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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica

Intervista all'ex segretario Pd Marco Di Maio: "Finalmente i giovani non sono più in panchina"

Intervista a Marco Di Maio, giovane deputato forlivese che in questi giorni ha ceduto il testimone alla guida del Partito Democratico forlivese dopo quattro di segreteria

Marco Di Maio, parlamentare dal 5 marzo scorso, ha lasciato il ruolo di segretario territoriale del Pd forlivese dopo quasi quattro anni. Al suo posto è arrivata la giovane Valentina Ancarani, che da lunedì sera ha ufficialmente preso in mano la guida dei democratici forlivesi, dopo aver vinto il congresso locale con il 52% (contro il 33,5% di Mirko Betti e il 14,5% di Alessandra Biondi). "Penso che sia la persona giusta, anche per il momento che stiamo attraversando, perchè è preparata, viene dalla 'gavetta' dei circoli, del volontariato alle Feste dell'Unità, sa cosa comporta il ruolo che andrà a ricoprire", afferma Di Maio a ForliToday-RomagnaOggi.it.

Con lei i giovani sono tornati protagonisti nella politica: lo considera un successo per la sua gestione?
Valentina Ancarani è stata eletta segretaria, è la prima volta che una donna (di 35 anni) viene scelta alla guida del principale partito a Forlì. Non era mai accaduto. Così come non è mai successo che chi lascia, cede spazio non a una persona, ma ad una folta schiera di 20-40enni. Il vero successo è questo, aver dato a quelle “generazioni fantasma” costrette in questi anni a stare in panchina in attesa del loro momento (che non arrivava mai), la possibilità di mettersi in gioco. In prima persona, senza padrini, senza scorciatoie. Così molte ragazze e ragazzi sono divenuti consiglieri comunali, capogruppo, assessori, segretari di circolo o, come nel caso di Valentina, segretario del principale partito del territorio forlivese. Mi auguro che questa energia ‘contamini’ tutti gli ambiti della società forlivese.

Ha qualche sassolino dalla scarpa da togliersi?
Ne avrei molti, ma non è nel mio stile gettare in pubblico le mie valutazioni sulle beghe interne alla vita di un partito (che diciamo la verità, interessano a pochi addetti ai lavori). Da un certo punto di vista, tensioni e polemiche sono perfino naturali dentro un partito grande come il Partito Democratico, che a Forlì rappresenta oltre un terzo degli elettori, esprime moltissimi sindaci, assessori, consiglieri comunali e ha responsabilità molto importanti. E’ normale che ci siano i ‘sabotatori’, l’importante è che non divengano maggioranza. Metterò i miei sassolini in un apposito 'contenitore' che prima o poi svuoterò, nei modi e nelle forme opportune. Bisogna guardare avanti e lavorare per il futuro, lavorare per le persone, per le aziende che soffrono e per quelle che vogliono investire, per la nostra città e i comuni del nostro comprensorio.

Lei ha sempre battuto sul tasto del "rinnovamento", ma non ad ogni costo; è convinto che questo sia sufficiente per rilanciare il PD forlivese e la politica in generale?
Un’organizzazione, un partito, una comunità non possono vivere solo di parole chiave, di slogan e di suggestioni. Bisogna avere anche la capacità di produrre proposte, contenuti e parlare alla 'società reale', non solo a se stessi. La sfida è questa e per vincerla c'è bisogno sicuramente di energie fresche, ma anche di chi ha voglia di mettere a disposizione la propria esperienza senza chiedere nulla in cambio. A Forlì abbiamo cercato di fare questo e, almeno in parte, ci siamo riusciti.

Attualmente cosa manca al Pd forlivese?
La compattezza: che è diversa dall’unanimità. Abbiamo vissuto anni in cui ogni decisione veniva presa all'unanimità, a Roma, come a Bologna, come a Forlì. Poi un minuto dopo partivano le trame sotterranee, “per far fuori” questo o quello, per indebolire, per logorare. Ne abbiamo avuto un esempio lampante dopo la sconfitta elettorale del febbraio scorso: guardate cosa è successo quando si è votato all'unanimità per la candidatura di Romano Prodi per il Quirinale. Non abbiamo bisogno di finto unanimismo, ma di confrontare posizioni diverse, discutere e decidere: e una volta deciso, tutti si devono riconoscere nella decisione presa e in chi la deve rappresentare. E’ importante, però, che si discuta e si decida sulle cose importanti, sui problemi delle persone, sulle cose da fare per servire al meglio il nostro territorio, le nostre imprese, le nostre famiglie.

Cede il testimone a Valentina Ancarani. Che opinione ha del suo successore e che consigli si sente di rivolgerle?
Penso che sia la persona giusta, anche per il momento che stiamo attraversando, perchè è preparata, viene dalla 'gavetta' dei circoli, del volontariato alle Feste dell'Unità, sa cosa comporta il ruolo che andrà a ricoprire. E soprattutto viene dalla ‘gavetta’ della vita reale, quella di tutti i giorni: quella dei precari a 35 anni, pur con laurea, dottorato e master; quella delle famiglie che faticano ad arrivare a fine mese; quella dell'angoscia per il futuro; quella di chi nonostante tutto non si rassegna e si mette in gioco per tentare di cambiare le cose. L’unico consiglio che mi sento di darle è quello di non soffermarsi a lungo sulle questioni interne, ma di rivolgersi prima di tutto alle persone, ai cittadini, alle imprese, che si aspettano da noi attenzione e risposte.

Forlì non sta vivendo un periodo facile. Come vede il futuro della sua città?
Non sta vivendo un periodo facile Forlì, come non lo stanno vivendo i Comuni del nostro comprensorio e la Romagna nel suo complesso. Il futuro lo dobbiamo costruire insieme, dove per "noi" intendo noi tutti, tutti i forlivesi. Abbandonando il solo esercizio critico e sprigionando idee, energie, proposte, opportunità. Credo sia fondamentale mettere a punto un piano straordinario per attrarre nuovi investimenti sul territorio, difendere le nostre aziende, generare posti di lavoro; potenziare la nostra offerta educativa; migliorare i nostri collegamenti viari, pensando soprattutto all’ampliamento dell’offerta ferroviaria e al collegamento verso Ravenna e verso la Toscana (a partire dalla Ss67).

Si fa presto a dire Romagna: ma non le sembra che l’idea di unire questo territorio, che noi come giornale abbiamo cominciato a promuovere fin dal 2004, si sia ormai arenata sui campanilismi?
Forlì per prima ha lanciato l’idea di unire le tre province romagnole per farne una sola. Come Partito Democratico, due anni fa proposi in Direzione regionale la costituzione di un coordinamento romagnolo del PD: all’epoca si disse che era poco più che una baggianata, oggi vedo che invece in tanti si dicono d’accordo. Questo mi fa piacere e mi fa essere ottimista. Bisogna, però, abbandonare gli egoismi territoriali e mettere in campo un progetto che guarda al futuro e attraversi i gangli vitali della vita dei romagnoli: non solo sanità, ma anche trasporti, ambiente, viabilità, economia, cultura, servizi sociali e una diversa articolazione dei nostri Comuni.

Il sindaco di Forlì, Roberto Balzani, si ricandiderà?
E' una sua scelta, non mi permetto di rispondere per lui. Mi limito a dire che se fossi in lui lo farei.

E Marco Di Maio? Cosa farà da grande?
Non credo che ai lettori importi molto del mio destino personale… Comunque ora sono concentrato nel cercare di fare al meglio ciò per cui sono stato eletto, ossia servire il nostro Paese e il nostro territorio. Il futuro è incerto per tutti, anche per me.

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