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Balzani in pressing su Hera: "Vogliamo un'altra politica ambientale"

L'intervento del sindaco in consiglio comunale a Forlì a sostegno della delibera che si opporrà alla fusione tra Hera e Acegass: "L'operazione è perfetta sul piano economico, ma Hera con noi deve cambiare"

C'era attesa in Consiglio comunale per le parole del sindaco Roberto Balzani in merito alla fusione Hera-Acegas. Il primo cittadino di Forlì è intervenuto in apertura per sottolineare come la posizione dell'Amministrazione sulla questione "sia nota". "E’ dall’inizio del mandato che, col sostegno degli elettori che hanno votato una coalizione e un programma molto espliciti in questo senso, Forlì si muove verso una politica ambientale chiara: reti pubbliche, raccolta differenziata spinta, distretto del riciclo e conversione alla green economy nei fatti, intervento deciso sul tema dell’energia, prefigurazione – attraverso un’apposita legge regionale – di strumenti fiscali volti a favorire la transizione verso la società del post-incenerimento. Sapevamo e sappiamo che la nostra impostazione non è solo di una parte; sapevamo e sappiamo che, ovunque in Italia e in Europa, i cittadini, di qualunque colore, si orientano in prevalenza verso tali opinioni".

CAMBIARE ROTTA - 
"Com’è logico - sostiene il primo cittadino - dal momento che siamo azionisti di Hera e abbiamo cooperato convintamente al rinnovo di un patto di sindacato che prevedesse, da parte dei soci pubblici, il tentativo di riorientare la politica industriale della nostra grande azienda, ci siamo rivolti alla multiutility per realizzare il nostro programma, consapevoli, come scriveva Keynes, che “non è sufficiente che lo stato delle cose che cerchiamo di promuovere sia migliore dello stato delle cose che lo ha preceduto; dev’essere sufficientemente migliore da compensare i mali della transizione”.


PORTA A PORTA E INCENERIMENTO - "La “transizione”, cioè il passaggio, via via che il porta a porta e l’economia del riciclo decollavano, ad una fase di progressivo abbandono dell’incenerimento, fra l’altro ulteriormente complicato, nel nostro caso, dall’infelice ubicazione urbana degli impianti. “Transizione” - continua Balzani - significa consapevolezza degli investimenti fatti da ammortizzare, delle tariffe da pagare, ma anche dello sviluppo di una nuova industria e di una chiara scelta sulla raccolta da affermare. Il nostro è un radicalismo temperato: il tutto e subito non ci appartiene culturalmente. Abbiamo usato tutti i mezzi leciti a nostra disposizione: incontri, progetti e controprogetti, conferenze, dati e discussione sui dati, verifiche e anche, infine, l’arena regionale, la più appropriata per dirimere il nodo del “dove andare” collettivamente sull’ambiente"


"DEBOLEZZA POLITICA" - "La nostra sensazione - continua ancora nel suo intervento il primo cittadino di Forlì - è stata quella di una debolezza strutturale della politica verso le scelte imprenditoriali della multi utility che pure controlla col voto: nonostante le cose scritte nei programmi dei partiti di governo in molta parte della regione, le scelte operative erano e sono ispirate da altre logiche. Quelle della grande impresa capitalistica, ad esempio. Logiche legittime, che mirano a massimizzare i profitti e ad offrire ai soci dividendi assai interessanti. Logiche che mirano all’espansione territoriale, alla ricerca di capitali freschi, e all’obiettivo di assumere – ove possibile – condizioni monopolistiche od oligopolistiche, in modo da determinare da posizioni di forza prezzi, tariffe, costi a carico dei consumatori pubblici e privati. Sotto il profilo del percettore di rendita, e noi come Comune siamo anche percettori di rendita, l’operazione industriale e finanziaria della fusione Hera-Acegas è del tutto razionale e probabilmente positiva e fruttuosa. Nulla da dire, da questo punto di vista. Non ne abbiamo mai fatto mistero".

"NON SIAMO SOLO AZIONISTI"- "Il fatto è, però, che noi siamo anche amministrazioni pubbliche. Siamo, cioè, azionisti e il nostro compito è quello di orientare, nei limiti del possibile, le politiche aziendali per portarle là dove vogliono i cittadini – insieme elettori e consumatori – che ci hanno votato. E qui sta il nodo più complicato e difficile da sciogliere: perché il grande disegno nato con Hera – la nascita di un’impresa pubblica capace di migliorare la qualità dei servizi, di contenere le tariffe e soprattutto di essere, per i territori, una sorta di grande “braccio secolare” -, nella prassi, o almeno nella prassi che ho vissuto io in questi anni, si è tradotto in una subalternità permanente ad un management aziendale di prim’ordine, dotato di forza contrattuale e di “saperi” che, ormai, le amministrazioni locali non posseggono più. Questa asimmetria informativa fa sì che le negoziazioni fra territori ed Hera, almeno per i territori “piccoli azionisti” (ma, come noi, “medi clienti”) non siano di carattere generale o d’indirizzo – come dovrebbe accadere – ma si esauriscano sovente nel piccolo cabotaggio delle piccole, eppure importanti cose, come impianti e tariffe e reti: solo che il piccolo cabotaggio delle piccole cose è fattibile e produttivo se, alle spalle, ci sono obiettivi chiari e condivisi da parte degli azionisti pubblici e dell’azienda: se gli obiettivi sono diversi, il cabotaggio diventa un bagno di sangue, i costi schizzano alle stelle, i contributi richiesti alle realtà locali non bastano mai a garantire la “transizione” da un sistema all’altro, che costerà sempre troppo per le nostre tasche. E così dovremmo rimanere dove siamo".

UN SEGNALE - "Alla fine - conclude Balzani -  abbiamo dovuto dare ragione a Upton Sinclair, che diceva: “E’ difficile far capire qualcosa a un uomo quando il suo salario dipende dal non capirla”. Ecco perché crediamo che un segnale, un segnale da parte dei cittadini e della politica che li rappresenta, vada dato. Un piccolo segnale, che fra l’altro è senza conseguenze pratiche: il consiglio comunale dà mandato al sindaco di votar contro il progetto di fusione Hera-Acegas nel patto di sindacato dei soci pubblici, il quale delibererà a maggioranza di votare sì alla fusione (con l’obbligo, per tutti i sottoscrittori del patto, di adeguarsi alla decisione. Se no, che patto sarebbe?).

NON E' DEMAGOGIA - "Un niente nel grande panorama degli azionisti, pubblici e privati - osserva ancora Balzani -. E neanche un atto demagogico, perché sono io il primo a dire che, sul terreno industriale e societario, il nostro pronunciamento sarà irrilevante. Sul piano politico, però, no. Noi intendiamo dire, con chiarezza, ai nostri amici soci pubblici che quest’ampliamento della base sociale rafforzerà il capitale, ma renderà ancora più problematici i rapporti fra management e territori emiliano-romagnoli, fra l’altro diluiti nelle percentuali; e che ciò indurrà l’azienda, una grande spa quotata in borsa, a muoversi secondo logiche privatistiche ancora più marcate di quanto oggi non avvenga". Il processo che abbiamo davanti è chiaro: perché demistificarlo? Questo è il nostro scopo".

NIENTE ALIBI - "Dare un segnale politico preciso - rincalza Balzani -, perché non vi siano più alibi: perché è impensabile che la politica sull’ambiente e sui rifiuti, ovunque - a Napoli, a Roma, a Forlì e in Emilia-Romagna -, non sia il prodotto della riflessione e dell’impegno di chi è eletto a questo scopo, pro tempore, dai cittadini. Il quale dovrà dotarsi di strumenti adeguati per la programmazione e la regolazione (che oggi possiede spesso in misura del tutto insufficiente). E perché si chieda alle forze politiche, a tutte le forze politiche, un atto di chiarezza e di coerenza fra quello che si promette il giorno delle elezioni per ottenere il consenso, quello che si dice nei convegni, e quello che poi materialmente si pratica, nelle sedi in cui le politiche debbono essere individuate ed assunte. Noi non ci illudiamo: non finirà come ne “Il ruggito del topo”, un celebre film satirico e pacifista con Peter Sellers. Resteremo topi, e buonanotte. Ma topi liberi pensatori e liberi attori, sì. Almeno questo".

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