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Centri per disabili, la lettera aperta alla Regione dell'associazione Famiglie Ragazzi Senza Voce

"E’ ormai chiaro per tutti che queste forme di aggregazione di persone fragili, create nei decenni, non danno risposte personalizzate e soprattutto nell’emergenza attuale si sono rivelate le più rischiose per la salute e la vita"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ForlìToday

Abbiamo avuto conferma dal Convegno nazionale Anffas, tenutosi online ieri, che se si fosse attuata in Italia la legge 328/2000, l’emergenza Covid avrebbe creato meno sofferenze alle persone fragili, disabili e anziane. Una legge tuttora innovativa, che se applicata, prevede sostegni, soluzioni e risposte personalizzate, “su misura” per la persona e la famiglia. E’ una modalità flessibile, “viva”, dinamica, in continua verifica e cambiamento, in base a ciò che di positivo o negativo si incontra cammin facendo, crescendo, negli anni. La sua attuazione avrebbe così consentito e consentirebbe oggi quella flessibilità e quell’attenzione che il sistema vigente non ha permesso e non sta permettendo, anche nella nostra regione, in questa emergenza Covid.

E’ ormai chiaro per tutti che queste forme di aggregazione di persone fragili, create nei decenni, non danno risposte personalizzate e soprattutto nell’emergenza attuale si sono rivelate le più rischiose per la salute e la vita. I centri diurni sono stati chiusi e chi ne usufruiva ha avuto il servizio sospeso per mesi. Le strutture residenziali hanno “recluso” i loro ospiti già da 9 mesi e si prospetta per loro ancora un lungo periodo di chiusura alle visite dei famigliari e la preclusione ad una vita minima relazionale e sociale. La Presidenza del Consiglio ha risposto ad un nostro appello, informandoci della scelta, operata da tempo dal Governo e sostenuta con fondi attualmente integrati, volta a:sostenere le famiglie che custodiscono disabili ed anziani; operare per ampliare e consolidare quei sostegni domiciliari necessari per una vita a casa propria, nei propri contesti di vita; deistituzionalizzare, rinforzando e creando quelle opportunità necessarie, da offrire a chi ha riportato a casa persone disabili o anziane, e per chi intende farlo. Riteniamo che questo processo crei nuove e numerose possibilità: figure “amiche” della famiglia, risorse personalizzate, numerosi posti e opportunità di lavoro, sicuramente anche la necessità di percorsi di idonea formazione.

E’ nostra convinzione che si tratterebbe di un cambiamento complesso, ma sostanziale, fondamentale per le famiglie e le persone fragili. Chiediamo al presidente della nostra regione e al Direttore sanitario regionale, dlla chiusura dei servizi diurni per disabili e anziani, come si è
provveduto ad attuare i sostegni adeguati alle famiglie e alle persone disabili o anziane a domicilio? Quali riscontri attuati per chi ha riportato a casa parenti disabili o anziani, e per chi intende farlo? - Quali azioni di ricerca e organizzazione del processo di de- istituzionalizzazione si stanno strutturando a favore delle famiglie e delle persone disabili o anziane?

Per quanto riguarda i “reclusi” nelle strutture residenziali, come si può pensare di definire “salvaguardia della salute” delle persone fragili il tenerle per tanti mesi, anni secondo certe previsioni, lontane dalle persone care? Sempre che sopravvivano a tutto questo, come possiamo disgiungere anche da un punto di vista sanitario il benessere fisico da quello affettivo, psicologico, emozionale? Sottolineiamo ancora una volta che chi opera nelle strutture per ogni esigenza di mantenimento delle medesime (addetti alle pulizie, alla cucina, operatori, infermieri, fisioterapisti...) entra ed esce, conduce poi altrove la propria vita, non fa test rapidi ad inizio turno, è persona garantita “a priori” non contagiosa, mentre a famigliari non è consentito accedere, né portare a fare una passeggiata o a casa per qualche ora i propri parenti.

Cosa garantisce gli operatori? Possono dare questa garanzia anche i famigliari, parenti e amici? Con protocolli che prevedano sia per gli operatori, sia per i famigliari, frequenti controlli con test rapidi o come previsto per le scuole, sierologici  gratuiti per tutti, gel e mascherina FFP2, auto e locali sanificati(ci sono in commercio svariate possibilità di ausili per la sanificazione). E’ possibile realizzare quanto prima questo protocollo di “apertura”? Per metterlo tempestivamente in atto è possibile utilizzare i fondi previsti dalla scheda attuativa del Distretto Socio-Sanitario di Forlì firmata il 5 novembre 2020? Perchè in tal modo, anziché usufruire dell’offerta di periodi di “spostamento temporaneo in strutture” dei nostri cari fragili che custodiamo a domicilio, e di “informazione-addestramento-supporto psicologico” per noi familiari curatori, vorremmo poter indirizzare quei fondi alle famiglie per pagare ausili, test, ecc,che permettano loro di stare più vicini ai propri anziani e disabili, liberarandoli dalla sofferenza di una reclusione estrema; e in tal modo sollevare i famigliari stessi altrettanto sofferenti a causa di questi provvedimenti.

Associazione Famiglie Ragazzi Senza Voce

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