L’Oratorio di San Sebastiano, a due passi dal complesso museale del San Domenico, è forse l’edificio forlivese che meglio esprime la cultura tecnico-artistica del genio rinascimentale, nato a Forlì nel 1438
C’è tutta la grandezza della nobile famiglia residente per secoli nella dimora rinascimentale di corso Garibaldi, dietro al legame inscindibile della comunità forlivese con la straordinaria scultura di Antonio Canova, conservata al San Domenico.
Mastodontico, ingombrante… Sin dalla sua apparizione nel cuore del centro storico, alle spalle di San Mercuriale, si sono sprecati gli aggettivi per definire il Palazzo di Giustizia di Forlì. Come documentato da Sauro Rocchi e Vittorio Mezzomonaco in “C’era una volta la via Bagnola”, bastarono pochi mesi per annientare due isolati, quando per erigerli erano occorsi dei secoli
La pratica della rimozione della Madonna del Fuoco dalla piazza maggiore, oggi dedicata al triumviro Saffi, fu drasticamente chiusa il 21 ottobre 1909, in seguito all’azione di un gruppo di facinorosi, fra cui il socialista Benito Mussolini, lo stesso che vent’anni dopo, divenuto Capo del Governo fascista, fu fra i promotori del Comitato d’onore per la riedificazione della Colonna in piazza del Duomo.
La singolare palazzina in stile Liberty che si affaccia su viale Vittorio Veneto, è tutto ciò che rimane della storica Officina di Forlì che tanta parte ebbe nell’industrializzazione della città
Rimasto solo nelle cronache del tempo e in qualche fotografia ingiallita rigorosamente in bianco e nero, il voltone Monsignani congiungeva via Maroncelli a Via Dei Mille fino ai primi anni Trenta, quando fu demolito, “probabilmente – scrive Vittorio Mezzomonaco - per dare maggior respiro ad una via (dei Mille) divenuta importante per la presenza dell’Opera Nazionale Balilla”
Le considerazioni “online” dell’arch. Giancarlo Gatta, unite alle ricerche dell’indimenticabile Gilberto Giorgetti, consentono di fare luce su uno degli spazi più indefiniti ed enigmatici del nostro centro storico.
Nata come albergo-ristorante, su progetto di Leonida Emilio Rosetti, la palazzina “liberty”di viale V. Veneto 115, il 13 marzo 1912 ospitò il banchetto offerto a Benito Mussolini dai compagni socialisti per l’avvenuta liberazione dal carcere.
In una stampa ottocentesca appare la scomparsa chiesa di S. Maria della Grata, il cui abside sporgeva su uno spicchio dell’area oggi ricompresa fra le vie Piave, Pelacano e S.Chiara
La storia del Pierantoni ha inizio nel 1931: “In quell’anno – scrive Marco Viroli – l’Istituto Nazionale fascista previdenza sociale avviò i lavori di realizzazione del grande complesso sanatoriale IX Maggio. Il centro si estendeva su una superficie di 36 ettari e i tre vasti padiglioni che lo componevano erano collegati da un corridoio seminterrato, lungo circa mezzo chilometro”
Il 19 maggio 1944 era un venerdì, giorno di mercato. I bombardieri americani piombarono su Forlì alle 9.45, accanendosi sull’area ricompresa fra il “Ponte del Vapore” in via Ravegnana e l’abitato posto fra la vecchia Stazione e Viale Vittorio Veneto, che alla fine apparve come un cumulo di rovine su entrambi i lati
Il 10 dicembre 1944, una bomba ad altissimo potenziale cancella per sempre la quattrocentesca San Biagio in San Girolamo. Si salvarono le prime cinque arcate del portico antistante la chiesa
Storicamente il pittore non vi abitò mai: “Accorto investitore dei suoi guadagni - scrive Vittorio Mezzomonaco nel libro “C’era una volta la Via Bagnola” - comprò soprattutto case, terreni e bestiame”
Erano tanti i forlivesi che, nei decenni a cavallo fra l’800 e il ‘900, si ritrovavano nelle numerose osterie sparse per il centro cittadino. Gianfranco Stella, nella pubblicazione “Quaderni Forlivesi” riferisce che all’epoca siffatti esercizi erano almeno una trentina
Da decenni è uno dei simboli della città. Punto di riferimento per i forlivesi, giovani e non, che si ritrovano nello spiazzo antistante per poi programmare la serata, il possente Icaro di Piazzale della Vittoria si esalta soprattutto in estate.
Manca poco all’avvio del recupero del grande complesso di contrattazione e vendita del bestiame, chiuso dal 1987. L’idea di un luogo privilegiato per l’approvigionamento di carne in Romagna, nasce al tempo dei Romani
Minata dai tedeschi in ritirata unitamente alla torre civica, alla torretta degli Uffici Statali e al campanile di San Mercuriale, la quattrocentesca torre della Cattedrale aveva ceduto alla follia della guerra con le sue quattro campane, nella notte fra l’8 e il 9 novembre 1944
Fino al 1944 tutto filò liscio secondo la destinazione originaria. Poi, al culmine della guerra, con l’Italia del nord occupata militarmente dai tedeschi, le funzioni del brefotrofio cambiarono tragicamente: le sue cantine divennero, infatti, carcere politico e camere di tortura.
Nel curriculum plurisecolare della chiesetta romanica di Sant’Antonio Vecchio compare veramente di tutto: magazzino per foraggio, ricovero per senza tetto e persino sala da ballo. Dal 1954 è Sacrario dei Caduti forlivesi di tutte le guerre
Sulla facciata dell’edificio posto in viale Matteotti 73, c’è una lapide che ricorda il passaggio di Garibaldi da Forlì nel pieno della sua fuga dagli austriaci (la celeberrima Trafila), al termine della Repubblica Romana. Quando il palazzo comparve (l’abitabilità è del luglio 1955), ai forlivesi parve talmente alto che lo ribattezzarono “Il grattacielo”
“Nel 1922 – scrive Marino Mambelli in “900 forlivese, anzi italiano” – al confine con il Giardino Pubblico ebbe inizio la costruzione del grandioso e modernissimo Garage FIAT di Forlì”. L’automobile non era ancora un bene di massa, ma l’esigenza di un servizio d’assistenza alle vetture già circolanti, in gran parte FIAT, si avvertiva.