"Il dibattito riaperto in questi giorni su Piazza Guido da Montefeltro mette a confronto, prima di tutto, due correnti di pensiero che interpretano diversamente un'opera la cui unicità ha aperto da tempo una importante e significativa iniziativa a sostegno dell’opera di Sacripanti nella Facoltà di Architettura Valle Giulia di Roma. Non è semplicemente il bello o il brutto  con cui ci confrontiamo, non è solo il richiamo al cemento e al piccone, è la necessità di vedere la città come espressione differenziata delle sue trasformazioni anche conflittuali avvenute nel tempo , dalle sue origini romane allo Stato Pontificio, all’occupazione napoleonica ed al Regno d’Italia, al ventennio fascista, al 900 industriale ed alla ricostruzione.

Comunque la si pensi non può essere trascurata l’esistenza di un importante lettura architettonica di quell’opera e, ancor più,  con l’etica necessaria nel governo della cosa pubblica, non si può non tener conto dell’investimento  di denaro pubblico per demolire un’opera che ha richiesto già nella realizzazione un rilevante impegno finanziario. Forse le priorità sono altre in periodi di ristrettezze economiche e finanziarie e, forse, sarebbe bene ricominciare a ripensare quel luogo complementare al sovrastante S. Domenico riqualificandolo rispetto allo stato di abbandono e di degrado senza trascurare che molto altro è un ingombro in quell’area cosi importante culturalmente,  a partire dal palazzo dell’Enel".