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Storie della Resistenza, esperienze di vita e morte: i racconti del partigiano e della staffetta

Forlitoday.it ha ascoltato l'ex staffetta partigiana Amalia Geminiani, 96 anni, ospite della casa di riposo di Terra del Sole, originaria di Alfonsine, trasferitasi a Castrocaro “per lavoro e per amore” e l'ex partigiano Sergio Giammarchi, 95enne forlivese

Il territorio forlivese custodisce la memoria della Resistenza anche grazie ad alcuni testimoni diretti, che si prodigano  tutt'oggi nel raccontare la loro vita. Forlitoday.it ha ascoltato l'ex staffetta partigiana Amalia Geminiani, 96 anni, ospite della casa di riposo di Terra del Sole, originaria di Alfonsine, trasferitasi a Castrocaro “per lavoro e per amore” e l'ex partigiano Sergio Giammarchi, 95enne forlivese.  Menti lucide, che ricordano nei dettagli quello che hanno vissuto quando erano poco più che adolescenti, sensazioni, emozioni, dolore. 

Amalia si definisce “una resistente”  e ricorda che “la memoria è vita, ma piano piano il fisico ti abbandona, se ho ancora questo spirito è perchè vivo della mia vita di allora. Parlo anche per quelli che non hanno più memoria e non ci sono più”. Per lei la Resistenza oggi significa: “L'importanza della nostra vita in più di 70 anni di serenità, l'Italia non è mai più entrata in guerra, la Resistenza ci ha portato la libertà”. Fu staffetta partigiana quando aveva 17 anni, si occupava dei viveri e, dopo avere fatto un corso all'ospedale, anche di punture e medicazioni: “Eravamo nella casa di mio zio, che ospitava i rappresentati di tanti partiti, che io non conoscevo. Ho curato partigiani e soldati e ricordo un militare ferito che gridava 'non vedrò più i mei figli', io lo tranquillizzai, non potevo fare altro”. Ricorda poi l'aprile del 1945: “Quando mi dissero che era finita la guerra, io risposi che per me la guerra iniziava adesso: avevo perso tutto, il mio fidanzato che morì 10 giorni prima della Liberazione, mio padre, la mia casa”. Ma il 25 aprile :“dobbiamo festeggiarlo, perchè è finita la guerra e dalla Resisistenza è nata la Costituzione. Il 25 aprile ci ha portato la pace, il sole della libertà”.

Un messaggio ai giovani: “Quando andavo nelle scuole parlavo poco della guerra, perchè mi ha portato via anche l'anima,  ma dicevo sempre ai ragazzi di studiare per capire cosa scegliere di fare nella vita”. L'ex staffetta partigiana ha scritto anche al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “Quando andava nelle case di riposo dove c'erano stati dei morti, gli ho scritto che la nostra casa è sana e pulita e l'ho invitato a venirci a trovare.  Quando è scoppiato questo virus ho tirato fuori la grinta dei miei 17 anni ed ho pensato che, se abbiamo sconfitto i fascisti,  possiamo vincere anche questo nemico che non si vede. Mi sono salvata dalla pazzia, ho tirati fuori l'uncinetto, ho fatto un berretto rosso, un sciarpa, il fazzoletto dell'Udi (Unione donne italiane ndr)”. 

Sergio Giammarchi si definisce ancora oggi “un partigiano del Battaglione Corbari con Casadei Adriano, Silvio Corbari, Iris Versari e i fratelli Spazzoli. Del battaglione, ancora in vita, c'è anche Bulzoni Artibano, che compie gli anni poco prima di me”. Giammarchi, che ha raccontato la sua storia in un libro, ha combattuto 17enne: “Io sono andato in montagna, sono andato a combattere contro i nazifascisti, che hanno sempre fatto la guerra”. Poi ricorda lucidamente i fatti del 24 marzo del 1944 di via della Ripa. “Io abitavo nell'angolo della via Morattini, mia mamma aveva la bottega di generi alimentari e le dissero che quei poveri ragazzi andavano a morire. Io mi sono recato lì ed ho assistito a tutto, sono usciti 4 soldati, gli ho chiesto cosa era successo, solo uno parlò, gli altri piangevano”. La storia è nota, grazie alle testimonianze di chi c'era, come Giammarchi. Dopo che 5 giovani militari furono giudicati renitenti alla leva, scattò la condanna a morte. “Li hanno messi al muro nella caserma  ed  i fascisti hanno dato ordine ai loro compagni soldati di sparare, questi cercarono di sparare in aria, di lato, per non ucciderli, ma dietro di loro i fascisti gli puntavano il mitra alla schiena - continua Giammarchi -. Al tenente fu così dato l'ordine di dare il colpo di grazia, ma lui fece due passi e cadde a terra, era amareggiato. Portarono poi i corpi al cimitero in un camion, ma il cimitero era chiuso e  il direttore non li accetto perchè non avevano la cassa. Così i soldati si recarono da Scardovi, per rimediare, e riportarono i corpi al cimitero nelle casse”.

Per Giammarchi la Resistenza oggi è: “Lottare sempre contro la guerra, per la pace per la libertà e per la Costituzione.  Per me il 25 aprile è una giornata eccezionale. Domenica sarò in piazza, accompagnato da mia figlia”. Mentre ai giovani vuole dire di “lottare sempre per la pace, la guerra è la più brutta cosa che ci possa essere. E' importante sempre trovare un accordo, sentirsi liberi di pensarla diversamente, perchè voglio che questa democrazia, con tutti i suoi difetti, perchè ne ha, resti là”. 


 

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