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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Economia

Azienda vuole assumere ma non trova decine di lavoratori: "Un assurdo con questa disoccupazione"

Vem impiega attualmente 238 persone in tutto il gruppo

“Il nostro ostacolo alla crescita non è il mercato, ma la difficoltà a reperire personale specializzato”: a spiegarlo con chiarezza è Davide Stefanelli, vice-presidente e direttore finanza, controllo e risorse umane di Vem Sistemi, azienda d Forlì che si occupa di tecnologia avanzate ICT per reti telematiche. La scorsa settimana Stefanelli aveva lanciato una sorta di “appello” perché quest’azienda non trovava 30 persone da assumere subito. Ebbene sì, con la disoccupazione imperante, 30 posti di lavoro lasciati vuoti. Vem impiega attualmente 238 persone in tutto il gruppo. Le figure ricercate sono per la sede di Forlì, dove la società è nata, e per quelle di Milano, Padova, Modena e Senigallia, ai quali si aggiunge Roma, con una filiale appena inaugurata.

Dopo la pubblicazione di ForlìToday, la notizia ha fatto il giro del web e sono giunti diversi curriculum vitae interessanti, ma il problema permane, dal momento che “nel 2019 prevediamo dalle 60 alle 90 assunzioni”, posizioni che ancora una volta saranno difficili da coprire. Quello che succede in casa Vem pare un assurdo, ma in verità è emblematica. Da una parte centinaia di migliaia di persone ingrossano le fila dei disoccupati – anche per quanto riguarda la disoccupazione giovanile -, dall’altra ci sono aziende che non riescono a reperire le professionalità necessarie per crescere. Chi ha il pane e non i denti e viceversa. Un caso di scuola del mancato raccordo tra istruzione ed esigenze del mercato del lavoro. Alla Vem si cercano  ingegneri informatici e delle telecomunicazioni, software developers, specialisti in big data e cloud, esperti in cyber security. Professionalità tecniche che non si improvvisano.

Stefanelli, tanta è la difficoltà a reperire manodopera specializzata che i semplici annunci non bastavano, avete dovute creare dei video “virali” sui social network per invogliare le persone a candidarsi.
"Abbiamo affiancato forme innovative di ricerca dei collaboratori perché quelle classiche non bastavano. D’altra parte ci rivolgiamo ad un pubblico di millenials, giovani nati con la tecnologia digitale, perché cerchiamo professionalità che si sono formate di recente. Per questo abbiamo realizzato dei video che cercano di spiegare la nostra filosofia aziendale, in modo informale, in linea con questa generazione. Ma non è l’unica cosa che facciamo, andiamo direttamente nelle scuole e nelle università”.

Ci spieghi meglio
“Abbiamo anche finanziato corsi universitari sulla cyber sicurezza all’Università di Modena, così come corsi biennali della Fondazione Fitstic, si tratta di corsi tecnici post-diploma di due anni in stretta connessione col mondo produttivo che sfiorano il 100 percento come tasso di occupazione al termine degli studi. Ed ancora: andiamo a presentarci come ‘case study’ in università, accogliamo giovani in tirocini formativi da diversi atenei”.
Insomma, ve li andate a cercare in scuole superiori e università, li invogliate con video illustrativi su Facebook, eppure non basta…
“Sono professionalità che mancano. La nostra azienda è molto attrattiva. Siamo sotto l’un percento di rifiuti e il turn over è appena al 5%. Ma se si tiene conto che si stima che in Italia manchino 300.000 lavoratori nella digitalizzazione, è questa la situazione. Un assurdo con questi tassi di disoccupazione giovanile”.

Spesso si sente parlare di giovani ai primi impieghi che si rivelano svogliati, poco propensi al sacrificio. Lo riscontrate anche voi?
“La qualità dei laureati è buona. Non tutti sono ugualmente motivati, ma non certo da giustificare generalizzazioni secondo cui i ragazzi di oggi non sopportano i sacrifici. Anzi è il contrario, quelli che incontriamo noi non hanno problemi a misurarsi in sfide importanti. Sono spesso bistrattati in quest’immagine”.

Sono pochi forse anche perché sono professionalità in cui si cimentano praticamente solo gli uomini.
“Sì, c’è molto di questo gap femminile. E’ il nostro retaggio culturale che impone che le scuole tecniche siano appannaggio di uomini. Ma in verità le donne sono molto portate in questi mestieri. I nostri sono progettisti o tecnici che non fanno lavori di fatica, al massimo c’è da mettere le mani nei data center. Nella nostra azienda le donne sono solo il 17%, in gran parte in ruoli amministrativi e non tecnici. Però è importante segnalare che abbiamo una donna tecnico dirigente che coordina circa cento persone. Non è vero quindi che è un lavoro maschile, anzi”.

Molte aziende fanno fatica a tenere i loro dipendenti, voi invece avete problemi nell’assumerli. Che cosa c’è di diverso?
“Sicuramente il settore in cui operiamo aiuta molto. Le aziende hanno capito che se vogliono sopravvivere devono digitalizzare i loro processi. Il nostro problema ora non è crescere, ma trovare addetti che abbiano le competenze specifiche per seguire i nostri clienti. Una volta trovati, noi crediamo molto nel prepararli. Spendiamo l’ 1,2% del nostro fatturato, che è circa 50 milioni di euro, in formazione”.

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