Il Teatro delle Forchette porta in scena il musical "Eva Peron"
Il tetro delle Forchette presenta il musical 'Eva Peron' di Copi con adattamento e regia Massimiliano Bolcioni. L'appuntamento è per martedì alle 21.30 alla Rocca di Rvaldino (in caso di maltempo lo spettacolo sarà posticipato a mercoledì). Con Roberta Gabelli, Simona Vitiello, Francesca Leoni, Antonio Sotgia, Massimiliano Bolcioni, Stefano Naldi, Tobia Canducci, Stefania Pullini, Monia Sedioli, Stefania Paganin, Paola Fabbri, Liza Vallicelli, Teresa Vittorietti, Eros Zanchetta. Giammarco Pantera. Foto di scena Emiliano Camporesi
Eva Peron di Copì è un testo feroce, aggressivo, spietatamente autodistruttivo e proprio per questo orribile. Appare in prima maniera come un chiaro attacco al mito tutto argentino di Evita eroina del popolo, ma poi subito dilaga fagocitando masticando e vomitando torbidi refoli appartenenti ad ogni forma di potere politico assoluto, senza distinzioni di colore; ecco così delitti e segreti gridati o sibilati da Eva e sua Madre, assorbite da una attonita ma tutt’altro che vacua infermiera, osservate da un male politico antico come il mondo, Peron, che preferisce fingersi cieco, sordo e muto evocando un passato di ricordi probabilmente inventati… e tra il tutto un’anima occulta, una eminenza grigia, che forse ama, che forse odia, che forse non esiste neppure, essendo una parte di Evita stessa: Ibiza.
Intanto grazie a tutto ciò assistiamo ad una morte annunciata, preconfezionata per scopi politici, impacchettata ed imbalsamata per i posteri a futura gloria di Evita, madre degli umili e dei descamisados. Eppure, respirandolo, il testo, anziché solo osservarlo o ascoltarlo, ci si accorge che non c’è odio o rancore nei confronti di Evita, ma su tutto si infiltra una polvere di rimpianto per l’essere umano, la bambina mai cresciuta o mai esistita, la donna perduta dentro il proprio mito e relative sfaccettature, incastrata da e in un gioco di potere politicamente auto costruito con tale maestria da originare una situazione culmine di omicidio-suicidio, necessaria per la creazione e conferma di un mito quale è divenuto storicamente quello di Evita.
Copì, omosessuale fuorilegge, “drag queen” per gioco e per esigenza, si costruisce una bambola tutta sua, la chiama Evita, la veste e soprattutto la riveste riempiendole la scena e la vita di abiti costosi, di gioielli, di pellicce, di bauli numerati, di siringhe piene di liquido che si dice per curare il cancro… Copì era, come la maggior parte degli artisti veri, un acuto osservatore del mondo, un frequentatore attivo della giungla e di tutti i suoi recessi; e di questo ci è morto. Stroncato dall’AIDS. Anche questa una morte annunciata.