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L'ex parlamentare Pedulli: "Le carte in mano al Pd"

"algrado la mancata vittoria alle elezioni politiche, è Pd il Presidente del Consiglio e nei sondaggi è tornato primo partito, ben al di sopra del voto ottenuto alle politiche."

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ForlìToday

Entro l’anno è previsto il congresso nazionale del Pd, destinato a segnarne il futuro. Partendo da uno stato di fatto tutt’altro che di disfacimento. Malgrado la mancata vittoria alle elezioni politiche, è Pd il Presidente del Consiglio e nei sondaggi è tornato primo partito, ben al di sopra del voto ottenuto alle politiche.

Il Pdl è alle prese con le scadenze processuali di Berlusconi e una mutazione genetica profonda.

Il M5S è assorbito dallo scontro fra chi difende l’autoritarismo di Grillo e chi pensava ad un Movimento innovativo, capace di proposte di cambiamento e più rispettoso del pluralismo e del dissenso.

In questo contesto, il Pd è chiamato a rispondere ad una domanda sostanziale: qual’é la sua identità e come renderla effettiva. Le regole debbono servire a questo.

In sostanza, si confronteranno due linee alternative. Il Pd deve essere un Partito, con una sua identità, una sua connotazione di forza di sinistra, parte integrante del socialismo europeo?, oppure deve essere uno strumento destrutturato, leggero, al servizio del leader di turno, con un carattere di soggetto flessibile che si adatta ai fenomeni prevalenti della società complessa?

E’ una diversità di alto profilo, poiché prescinde dai personalismi, anche se ogni linea è identificata con delle persone fisiche concrete, e si interroga sui grandi processi che attraversano questa epoca travagliata.

Personalmente sostengo la prima ipotesi. Malgrado tutto, credo che proprio la complessità della situazione presente reclami il bisogno che ci sia un moderno Partito politico di sinistra, che abbia un solido ancoraggio ai principi di giustizia, di solidarietà, di universalismo, che sono propri del pensiero della sinistra riformista e riformatrice italiana ed europea.

Se questo è il nodo da sciogliere, la questione delle regole non è banale.

Anzitutto ritengo vada modificato, in forma definitiva, lo Statuto che prevede l’automatismo fra Segretario del Pd e candidato unico Premier per il Governo.

Si tratta di una scelta di fondo. La distinzione, infatti, rompe con l’ipotesi, assunta nell’epoca veltroniana, sostenuta acriticamente per il panico conseguente al fallimento dell’Unione e del Governo Prodi, che presuppone un sistema bipartitico e presidenzialista. L’esperienza ha dimostrato che in Italia tutto ciò è impensabile.

Fissata questa distinzione, tutto il resto ne consegue, naturalmente.

Le regole per la scelta del Segretario del Partito e del candidato Premier, non possono essere identiche.

Se il partito politico è un soggetto non assorbibile dal solo ruolo governativo, è evidente che i percorsi debbono essere diversi.

Un partito politico ha un peso e un senso se è sostenuto da un consistente numero di aderenti. Ma gli aderenti ad un partito politico, sono da lui attratti e motivati se percepiscono di contare. Oggi ho conoscenza di tante persone che sono incerte se rinnovare la tessera del Pd proprio per questa ragione.

Ne consegue che un iscritto al partito deve avere dei “diritti esclusivi” o ”prevalenti”, rispetto al suo elettorato, altrimenti non ha ragioni per aderirvi. Se i suoi diritti sono uguali a quelli dei sostenitori, lo scenario cambia completamente.

Andando al sodo, la distinzione che sostengo, presuppone che il Segretario del partito vada scelto con procedura diversa rispetto a quella del candidato Premier.

Sono un convinto sostenitore dell’apertura, non dell’anarchia, ma con sistemi regolati. Non mi convince l’apertura in sé, partecipi chi vuole, poiché l’esperienza non rafforza o legittima questa opzione. I milioni di votanti per Bersani, non hanno garantito la vittoria elettorale. Veltroni, addirittura, è stato sconfitto. Perché non tenerne conto? Le elezioni si vincono soprattutto se si ha un progetto credibile e concreto per il Paese.

Per questo ritengo che all’elezione dei segretari del Pd, a livello territoriale e regionale, debbano partecipare esclusivamente gli iscritti al Pd.

Per quanto riguarda il Segretario nazionale, oltre agli iscritti possono partecipare, in primarie aperte, gli iscritti e quanti si iscrivano ad un Albo dei sostenitori del partito, fino al giorno stesso del voto.

Per la scelta del candidato Premier, invece, considerato anche il profondo cambiamento in atto negli orientamenti elettorali, ritengo che siano giuste primarie aperte a tutti coloro che lo vogliano.

Sono convinto che tutto ciò non supererà le contraddizioni registrate in questi anni. Ma sono altrettanto convinto che, almeno, si dà un senso a quello che si fa.

Altre opzioni sono rispettabili. Ma non mi appartengono.

giuliano pedulli

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