"Negato il servizio di trasporto scolastico, Forlì non è una città per madri"
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Questa è la testimonianza diretta di una madre come tante, che si divide faticosamente tra lavoro e genitorialità e che, malgrado tante dichiarazioni d'intenti, deve andare avanti contando sulle proprie risorse, senza trovare alcun supporto nei pubblici servizi. Alla base della mia decisione, dopo la laurea, di trasferirmi da Roma in Romagna, c'era la convinzione di aver trovato qui il posto migliore in Italia dove far crescere un bambino. Mai avrei potuto immaginare che, alla prova del nove, il mio mito romagnolo si sarebbe sgretolato proprio cozzando contro due grandi pilastri su cui si fonda, in maniera imprescindibile, la società civile: il diritto all'educazione e allo studio e il diritto delle donne a non dover scegliere tra maternità e lavoro. Ma tant'è, mi sto rendendo conto, ora che mio figlio ha cinque anni, che se lavori e non hai almeno un nonno a tua disposizione, in buone condizioni di salute e automunito, da ‘schiavizzare’ per nove/dieci mesi all’anno, trovare una scuola primaria che vada incontro alle tue esigenze può rivelarsi un' impresa ardua
"E' che lei ha proprio una situazione atipica, molto complessa": questo mi è stato detto da una signora, peraltro gentilissima, dello Sportello Unico Dei Servizi Educativi E Scolastici del Comune di Forlì. In effetti: sono un’immigrata di prima generazione. Ergo, non ho il supporto della famiglia d’origine nell’accudimento della prole. Sono immigrata si, ma da Roma, che ha tanti, tanti problemi, ma non è il Burundi, forse per questa ragione ritenevo, ingenuamente, fosse scontato che ad ogni bambino fosse dovuta la possibilità di andare a scuola vicino casa sua e, se vicino la scuola non c’è, che il Comune si organizzasse per offrire un adeguato servizio di trasporto scolastico. Ho fatto un figlio con un romagnolo, ma orfano, e quindi noi nonni di prossimità non ne abbiamo. Se ne avessimo, sarebbe davvero un enorme aiuto, pratico e psicologico, in tutti i casi in cui c’è un’emergenza. Tuttavia, il pelo sullo stomaco di chiedere assistenza cinque giorni a settimana, per due o tre lustri, ad altri, condizionandone la vita, francamente non so se l'avrei avuto.
Lavoro, almeno per il momento. Ma nel 2021, in questo emisfero terrestre, non è atipico. Lavoro appunto. A 40 km da casa, in altra provincia, affrontando ogni giorno un percorso a ostacoli tra traffico, manutenzioni stradali di varia natura e entità, incidenti random, mietitrebbie se stagione, nebbia se stagione, automobilisti inetti e pirati della strada, e via discorrendo… - L’altra metà della mela lavora in giro per l’Italia quando va bene, per il Mondo quando va male, variando destinazione più o meno ogni anno. Quindi, nella gestione ordinaria, sono ragazza madre. Viviamo in campagna, ma non proprio campagna, una via di mezzo, un po’ troppo vicino alla città per avere accesso ad alcune prestazioni a beneficio di chi risiede sperso nella larga, troppo campagna per avere pratico accesso ai servizi primari. In pratica, senza macchina è la morte civile. Pur rendendomi conto che la mia condizione è particolarmente disagiata, la riflessione che faccio è che ci si vuol sforzare ben poco a porsi come obbiettivo la pianificazione di servizi per la famiglia del Mulino Bianco, con il lavoro dietro casa, in cui uno o entrambi i genitori hanno la possibilità di rientrare a casa per pranzo, e magari, con i nonni al civico di fronte.
"In effetti suo figlio avrebbe diritto al trasporto scolastico, ma il regolamento non lo prevede". Affermazione che si commenta da sola. "Quest’anno abbiamo avuto pochissime iscrizioni, siamo riusciti a fare solo una prima. Di sicuro è mancata la domanda di chi ha bisogno di un tempo pieno o di un servizio di post-scuola che vada oltre le tre del pomeriggio (dove c'è, le richieste sono sempre in numero superiore ai posti disponibili). "Magari se trova altri 7 bambini nel suo quartiere che richiedono questo servizio si potrebbe provare a istituirlo… Veda un po’…. Ah… no, la mia responsabile dice proprio no…". E questo è un vero peccato, perché la caccia al bambino porta a porta mi era subito sembrata stimolante. Sono piuttosto sconsolata e delusa, ma non rassegnata.