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Variante al centro storico, Morgagni (Forlì & Co): "Tanti nodi da sciogliere"

"Il fine proclamato delle tre varianti - ricorda l'esponente dell'opposizione - è quello di migliorare la qualità abitativa e la sicurezza della città"

Serie di punti interrogativi del capogruppo in Consiglio comunale di "Forlì & co" Federico Morgagni sulla variante al Poc ed al Regolamento urbanistico edilizio relativa alle zone del Centro storico, del Villaggio Matteotti e ad immobili diffusi sul territorio. "Il fine proclamato delle tre varianti - ricorda l'esponente dell'opposizione - è quello di migliorare la qualità abitativa e la sicurezza della città. Si tratta di un obiettivo condivisibile, così come lo è l'impegno a favorire la rigenerazione degli edifici, allo scopo di permettere la loro ri-funzionalizzazione ai bisogni dell’abitare odierno e per renderli più sicuri sotto il profilo antisismico e dell'efficienza energetica. Tuttavia non ci sono solo i fini, ma anche i modi per raggiungerli. E, a nostro avviso, la variante presenta rilevanti nodi da sciogliere su cui però - nonostante alcune incoraggianti iniziali dichiarazioni di intenti - la maggioranza non è stata disponibile ad aprire un vero confronto".

Sul Centro storico, si sofferma Morgagni, "un primo tema riguarda la classificazione degli edifici interessati dall'intervento, che a nostro avviso sarebbe dovuta avvenire in maniera meno rapida e arricchendo qualitativamente i parametri di analisi delle singole unità immobiliari, con particolare riferimento alla tipologia interna. Ci pare che solo definendo una griglia di analisi più chiara e puntuale si possa garantire una scelta meno soggettiva su quali riclassificare fra la centinaia di unità prese in esame. Il tema centrale da chiarire è però quello sismico e strutturale. Il parere del Comitato tecnico scientifico regionale è chiaro nel mettere in guardia il Comune rispetto al rischio di una alterazione degli equilibri statici consolidati nel tempo tra gli edifici confinanti, qualora si vada ad operare la demolizione e la ricostruzione di singole unità, in modo temporalmente sfalsato tra di loro. Il pericolo di autorizzazioni indiscriminate è quello di generare continui contenziosi fra i proprietari e, addirittura, rendere gli edifici allineati meno resistenti alle sollecitazioni sismiche. Soprattutto, il decisore pubblico ha la responsabilità di evitare di alimentare la confusione fra i cittadini-proprietari, che possono essere indotti a pensare che ogni unità immobiliare faccia storia a sé, senza preoccuparsi delle conseguenze strutturali indotte sugli edifici adiacenti".

"La Giunta, prima del voto definitivo sulla variante, deve confrontarsi con i tecnici della Regione che si occupano della materia sismica, per definire con chiarezza la vicenda - evidenzia -. Da ultimo, è necessario farsi carico del fondamentale presupposto che gli interventi edilizi in centro storico non possono limitarsi a tenere in considerazione solo le caratteristiche del singolo edificio, ma devono essere fatti valutando tutto il contesto urbanistico e architettonico circostante. In merito al Villaggio Matteotti, ogni seria valutazione non può prescindere da una più ampia riflessione sul valore storico di questo insediamento urbanistico risalente al Ventennio, a maggior ragione visto che da anni è in atto un grande sforzo per valorizzare le testimonianze dell’architettura razionalista presenti in città. Il Villaggio Matteotti dovrebbe quindi essere considerato, prima ancora che sul piano edilizio, sul piano storico-urbanistico per valutare se le compromissioni edilizie che hanno interessato parte degli edifici siano tali da pregiudicarne il significato testimoniale, coinvolgendo a tale scopo esperti di livello nazionale dell'architettura e urbanistica del razionalismo".

"Vi è poi la parte riservata agli immobili di pregio storico e testimoniale diffusi nel territorio agricolo - prosegue -. Rispetto agli interventi su queste strutture, riteniamo necessario precisare meglio i criteri per l'individuazione degli edifici da riqualificare, sia perché la variante concede dei consistenti incrementi volumetrici, sia per le evidenti problematiche che si possono generare trasformando in civili abitazioni, senza alcun rapporto con le attività agricole circostanti, immobili sparsi nella campagna e sganciati dal resto del tessuto urbanistico presente. Questa parte della variante sembra molto lontana dal favorire gli obiettivi dichiarati. Si parla di “città compatta” e di arresto del consumo di suolo ma, nei fatti, si concedono in via potenziale incrementi volumetrici non trascurabili, trasformando la classificazione della maggioranza dei 350 immobili in zone di completamento edilizio a carattere residenziale. Il tutto in territori in gran parte destinati all’agricoltura, dove per ri-funzionalizzare a favore della residenza un edificio agricolo occorrerà inevitabilmente realizzare strade e opere di urbanizzazione, con dei costi che, nel tempo, ricadranno sul Comune in maniera maggiore di quanto ricaverà dagli oneri di urbanizzazione. Per approvare una proposta del genere, è indispensabile approfondire diversi aspetti".

Conclude Morgagni: "In primo luogo i criteri della scelta degli edifici da classificare e quanti di essi siano posti all’interno di contesti urbanizzati già presenti. Va inoltre sciolto il nodo del tipo di rapporto che si prevede tra gli edifici situati in contesti rurali, una volta ristrutturati a fini residenziali, e le zone agricole adiacenti, tenuto conto che la convivenza è spesso difficile. Sono poi necessarie analisi preliminari per stimare i bisogni dei nuovi cittadini di queste unità immobiliari, a partire da una valutazione dell'incremento massimo potenziale dei nuovi residenti a seguito della riclassificazione e considerare l'entità dei costi derivanti dalla realizzazione dei servizi da parte del Comune".

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