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Fusione Ausl, Alessandrini (Pd) bacchetta: "Basta campanilismi"

"Infatti, sulle ASL, a proposte deboli sono seguite risposte deboli, impregnate di campanilismo e che sorvolano le divisioni fra schieramenti politici, chiudendosi nelle divisioni fra territori"

Il dibattito sul futuro delle Ausl coinvolge anche il consigliere regionale del Pd, Tiziano Alessandrini, che critica i botta e risposta delle ultime settimane. “Infatti, sulle ASL, a proposte deboli sono seguite risposte deboli, impregnate di campanilismo e che sorvolano le divisioni fra schieramenti politici, chiudendosi nelle divisioni fra territori  Il contrario di ciò che servirebbe. Se vogliamo essere amministratori riformisti non ci possiamo limitare a sparare proposte “alte”, ma proposte realizzabili”.

“La spesa per la sanità in Emilia-Romagna rappresenta oltre il 70% del bilancio e supera largamente gli 8 miliardi di euro, compreso il fondo regionale per la non autosufficienza. - premette Alessandrini - Una somma imponente che, da sola, indica la complessità delle scelte, anche sul piano della governance. Il dibattito sui giornali dei giorni passati non è un bell’esempio di metodo e di merito per affrontare un problema così importante, per il quale non esiste una soluzione semplice. Penso che l’esempio delle discussioni sulle Province basti e avanzi. Senza “progetto” non si possono prendere decisioni di alcun genere, a meno che non vogliamo scadere nella demagogia”.

“Infatti, - entra nel merito Alessandrini - sulle ASL, a proposte deboli sono seguite risposte deboli, impregnate di campanilismo e che sorvolano le divisioni fra schieramenti politici, chiudendosi nelle divisioni fra territori. Il contrario di ciò che servirebbe. Se vogliamo essere amministratori riformisti non ci possiamo limitare a sparare proposte “alte”, ma proposte realizzabili, in quanto supportate da visione strategica, conoscenze tecniche e di dati oggettivi, proiezioni di risultato. Riconosco anch’io che non è ininfluente parlare di ASL unica fra Forlì-Cesena o ASL unica della Romagna o, più semplicemente, di sola integrazione. Le tre scelte sono molto differenti l’una dall’altra e foriere di risultati molto diversi. Continuando la discussione sui giornali, a cui mi sarei sottratto di buon grado, rischiamo solo di confondere i cittadini, i quali aspirano ad avere una sanità efficace, con prestazioni di qualità dal punto di vista dei servizi ospedalieri e di prossimità (medicina di base) ed efficiente dal punto di vista gestionale per contenere i costi. Il tutto, sapendo che l’eccellenza non la si può trovare sempre “sotto casa””.

“Sotto la pioggia dei tagli nazionali, che avrebbero dovuto essere maggiormente selettivi, premiando i virtuosi e penalizzando i viziosi, tuttavia, c’è l’obbligo della decisione. Probabilmente i Sindaci e neppure le Province, pur avendo funzione di indirizzo e, generalmente, di presidio delle Conferenze territoriali sociali e sanitarie, non riusciranno ad assumere una decisione unanime e, men che meno, la Regione da sola potrà imporre un accordo. - sottolinea - Mi consola il fatto, però, ne sono certo, che non farà mancare la sua azione, anche energica, non limitata alla generica “moral suasion”, mettendo attorno al tavolo gli attori con diverse gradazioni e gradualità: prima i direttori generali delle ASL, in seguito i Sindaci delle città capoluogo della Romagna e poi a seguire magari tutti questi con i presidenti delle Conferenze territoriali sociali e sanitarie per trovare una sintesi ed una soluzione  che raccolga il consenso di tutti, dove faccia premio l’assunzione della responsabilità e l’esercizio del governo per affermare la priorità del bene pubblico su tutto. Se si  perseguirà la strada dell’integrazione, forte ed effettiva, fra Forlì e Cesena in termini di Asl ed ospedali, o della fusione delle ASL di Forlì e Cesena per farne una sola o, ancora, della fusione delle quattro ASL romagnole in una grande ed unica ASL, bisogna sapere che le politiche sanitarie dovranno poggiare comunque e sempre di più su economie di scala ed alto efficientamenmto delle strutture. Come? Concentrando tutto ciò che è possibile che non riguardi l’assistenza front line dei cittadini bisognosi di cure, accentramento acquisti in Area Vasta o su base regionale, politiche adeguate e soprattutto attente per farmaceutica territoriale ed ospedaliera, riorganizzazione delle reti ospedaliere sul modello hub & spoke per concentrare i casi complessi e rischiosi ove si trova il massimo di tecnologia e competenze professionali. Inoltre, bisognerà continuare a lavorare sulla appropriatezza delle prescrizioni per specialistica ed esami di laboratorio che sono passati da altre 64 ad oltre 76 milioni nel 2010. Infine, occorrerà agire sulla mobilità attiva perchè contribuisce al bilancio sanitario e, già oggi,  è la più alta tra le regioni italiane”.
 

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