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Il clima che cambia, "In troppi ancora fingono di non vedere". E in inverno non piove più come un volta

L'INTERVISTA - Pierluigi Randi, tecnico meteorologo certificato e meteorologo Ampro (Associazione meteo professionisti), traccia un bilancio del primo trimestre dell'anno

Il mese di aprile si è aperto all'insegna della spiccata variabilità atmosferica, alimentata da aria artica marittima, con il ritorno della neve sui rilievi e localmente a quote di alta collina. Aprile eredita un marzo particolarmente siccitoso, nonostante il finale caratterizzato dal passaggio di una perturbazione atlantica, e piuttosto freddo. Oro "blu" per la diga di Ridracoli, che con le ultime precipitazione ha visto lievitare il suo volume, portandosi oltre l'81% sulla capienza totale. Pierluigi Randi, tecnico meteorologo certificato e meteorologo Ampro (Associazione meteo professionisti), traccia un bilancio del primo trimestre dell'anno.

Con un colpo di reni la pioggia ha bagnato l'ultimo giorno di marzo. Ma è stato un mese di sofferenza da questo punto di vista. Quali le cause?
Sostanzialmente la persistenza di alte pressioni per gran parte del mese, che alternativamente hanno interessato sia il bacino del Mediterraneo, sia l’Europa settentrionale. Nel secondo caso sono così affluire masse d’aria piuttosto fredda per il periodo, ma molto secche essendo di origine continentale. In tal modo le piogge sono mancate quasi completamente a parte gli ultimi due giorni del mese.

Nella media quanti millimetri di pioggia cadono in marzo?
In Romagna si va dai 50-55 millimetri della fascia costiera ravennate-riminese, ai 60-65 millimetri della fascia pedecollinare compresa tra faentino e cesenate. Ovviamente salendo verso i rilievi i quantitativi medi indicati dal clima aumentano proporzionalmente alla quota.

Per dare un'ulteriore prova della sofferenza dei terreni, a quanto ammonta l'indice di umidità della terra?
I dati indicano che la percentuale di acqua disponibile nei terreni, rispetto ai valori normali per il periodo (ipotizzati pari al 100%), si attesta intorno al 20, massimo 30% sull’intera area romagnola, e le moderate piogge degli ultimi due giorni di marzo rappresentano solo una timida base di partenza, poiché la situazione è ancora seria.

Un marzo secco, senza dimenticare che anche febbraio è stato decisamente al di sotto della media…
Esattamente. Febbraio ha chiuso con un ammanco di precipitazioni del 50% circa (area della Romagna), e marzo si pone all’incirca sullo stesso piano, ma solo per le piogge arrivate in extremis: fino al giorno 29 il deficit sfiorava il 100%.

Salvo un lieve surplus a gennaio, il trimestre si sentenzia tra i più secchi dal?
Il trimestre gennaio-marzo 2022 chiude con un’anomalia di precipitazione del -22%, ma andò decisamente peggio nello stesso periodo del 1989, quando a stento si raggiunsero i 30-40 millimetri di pioggia cumulata, e soprattutto nei recenti 2020-2021, i quali con un’anomalia trimestrale di ben -68,4% (2020) e di -55,1% (2021) rappresentano i primi trimestri dell’anno più secchi dal 1950. Pertanto, il 2022 non è al vertice di questa sgradevole graduatoria, ma il problema attuale è che ereditiamo un 2021 estremamente secco (secondo più secco dal 1950), quindi le condizioni ancora oggi risentono ancora di quanto occorso nello scorso anno. Ma l’aspetto più preoccupante, è che per il terzo anno consecutivo i primi tre mesi dell’anno mostrano pesanti anomalie pluviometriche negative.

Dal punto di vista termico è stato un mese piuttosto frizzante…
Decisamente. Marzo 2022, con un’anomalia di temperatura media di -1,7°C su base regionale (Romagna), risulta il marzo più freddo dal 2006 (allora l’anomalia fu di -2°C), quindi degli ultimi 16 anni. Ovviamente i record sono lontani e risalgono agli anni ‘50-’60 (marzo 1958 fu il più freddo dal dopoguerra con un’anomalia di ben -3,4°C). Tuttavia, il marzo da poco concluso spicca per valori medi di temperatura minima molto bassi: ad esempio, sulla pianura lughese e faentina, nel mese si sono avuti tra i 20 e i 22 giorni con temperatura minima inferiore allo zero (gli stessi di gennaio e 2-3 in più rispetto a febbraio), particolare che a volte non si presenta nemmeno in pieno inverno. Nei giorni 2, 9, 10, 13 e 22, i valori assoluti sono scesi localmente sotto i -5°C con qualche isolato picco a -6/-7°C, vale a dire condizioni pienamente invernali.

Aprile esordisce con un colpo di coda dell'inverno, poi cosa accadrà?
L’attuale discesa di aria artica è diversa da quelle che hanno caratterizzato il mese scorso, in questo caso si tratta di aria artica marittima: molto fredda in quota, per cui anche instabile, ma assai meno nei bassi strati, per cui si tratterà di un freddo di stampo primaverile. Almeno fino al 5 aprile i valori termici rimarranno al di sotto della norma, poi probabilmente seguirà un riallineamento alle medie climatiche di riferimento per un paio di giorni, e in seguito prevale un segnale orientato verso una fase più calda; indicativamente dall’8-9 aprile, ma in questo caso vi è ancora incertezza.

Ci saranno condizioni più favorevoli per il transito delle perturbazioni atlantiche o questa è stata una "eccezione"?
Sembra che, almeno, le alte pressioni non si ripresentino in modo così ostinato come accaduto nel recente passato, lasciando spazio al passaggio di qualche impulso perturbato atlantico, anche se di modesta entità. Nella prossima settimana non si intravedono occasioni per precipitazioni consistenti; solo eventualmente deboli e irregolari tra il 7 e l’8; in ogni caso nuove occasioni potrebbero arrivare dopo la prima decade del mese, ma qui regna l’incertezza.

L'assenza di precipitazioni, l'effetto combinato caldo e siccità con la neve che resiste sempre meno, sono fenomeni estremi, ennesima prova del cambiamento climatico in atto e che in tanti fanno finta di non vedere…
In troppi ancora fingono di non vedere. Qualche decennio fa, si ragionava sulla base di scenari offerti dai modelli di clima, quindi mancava ancora la prova o se volgiamo la “verifica”. Oggi le prove le abbiamo eccome, e molti aspetti negativi o critici al tempo paventati, si stanno manifestando. Chiaramente non basta un evento meteorologico particolare, anche severo, per chiamare in causa l’attribuzione al cambiamento climatico; ma se una serie di eventi anomali o talora “estremi” si manifestano con frequenza, intensità e durata sempre maggiori, allora è più che lecito, anzi doveroso. E si sta andando esattamente in quella direzione.

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