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Venerdì, 19 Aprile 2024
Meteorologia

La neve in Val Padana come non l'avete mai vista, ecco "l'enciclopedia": "Tre anni di lavoro, ne è valsa la pena"

L'INTERVISTA - Un'opera che rappresenta una visione della neve a 360 gradi, corredata anche da molte immagini salienti, dal passato ai giorni nostri.

La Pianura Padana è un territorio solo apparentemente uniforme ed è punteggiata da innumerevoli microclimi generati dalla complessa orografia che la circonda. Grazie ad analisi dettagliate si svelano le innumerevoli sfumature che concorrono al verificarsi di una nevicata. Esistono svariate ricerche e raccolte di dati sulla nevosità delle varie località padane, ma ora vengono presentate in modo organico e analizzate da molteplici punti di vista. Era il 2013 quando venne presentato "I grandi inverni dal 1880 in Romagna e province di Bologna e Ferrara". Insieme a Roberto Ghiselli e Marco Pifferetti, Pierluigi Randi - tecnico meteorologo certificato e meteorologo Ampro (Associazione meteo professionisti) - presenta il nuovo libro "La neve in pianura padana. Nella climatologia e nella storia". Un'opera che rappresenta una visione della neve a 360 gradi, corredata anche da molte immagini salienti, dal passato ai giorni nostri.

Come è stato organizzato il lavoro?
Diciamo che i tre autori si sono equamente distribuiti i compiti: essendo un testo che riguarda la neve “a 360 gradi” era necessario analizzare il fenomeno dapprima dal punto di vista fisico (formazione, previsione e metodi di rilevamento neve al suolo); poi sotto il profilo dei dati, ovvero capire quanto sono variate nevosità, numero di giorni con neve e numero di giorni con suolo innevato. Ognuno di essi ha portato il proprio contributo alla causa, naturalmente confrontandosi con gli altri autori, e alla fine è uscito un ottimo lavoro di team.

Quanto tempo ha richiesto?
Parecchio, anche perché altri impegni di lavoro e familiari spesso sottraggono tempo per la stesura dei testi e la produzione di elementi tematici (grafici, tabelle e carte). Sostanzialmente sono serviti circa 3 anni, e ci ha messo lo zampino anche la pandemia, che ha giocoforza limitato la possibilità di incontri tra gli autori.

Come è strutturata l'opera?
Una prima parte descrive il fenomeno neve, trattato dal punto di vista fisico. Si prosegue con la descrizione dettagliata di tutte le situazioni atmosferiche favorevoli alle nevicate. Il viaggio continua poi con l’analisi di una notevole mole  di dati provenienti dalle serie storiche più lunghe e affidabili. Queste informazioni ci mostrano come è cambiata la presenza della neve nelle varie zone nel corso dei decenni. Vengono inoltre descritti gli eventi più significativi ed elencati i principali episodi, corredati da immagini e grafici molto chiari, completi, e di facile lettura.

Il libro è infatti ricco di immagine storiche. Come avete fatto a reperirle?
Due degli autori (Ghiselli e Pifferetti) hanno un nutritissimo archivio personale di immagini relative a importanti eventi nevosi occorsi in Valpadana, inoltre, lo stesso editore è un grande appassionato di neve, ed essendo di Cremona ha contribuito con molte immagini della pianura lombarda. Infine, molte immagini sono arrivate da volontari esterni che, debitamente sollecitati, hanno inviato molto materiale fotografico, anche su eventi remoti con le immagini tramandate da nonni e genitori.

Per gli amanti della neve questa opera può essere considerata un'autentica enciclopedia.…
Sicuramente l’intento era di dare un seguito ad altri studi già esistenti sulla neve (in Italia) ma che, per quanto completi, erano un po’ datati, quindi la missione principale del libro è stata proprio quella di “aggiornare” la climatologia della neve in Pianura Padana fino all’attualità, e nel contempo, capire come sia cambiata la nevosità dell’area padana rispetto al passato. C’è inoltre una parte introduttiva dedicata alla fisica della neve e alla sua previsione, che sono argomenti alquanto complessi. Diciamo che il termine “piccola enciclopedia” ci può stare.

Dati alla mano, cosa è cambiato nel tempo?
Come facilmente intuibile, è sensibilmente diminuita la nevosità media, anche se non in modo uniforme: in alcune aree della Pianura Padana la diminuzione è più consistente (nord-ovest) in altre meno (nord-est), anche se ovviamente prevale ovunque il segno meno. Ma il dato più importante riguarda il numero di giorni con suolo innevato: in questo caso il trend in diminuzione è ancora più accentuato rispetto alla nevosità media. Questo significa che, mediamente, quando nevica il manto nevoso al suolo resiste meno, molto meno rispetto al passato. E qui c’è lo zampino che riguarda l’aumento delle temperature medie, ovviamente, se fa più caldo, la neve fonde più in fretta.

Nevica sempre meno nella pianura romagnola. Questo inverno ha deluso le aspettative..…
Si tratta oramai di una consuetudine. Nonostante di tanto in tanto non manchi qualche evento di rilievo (dicembre 2009, dicembre 2010 sul riminese; febbraio 2012; febbraio-marzo 2018), è evidente che gli inverni stanno diventando sempre più miti e sempre meno nevosi, anche se la possibilità di un evento rilevante rimangono; solo che tendono a divenire sempre più rare. Peraltro, una leggera nevicata quest’anno è arrivata (9 gennaio), ma in epoca recente sono diversi gli inverni nei quali non si è visto un solo fiocco di neve in pianura. Anche questo aspetto si inquadra nel cambiamento climatico, quindi abituiamoci ad avere sempre meno neve, ma con un episodio di rilievo ogni tanto, magari di breve durata.

Di tutte quelle che ha raccontato qual è la sua nevicata preferita e che ricorda con stupore?
Sicuramente quella dell’8-9 gennaio 1985, poiché non mi era mai successo prima di vedere nevicare con temperatura sui -13/-14°C; infatti, quella nevicata cominciò al mattino dell’8 gennaio dopo una prima parte della notte serena con presenza di aria estremamente fredda nei bassi strati (c’era stata la prima nevicata da irruzione artica il giorno 5). Essa poi proseguì, con temperature molto basse, fino alla sera del 9 gennaio, accumulando nella pianura ravennate 30-40 centimetri su quelli già caduti in precedenza, e con vistosi effetti scaccianeve. Era la più lampante dimostrazione che smentiva i tanto inflazionati “nevica solo con 0°C” o “fa troppo freddo per nevicare”; due assunti che permangono ancora oggi nell’immaginario collettivo ma che non hanno alcuna valenza scientifica. E sempre in quell’evento ricordo il “buio” anche in pieno giorno; la luminosità era bassissima per le intense precipitazioni e per la copertura nuvolosa a quote molto basse. A livello di “violenza” ricordo quella della notte tra l1 e il 2 gennaio 1979, con lampi, tuoni, bora urlante, e temperatura che precipitò da +4 a -4°C nel volgere di circa un’ora. Non cadde moltissima neve, ma la violenza dell’irruzione artica fu estrema.

Tornando all'opera, cosa avete provato quando è stato messo il punto finale?
Molta soddisfazione e anche un pizzico di sollievo, poiché l’argomento è molto complesso, la reperibilità dei dati ostica (vanno controllati e verificati), e il fenomeno neve è molto variabile nelle zone di pianura, quindi c’era un minimo di iniziale apprensione per il timore di non produrre un testo esattamente come ci eravamo prefissati. Ma alla fine direi che tutti gli autori sono molto soddisfatti.

Quante copie sono state realizzate e dove è possibile acquistarlo?
Il numero di copie è ovviamente pertinenza dell’editore, ma credo che il numero iniziale sia di 200. Per ora è reperibile e acquistabile on-line nel sito dell’editore (Ronca Editore), ma presto verrà inserito nei principali circuiti dedicati alle pubblicazioni di libri scientifici.

Saranno organizzate delle serate di presentazione?
Molto dipenderà dall’evoluzione della pandemia, ma l’intento è certamente quello di presentarlo in diverse località della Pianura Padana (in quanto ad essa è dedicato), e organizzare qualche conferenza o seminario dedicato all’argomento. Nelle prossime settimane ci saranno certamente news in merito.

La copertina del libro dedicate alle nevicate in Val Padana-2

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