"La Casa natale di Morgagni poteva essere vincolata, un'altra testimonianza della nostra storia andata perduta"
Un'altra testimonianza della nostra storia andata perduta. L'alloggio è conservato nel suo stato autentico e trasmette perfettamente l'atmosfera di quei giorni. La casa fu adibita a museo nel 1960, chiusa per un breve periodo nel 1970 per ristrutturazione e chiusa nuovamente nel 1995, stavolta per una ristrutturazione completa. I lavori durarono circa quattro anni, e nel settembre del 1999 avvenne l’inaugurazione alla presenza delle più alte cariche dello Stato. L’atmosfera all’interno del museo è rimasta inalterata, le stanze sono vuote e in esposizione ci sono documenti risalenti all’epoca, filmati storici, fotografie e oggetti personali. Finita la visita alla casa, è possibile trascorrere del tempo all’interno di un’area multimediale dotata di display interattivi che permettono di rivivere gli avvenimenti e il tipo di vita vissuta in quell’epoca. Nella stessa area sono spesso allestite mostre temporanee a tema.
No, purtroppo non parlo della casa natale di Gian Battista Morgagni, ormai andata perduta sotto i colpi delle benne degli escavatori, ma di un’altra testimonianza di memoria, lontana da noi, ma che resta, pur lontana, un monito per noi tutti, perché certe violenze non abbiano più a ripetersi. Si tratta della casa dove rimase nascosta per oltre due anni, ad Amsterdam, Anna Frank. Non conosco come fosse lo stato di conservazione dell’edificio quando fu deciso di riattarlo e farne un museo, ma certamente, poiché è stato più volte ristrutturato, penso non fosse dei migliori. Ma in questo caso sul facile profitto ha prevalso il dovere di conservare la memoria di quella storia, della memoria di quella sfortunata giovinetta che è divenuta testimone della violenza, della crudeltà nazista; ogni giorno quelle stanze ancora oggi accolgono numerosissimi visitatori di tutte le nazionalità che sentono la necessità di tributare alla memoria di Anna e di tutte le vittime dell’Olocausto, qualche minuto del loro tempo.
Purtroppo non é andata così per la casa natale dell’illustre medico G. B. Morgagni, onorato in tutta Italia e non solo, al quale Forlì diede i natali. Pensavo che per la nostra città i tempi nei quali elementi del passato non avevano alcun valore e non godessero di alcuna attenzione fossero ormai trascorsi: i tempi che videro abbattere le antiche porte, le stesse antiche mura, come fossero ostacoli allo sviluppo del progresso e della stessa città. Allora che dovrebbero dire i romani, i bolognesi, i ferraresi e tanti altri; per le loro città tali testimonianze non sono state freno, anzi sono state strumento di sviluppo del turismo. Proprio poco tempo fa l’amico Agostino Bernucci raccontava, parlando della via Felice Orsini, come il 6 aprile 1905 venne dal Municipio di Forlì indetta un’asta per la vendita al migliore offerente del materiale proveniente dalla demolizione delle mura comprese fra le barriere V. Emanuele e quella Mazzini.
Mi sbagliavo, quei tempi non sono finiti, anzi oggi è il tempo di “qui ed ora” Il concetto che deriva dalla locuzione latina “Hic et nunc”, il motto che riprende il principio del carpe diem di Orazio, vivere nel momento presente, senza alcuna attenzione al passato ed al futuro. Ma come possiamo vivere il presente, programmare il nostro futuro senza conoscere il nostro passato, ciò che ci ha formati; in noi vive il nostro passato, i suoi insegnamenti che ci saranno maestri per costruire, evitando gli antichi errori, il nostro futuro. Ma questa forse è pura utopia di un vecchio sognatore ormai ottantenne. Come diceva l’amico Zelli, certo, l’edificio di cui stiamo parlando era di proprietà privata, in un grave stato di abbandono, ed il progetto che prevede di abbatterlo per sostituirlo con altro più corrispondente alle attuali esigenze è assolutamente rispettoso delle vigenti disposizioni legislative in merito. Certo è triste che a suo tempo, motivata dalla precaria stabilità ed il pericolo per i passanti in caso di caduta, si è anticipata la rimozione della lapide che ricordava la nascita dietro a quelle mura il 25 febbraio 1682 dell’illustre anatomo patologo, come a voler far scomparire ogni traccia del valore culturale dell’immobile, per farne poi rovine!
A questo riguardo vi viene alla mente un altro episodio di indifferenza verso le tracce della memoria della nostra città, quando Mussolini, il Duce, fece derubricare dai vincoli di conservazione delle antiche dimore dei Numai e Pantoli per poterle demolire e fare spazio nel 1938 al Palazzo degli Uffici Statali. Nel tempo, altri prestigiosi edifici pubblici sono stati lasciati decadere per poi venderli “per un ciocco di frusta” a privati, ricordo la sede del Comando della Polizia Locale di corso della Repubblica, che poteva ben essere utilizzato come appendice degli archivi oggi conservati al vicino Palazzo Merenda. Quindi, tirando le somme, siamo ancora una volta di fronte ad un’occasione mancata; certo ad intervenire a salvaguardia di questo luogo di memoria poteva essere l’Amministrazione Comunale, attraverso il relativo Assessorato alla Cultura, mettendo in campo trattative con gli attuali proprietari (sarebbe stato opportuno che lo stesso edificio fosse stato vincolato da parte della Soprintendenza di competenza come prevede il Codice dei Beni Culturali, d. lgs. n. 42 del 2004, quale bene di proprietà privata di interesse culturale) per acquisirne la proprietà, e dopo gli interventi strutturali necessari, farne la Casa Museo di G. B. Morgagni.
Ma il tempo è ormai trascorso e le ruspe hanno fatto il loro lavoro di demolizione, fisico e pure simbolico; consentite a questo vecchio legato alla sua città ed ai valori della stessa questo amaro sfogo; potranno queste considerazioni in futuro evitare altri scempi come questo ? Ci rimane solo di sperare.
Alvaro Lucchi