La toccante testimonianza di un "angelo del fango": "A fine giornata quando cala il silenzio il vuoto riemerge ancora più violento"
Riceviamo e pubblichiamo: "All’inizio della giornata è diverso: tante persone che camminano, gruppi di ragazzi e ragazze numerosi, oppure a coppie, con la pala sulla spalla, abiti sporchi di fango e stivaloni alti fino al ginocchio, chiedono a chiunque se e come possano aiutare. Sento tanti accento diversi, c’è praticamente rappresentata ogni regione d’Italia, se non fosse per un motivo così brutto, verrebbe da gioire per questo nuovo senso di comunanza che pervade le strade.
Offro il mio aiuto, ma non è semplice iniziare: c’è chi dice che è troppo tardi, altri che sono già abbastanza a posto (davvero?) ed altri ancora che dicono che in fondo ce la possono fare anche da soli, di andare ad aiutare chi si trovi davvero nei guai. Ovviamente si riesce infine a trovare qualcuno che abbia bisogno e si inizia a lavorare, incontrando persone e scambiando sguardi d’intesa. Si creano legami forti, pur sapendo che dureranno solamente lo spazio di qualche ora. Arriva l’ora del pranzo e la maggior parte dei volontari si siede al riparo della calura, approfittando di uno dei vari gazebo che distribuiscono panini ed acqua.
A quel punto sono stanco, mi dirigo all’auto per tornare a casa e in quel momento ancora una volta vengo colpito dalla vastità della devastazione, la strada non brulica più di gente e di chiacchiere, c’è silenzio e polvere e cataste di rifiuti, che una settimana fa non erano tali, ma una parte preziosa della vita delle persone di questo quartiere. Sono stravolto, non è il caldo, non è la fatica e neanche la fame, è la sensazione di assenza, il vuoto che per qualche ora è stato riempito, ma ora riemerge ancora più violento. Si può ripartire? Si può dimenticare? Non lo so, ho visto tanto brutto e tanto bello, tutto insieme. Adesso mi riposo un po’".