Il "Decamerone" di Marco Baliani illustrato da Carlotta Bendi
Nuovo appuntamento lunedì alle 17,30 al ridotto del Teatro Diego Fabbri con la Scuola dello Spettatore, l'iniziativa promossa congiuntamente dagli Incontri internazionali Diego Fabbri e dal Centro Diego Fabbri per fornire al pubblico una guida agile ma puntuale alla visione degli spettacolli in programma al Teatro Diego Fabbri. L'incontro sarà dedicato alla versione teatrale del "Decamerone" curata da Marco Baliani per l'intepretazione di Stefano Accorsi, Silvia Ajelli, Salvatore Arena, Silvia Briozzo, Fonte Fantasia e Mariano Nieddu. Ad introdurre lo spettacolo lunedì pomeriggio sarà la prof.ssa Carlotta Bendi, già impegnata a novembre nella presentazione de "La lupa" di Verga. L’ingresso all’incontro è libero.
"Le storie servono a rendere il mondo meno terribile - osserva nelle note di regia Baluiani - a immaginare altre vite, diverse da quella che si sta faticosamente vivendo. Le storie servono ad allontanare, per un poco di tempo, l’alito della morte. Finché si racconta, e c’è una voce che narra siamo ancora vivi, lui o lei che racconta e noi che ascoltiamo. Per questo nel Decamerone ci si sposta da Firenze verso la collina e lì si principia a raccontare. La città è appestata, servono storie che facciano dimenticare, storie di amori, erotici, furiosi, storie grottesche, paurose, purché siano storie, e raccontate bene, perché la morte là fuori si avvicina con denti affilati e agogna la preda. Abbiamo scelto di raccontare alcune novelle del Decamerone di Boccaccio perché oggi ad essere appestato è il nostro vivere civile. Percepiamo i miasmi mortiferi, le corruzioni, gli inquinamenti, le mafie, l’impudicizia e l’impudenza dei potenti, la menzogna, lo sfruttamento dei più deboli, il malaffare. In questa progressiva perdita di un civile sentire, ci è sembrato importante far risuonare la voce del Boccaccio attraverso le nostre voci di teatranti. Per raccontarci storie che ci rendano più aperti alla possibilità di altre esistenze, fuori da questo reality in cui ci ritroviamo a recitare come partecipanti di un globale Grande Fratello. Perché anche se le storie sembrano buffe, quegli amorazzi triviali, quelle strafottenti invenzioni che muovono al riso e allo sberleffo, mostrano poi, sotto sotto, il mistero della vita stessa o quell’amarezza lucida che risveglia di colpo la coscienza. Potremmo così scoprire che il re è nudo, e che per liberarci dall’appestamento, dobbiamo partire dalle nostre fragilità e debolezze, riconoscerle e riderci sopra, magari digrignando i denti".