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In Sala Icaro a Forlì l'incontro con il giornalista Mario Adinolfi

Il Centro Diocesano per la Pastorale Familiare, in accordo con le Consulte Diocesane delle Aggregazioni Laicali e degli Organismi Socio-Assistenziali propone un incontro pubblico sul tema “Voglio la mamma e il papà”

Venerdì 27 novembre, alle 20.45, nella Sala Icaro di viale Roma 1/3 a Forlì, il Centro Diocesano per la Pastorale Familiare, in accordo con le Consulte Diocesane delle Aggregazioni Laicali e degli Organismi Socio-Assistenziali propone un incontro pubblico sul tema “Voglio la mamma e il papà”, tenuto dal giornalista Mario Adinolfi. Il relatore, autore del volume “Voglio la mamma” (Youcanprint, Roma, 2015), sosterrà la tesi per cui la famiglia naturale, nonostante gli attacchi recenti, rimane la cellula base del tessuto sociale composta da un nucleo affettivo stabile aperto in potenza alla procreazione.

“I tentativi di superamento della famiglia in aggregazioni indistinte e prive di regole – scrive Adinolfi - nascondono concezioni che ledono i diritti della persona e soprattutto dei più deboli (i minori)”. L'incontro sarà un modo per trattare i temi della teoria “gender” con un'ottica laica ed attenta alla dignità dell'essere umano. Mario Adinolfi, ex deputato Pd e tra i primi sostenitori di Matteo Renzi, è il direttore responsabile del quotidiano web “La Croce”. Con “Voglio la mamma”, Adinolfi contesta i cosiddetti “falsi miti di progresso”, ossia aborto, eutanasia, matrimonio omosessuale e utero in affitto, invitando la sinistra e lo stesso Renzi a stare dalla parte dei più deboli: il bambino non ancora nato, l'anziano e il malato grave, il neonato che vuole la mamma.

“Voglio la mamma” è anche un’associazione di gruppi sociali che intendono battersi per la famiglia naturale. L'associazione è articolata in circoli territoriali che organizzano iniziative, mobilitazioni di opinione pubblica su temi specifici, coordinamento con associazioni affini, per ribadire sempre che “le persone non sono cose, i figli non si pagano, gli uteri non si affittano, i malati non si ammazzano e ai più deboli (nascituri, bambini, donne in particolare se bisognose, anziani e sofferenti) deve essere riconosciuto il massimo della tutela”.

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