rotate-mobile
Meteo

Storia di 38 anni fa, 20 gradi sotto zero. Ora un inverno latitante, le cause di una stagione anomala e senza neve

L'APPROFONDIMENTO - Inverni sempre meno freddi. Quali le cause? Il focus con Pierluigi Randi, tecnico meteorologo certificato e meteorologo Ampro (Associazione meteo professionisti)

Era il 9 gennaio del 2022 quando Forlì s'imbiancò per l'ultima volta, con circa 7 centimetri di neve al suolo. L'ultima vera traccia d'inverno in città, salvo la parentesi del tredici dicembre scorso, quando per Santa Lucia i fiocchi si sono materializzati misti a pioggia fino in città. Ma quel che più preoccupa dell'inverno 2022-2023 è la mancanza della "dama bianca" sulle vette, fotografia emblematica di una stagione condizionata da forte anomalie climatiche. Dopo un periodo natalizio dal sapore primaverile, è previsto un cambiamento delle condizioni atmosferiche per mano di correnti di matrice polare-marittima, che riporteranno sui rilievi la tanto attesa e sospirata neve. L’Inverno sembra ora bussare alla porta dell’Italia, anche se va sottolineato che il freddo non sarà particolarmente intenso.

Pierluigi Randi, tecnico meteorologo certificato e meteorologo Ampro (Associazione meteo professionisti), che fine ha fatto l'inverno? Quali sono le cause di questa anomala stagione?
"Fino ad oggi, e siamo ormai a metà dell’inverno meteorologico, la stagione è stata praticamente latitante, anche se non è la prima volta che accade nei tempi recenti. Tuttavia la mitezza di questo prima parte della stagione è la più consistente dal 1950, con il dicembre più mite della serie storica così come la prima decade del mese corrente. Al di là degli effetti del riscaldamento globale, ma che si manifestano su scale temporali ben più estese, la corrente anomalia è stata favorita anche dalla presenza di una pressione atmosferica assai inferiore alla norma tra l’oceano Atlantico e il nord Europa. Di conseguenza, è stata particolarmente forte la spinta delle correnti da sud-ovest che hanno alimentato forti alte pressioni subtropicali le quali hanno recentemente invaso l’Europa meridionale e il bacino del Mediterraneo associate a masse d’aria assai miti, specie tra fine dicembre e inizio gennaio, mentre nella prima metà di dicembre le profonde depressioni atlantiche erano riuscite a far breccia sullo scudo anticiclonico portano quantomeno le piogge".

Lo schema della stagione sta seguendo quello previsto dai modelli matematici o sta andando peggio?
"Sta andando peggio, anche se i regimi meteorologici dominanti sono stati ben inquadrati, ma con la differenza che le circolazioni depressionarie sul Mediterraneo, e le correnti fredde sul nord Europa, hanno avuto vita più breve rispetto al previsto. Si stimava che avrebbero prevalso fino a circa metà gennaio, ma tutto si è risolto poco prima delle festività. Di conseguenza le temperature sono risultate ancora più miti rispetto allo scenario previsto, così come le piogge sono state meno consistenti".

Guardando a livello globale, abbiamo visto nelle scorse settimane importanti nevicate in Giappone, così come importanti ondate di freddo in Canada e States. Come mai in Europa non si vedono più gli inverni vecchio stampo?
"Come premessa dobbiamo considerare che anche in quelle zone gli inverni sono diventati più miti rispetto al passato, specie in Giappone, un po’ meno tra Canada e Usa, anche se il segnale, sebbene più debole, è presente. L’aspetto più importante è però di tipo geografico. Gli Usa hanno il Canada immediatamente a nord, che in inverno, assieme alla Siberia, diventa il polo termico dell’emisfero nord, e non hanno catene montuose che possano sbarrare la discesa delle masse artiche le quali con facilità affondano verso sud. Il Giappone ha la Siberia (altro polo termico invernale) ad ovest, e siccome le grandi correnti atmosferiche che guidano le masse d’aria si muovono mediamente da ovest ad est, ecco che il Giappone viene spesso investito dalle gelide correnti siberiane. Esse prima di giungervi, attraversano l’oceano Pacifico e si arricchiscono di grandi quantità di vapore acqueo che poi provoca forti nevicate. Non a caso il Giappone è molto nevoso in inverno, specie le isole settentrionali. In Europa, abbiamo la Corrente del Golfo che mitiga i rigori del freddo, mentre la Siberia è a nord-est, quindi le masse d’aria molto rigide devono muoversi con moto “retrogrado”, cioè contrario alla normale evoluzione ovest-est delle correnti emisferiche, e quindi con molta più difficoltà arrivano nel nostro continente, in particolare sulla parte centro-occidentale. Inoltre, l’Italia è anche protetta dalle Alpi che sbarrano le correnti fredde che eventualmente scendono da nord, e quindi le probabilità diminuiscono sensibilmente. Insomma, negli Usa e in Giappone le ondate di freddo trovano meno ostacoli, e i loro inverni sono assai diversi dai nostri, anche se vivono di “estremi”: dopo una forte ondata di freddo, per gli stessi motivi di cui sopra, possono avere con facilità anche fasi molto miti, come del resto è successo negli Usa subito dopo l’ondata di gelo".

E' possibile che nel vecchio continente siano più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici o è semplicemente una pura impressione?
"Anche i dati, sostanzialmente, lo confermano. Il Mediterraneo, così come l’Europa meridionale e centrale, sono considerati degli “hot spot”, ovvero zone particolarmente sensibili al cambiamento climatico, proprio perché le modifiche indotte alla circolazione generale si manifestano in maniera più evidente sul nostro settore. Ad esempio, avendo l’Africa a due passi e considerando che le alte pressioni subtropicali sono particolarmente robuste in sede nord africana, ecco che con estrema facilità si dilatano verso nord, e noi siamo i primi a subirne gli effetti, non sono in estate ma anche nelle altre stagioni".

Si è rivista un po' di pioggia, soprattutto lungo la dorsale, ma le temperature restano ben al di sopra della norma. Cosa possiamo aspettarci nell'immediato futuro?
"Probabilmente qualche novità arriverà dalla prossima settimana: le alte pressioni subtropicali dovrebbero ritirarsi in Atlantico lasciando spazio alla discesa di correnti fredde, di provenienza polare o artica marittima, verso sud fino a investire il Mediterraneo e la nostra Penisola. Ovviamente non si tratterà di correnti continentali, artiche o polari, che sono quelle che arrivano da nord-est e che sono le più fredde in assoluto, specie nei bassi strati, ma marittime, ovvero che prima di arrivare compiono un certo percorso sul mare e che giungono alquanto “edulcorate” mantenendosi molto fredde solo in quota, quindi anche instabili, ma molto meno nei bassi strati. Senza calcolare la presenza delle Alpi che offriranno il consueto processo di sbarramento. Per cui non siamo in attesa del grande freddo o del gelo, ma solo di un teorico ed eventuale rientro verso temperature normali per il periodo, considerando anche che questo periodo dovrebbe essere il più freddo dell’anno. Arriverà probabilmente qualche pioggia in pianura e un po’ di neve sui monti a quote normali per la stagione. Ma non più di questo, e peraltro servono ancora conferme, per ora è solo un segnale".

In sintesi, l'inverno darà qualche segnale di se prossimamente oppure lo si può dare già per spacciato?
"L’inverno è ancora lungo e quindi sarebbe un errore considerarlo già finito; certamente il trend che abbiamo intrapreso già da molti anni depone per stagioni sempre meno fredde rispetto al passato, ma l’episodio pienamente invernale, anche crudo, può sempre manifestarsi, magari più breve e con tempi di ritorno sempre più lunghi. Ma sarebbe già un successo rientrare nella normalità climatologica dopo le recenti settimane straordinariamente miti".

Restano i ricordi di quando esistevano le quattro stagioni. E ben 38 anni fa in questo periodo la Romagna era un autentico congelatore....
"Quel gennaio del 1985 fu estremo in senso diametralmente opposto all’epoca attuale, e non si poteva considerare normale nemmeno allora. Arrivarono due violente ondate di aria artica continentale: la prima, la peggiore, tra il 4 e il 5 direttamente dalla Siberia e dalla Finlandia; la seconda tra i giorni 8 e 10 fu appena meno fredda (in origine) ma più umida poiché discese attraverso la Scandinavia prima e la Francia poi facendo un “giro più largo”, risultando più umida. Infatti, le maggiori nevicate si ebbero proprio tra l’8 e la mattina del 10 gennaio, mentre tra il 4 e il 5 si ebbe una vera e propria bufera, anche temporalesca, ma più breve".

Addirittura temporalesca?
"Alla fine tutta la Romagna si trovò sotto una spessa coltre nevosa: fino ai 50-70 centimetri anche sulle coste con gravi disagi alla circolazione. Le temperature, già crollate tra il 4 e il 5 gennaio, precipitarono ulteriormente in seguito con il rasserenamento del cielo e i suoli abbondantemente innevati: nelle notti dell’11-12-13 gennaio i valori termici scesero fino a -20/-25°C su diverse zone di pianura interna; sui -13/-19°C sulle coste, ovvero valori estremi che provocarono enormi danni alle infrastrutture e soprattutto all’agricoltura. I ricordi sono legati soprattutto alla tormenta con tempesta di bora (oltre 90 km/h), tuoni e lampi della notte tra il 4 e il 5 gennaio, e alla neve copiosa dell’8 e 9 con temperature di -6/-7°C anche in pieno giorno: fu in quella occasione che verificai quanto sbagliato sia il detto: “fa troppo freddo per nevicare”. E per finire le code interminabili sulla statale Adriatica: il gelo estremo cristallizzava il gasolio e gli automezzi diesel rimanevano in panne".

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Storia di 38 anni fa, 20 gradi sotto zero. Ora un inverno latitante, le cause di una stagione anomala e senza neve

ForlìToday è in caricamento