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Santa Sofia, la consigliera Golfarelli: "Il Premio Campigna più calato nel territorio"

"Avvicinarsi artisticamente ad un territorio come quello santasofiese non è affatto cosa facile perché il passato di questi luoghi è denso di una memoria così profonda"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ForlìToday

Si è inaugurata domenica pomeriggio la 57esima edizione del Premio Campigna e, come sempre, emoziona vedere come l'arte faccia parte di noi e del nostro quotidiano creando quel ponte immaginario che, più di quello che siamo disposti ad ammettere, ci mette in relazione con noi stessi e l'altro. Ed è soprattutto nel suo ruolo di estraniazione che oggi avvicinarci alla bellezza ci immunizza dalla triste
omologazione cui la realtà vorrebbe rinchiuderci. E' quindi indubbio che la mostra di De Mitri, avvolgendoci nella seducente atmosfera blu delle sue opere, ci affascina e ci rapisce perché presi nell'ipnotica traiettoria dei silenti battiti d'ali che le sue stilizzate farfalle tracciano (seppur non rappresentino alcuna vera novità). Un viaggio suggestivo che, introdotto dalle colte e appassionate parole di Renato Barilli (che con grande onestà morale non si è negato neppure la piccola critica ai tecnici comunali rei di avere “obbligato” l'installazione site specific ad uno spazio troppo circoscritto), ha offerto, a questo ultimo Premio Campigna, l'opera di un artista che attraverso un percorso decorativo ci ha trasportati in un magico non luogo denso di suggestioni.

Nulla da eccepire, quindi, sulla scelta della mostra che nei tanti richiami all'acqua contestualizza più il rapporto dell'artista con il suo territorio che una reale complicità con Santa Sofia, ma sicuramente qualcosa di più e di diverso si poteva fare perché questo respiro di leggerezza potesse entrare in relazione con la nostra realtà ambientale. Quando si realizza un progetto così ambizioso, infatti, non sempre è necessario coinvolgerlo nel territorio e nella storia delle persone che lo ospitano, ma la filosofia del Premio Campigna sappiamo bene noi tutti che vive la sua profonda e radicale essenza proprio nei luoghi che lo hanno visto nascere e nel rapporto che l'arte voleva intrecciare con le persone. Mi chiedo, quindi, come mai, anziché rafforzare questo importante concetto/precetto, nel tempo, si sia invece perso. La comunità di Santa Sofia non sente più il Campigna vicino, ma un forestiero che invade pacificamente i suoi spazi tessendo una distanza fra l'artista e lo spazio che va ad abitare con le sue opere, difficile da colmare. Mi concedo questa spassionata/disillusa considerazione perché sono profondamente legata al Premio Campigna (anche grazie al racconto avvincente che me ne faceva Luciano Foglietta) e credo che ci sia bisogno di tornare a viverlo come un evento di punta  che coinvolge tutto il paese in una performance in continuo movimento capace di amplificare come un'onda sonora lo spettro delle sue vibrazioni portando un sempre maggior numero di visitatori a condividerlo.

Avvicinarsi artisticamente ad un territorio come quello santasofiese non è affatto cosa facile perché il passato di questi luoghi è denso di una memoria così profonda e prestigiosa in ambito artistico e culturale che cercare di bissarla con un presente dove le difficoltà spesso vanificano ogni reale progettualità non rappresenta una sfida da poco. Desidero quindi riconoscere la mia più profonda stima a quanti si spendono e lavorano affinché il Premio Campigna possa ogni anno continuare ad esistere, senza negarmi che forse avvicinarsi maggiormente alle persone sarebbe un percorso auspicabile alla riuscita di questo importante evento. De Mitri ha portato a Santa Sofia la sua terra, l'Europa e il suo rapporto con l'acqua mentre la leggiadria delle sue farfalle si è posata sulla riva del fiume (e in un fitto volo in Galleria) senza che nessuna peculiarità avesse sottolineato la straordinaria bellezza che andava ad abitare.

Mi auguro che sappiano meglio entrare in contatto con il territorio e con le persone i ragazzi che seguiranno il workshop perché entrando dentro alla Milleluci hanno immediatamente avvertito l'anima di un luogo che può divenire la terra di mezzo capace di mettere in relazione l'ambiente e le energie creative dell'arte. Quello che manca al Premio Campigna è, infatti, proprio l'ascolto di ciò in cui è calato che non è affatto neutro né senza personalità e non può prescindere dalla partecipazione dei santasofiesi alla sua realizzazione. L'arte deve rappresentare lo strumento di  dialogo e comunicazione capace di fondersi e di contestualizzarsi con questa meravigliosa terra di confine (fra Romagna e Toscana) e con i suoi abitanti, desiderosi di viversela in un contesto di ideale partecipazione attiva. Ripensando che a volte quell'erba del vicino, che tanto ci attrae, può essere meno interessante
di quella del nostro giardino, che è un territorio dove il talento artistico è vissuto con  grande intensità e impegno. Elementi imprescindibili per la crescita di ogni individuo e di ogni comunità.


La Consigliera comunale Angelamaria Golfarelli 

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