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A Santa Lucia per acquistare il torrone, farsi benedire gli occhi e trovare marito

Per le ultime generazioni di forlivesi, Santa Lucia non è altro che la grande fiera ambulante, seconda solo a quella della Madonna del Fuoco, con ben 125 bancarelle cariche di dolciumi

Per le ultime generazioni di forlivesi, Santa Lucia non è altro che la grande fiera ambulante, seconda solo a quella della Madonna del Fuoco, con ben 125 bancarelle cariche di dolciumi, giocattoli, pelletteria, articoli per la casa e gastronomia, che occupano corso della Repubblica e il lato sud di piazza Saffi dalle 7.30 alle 20. La festa religiosa dedicata alla martire siracusana affonda invece le radici nella civiltà agreste legata alla terra e al ciclo delle stagioni. Il 13 dicembre il cristianesimo festeggia una santa dell’antichità, una fanciulla martirizzata nel 304 dall’imperatore Diocleziano per essersi rifiutata di adorare i vecchi dei pagani, troppo antropomorfi per essere veri.

La solennità è contigua al solstizio d’inverno, il 21 dicembre, il giorno più corto dell’anno: facile pensare che la chiesa di Roma abbia voluto sostituire le feste arcaiche che celebravano la luce in tutto l'emisfero nord del mondo. La solennità ebraica di Hanukkah dura otto giorni, esattamente come le celebrazioni cristiane per la santa di Siracusa. A Forlì, Santa Lucia è la dolce fiera del torrone e dei dolciumi. Basta però sfogliare le cronache cittadine per scoprire che l’esplosione popolare della manifestazione risale al Cinquecento. La grande sagra popolare, ancora lontana anni luce dall’attuale proliferazione di lotterie di Capodanno, “Gratta e Vinci” e Superenalotto, viveva nell’attesa della Tombola comunale, che immancabilmente si estraeva sul far della sera dal balcone principale del palazzo municipale. Era la festa della campagna: con le lavorazioni bloccate da freddo e gelo, gran parte della popolazione rurale si riversava nel borgo dall’ottocentesca barriera Cotogni, sostituito in età fascista dai palazzi gemelli progettati dal grande architetto razionalista Cesare Bazzani. Borgo Cotogni, l’odierno corso della Repubblica, era illuminato dai lumi in acetilene dei venditori, creando uno scenario impareggiabile.Centro nevralgico della Festa di Santa Lucia rimane la chiesa parrocchiale omonima, posta a metà di corso della Repubblica.

La costruzione di questo edificio, inizialmente intitolato a San Francesco di Paola, fu avviata nel 1614 su iniziativa dei monaci Minimi. Con la soppressione dell’ordine da parte di Napoleone, nel 1797, il tempio divenne chiesa parrocchiale col titolo odierno di Santa Lucia. E’ curioso apprendere che fino a quel momento la martire siracusana era venerata in un’altra chiesa, oggi scomparsa, che sorgeva sul lato opposto sulla strada. Ad erigere il nuovo luogo di culto provvide fra Giuseppe Merenda, il monaco architetto che già aveva lavorato alla Domus Dei, l’attuale Pinacoteca, detta appunto Palazzo del Merenda. La facciata odierna risale invece al rifacimento del 1829 ad opera di Giuseppe Pani. Anche quest’anno, la chiesa barocca sarà presa d’assalto da frotte di fedeli in fila per la rituale benedizione agli occhi. Sono previste sante messe alle ore 7, 9, 11, 15 e 19. Alle 16.30 vespri e benedizione eucaristica. Alle 17.30 messa solenne presieduta dal vescovo di Forlì-Bertinoro monsignor Lino Pizzi.

Nel tempo fra una funzione e l’altra avrà luogo la benedizione degli occhi. In passato, santa Lucia proteggeva un’altra “condizione” sociale assai poco lusinghiera: le donne nubili. Per le giovani in cerca di marito, soprattutto le più povere e senza dote, farsi vedere in chiesa a Santa Lucia e partecipare ad una delle tante messe celebrate lungo l’arco della giornata, significava rendere di dominio pubblico la volontà di accasarsi. Come ogni anno, la comunità parrocchiale di San Mercuriale – Santa Lucia invita a sostenere economicamente la missione africana, in cui ha prestato servizio il saveriano forlivese padre Gino Foschi

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