexit, soffre l'export delle imprese: il calo prodotto per prodotto e le eccezioni

Nel 2020 le esportazioni in provincia di Forlì-Cesena ammontano a 3,4 miliardi di euro, con un calo dell’8,6% rispetto al 2019

Le conseguenze della pandemia, con il lockdown delle imprese, e l’effetto Brexit, hanno inciso negativamente sulle esportazioni dei nostri territori nel corso del 2020. In calo il valore esportato dei principali prodotti: dai prodotti della meccanica a quelli in metallo, dall’abbigliamento alle calzature. In diminuzione, inoltre, le esportazioni verso tutti i principali Paesi. Dopo la presentazione del Rapporto sull’economia 2020 e scenari, prosegue la diffusione di analisi e valutazioni che affrontano i temi e i fenomeni più significativi per la governance dei nostri territori.

Il focus dell'osservatorio economico della Camera di commercio della Romagna – Forlì-Cesena e Rimini, illustra i dati. Nell’anno 2020 le esportazioni in provincia di Forlì-Cesena ammontano a 3,4 miliardi di euro, con un calo dell’8,6% rispetto al 2019, lievemente superiore alla variazione negativa regionale (-8,2%) ma inferiore a quella nazionale (-9,7%). Le diminuzioni hanno caratterizzato tre trimestri dell’anno (il primo, il secondo e il quarto), con il decremento peggiore fatto segnare nel trimestre aprile-giugno (-26,6% sugli stessi tre mesi del 2019); stabili, invece, le esportazioni nel periodo luglio-settembre 2020. 

In diminuzione il valore esportato dei principali prodotti: -4,4% i macchinari e gli apparecchi meccanici (17,1% del totale), -12,0% i metalli e i prodotti in metallo (12,2%), -5,7% i prodotti alimentari e le bevande (8,0%), -5,0% gli apparecchi elettrici (7,8%), -0,6% i mezzi di trasporto (7,4%), -29,5% gli articoli sportivi (6,8%), -5,2% gli articoli in gomma e materie plastiche (6,1%) e -31,8% le calzature (5,4%); in aumento, invece, l’export dei prodotti dell’agricoltura del 6,3% (9,7% del totale) e dei mobili del 20,1% (7,9%).

I principali Paesi di destinazione delle esportazioni sono, nell’ordine, la Francia (14,9% del totale), la Germania (12,6%), il Regno Unito (6,4%), gli Stati Uniti (6,4%), la Spagna (4,6%), la Polonia (4,1%), i Paesi Bassi (3,6%) e la Cina (3,2%). Sono proprio questi ultimi due gli unici Paesi verso i quali si registrano incrementi (rispettivamente, +2,0% e +3,4%), mentre variazioni negative caratterizzano tutti gli altri, partendo da quelle più basse di Francia (-1,1%) e Germania (-6,4%) e arrivando a quelle maggiori di Regno Unito (-15,0%), Stati Uniti (-13,5%) e Spagna (-13,4%).

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