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Cronaca

"Cardiologia di genere": ecco perché l’infarto colpisce le donne più tardi rispetto all'uomo

L'obiettivo di questo incontro, aperto a tutta la cittadinanza è, dunque, quello di sensibilizzare la comunità scientifica sulle differenze di genere nell'approccio ai disturbi cardiovascolari

Sabato primo ottobre l'Associazione Cardiologica forlivese, in collaborazione con la Fondazione Cardiologica Myriam Zito Sacco, la Fondazione Giovanni Lorenzini, Milano, Fondazione Italiana per il Cuore e con il patrocinio dell'Ausl Romagna, organizza un incontro sulla "Cardiologia di Genere" aperto al pubblico nella Sala del Refettorio dei Musei di San Domenico. Esiste sicuramente una differenza di genere nelle malattie cardiovascolari ed è soprattutto derivante dai comportamenti e dagli stili di vita. "Mentre le differenze genetiche in questo ambito non sono rilevanti e comunque non sono ancora supportate da evidenze scientifiche - spiega il dottor Marcello Galvani, direttore dell'Unità Operativa di Cardiologia di Forlì - quelle relative agli stili di vita sono molto importanti e dimostrate".

"Le donne - prosegue il cardiologo - hanno confermato la tendenza ad arrivare comunque più tardi in ospedale rispetto agli uomini, aumentando il loro profilo di rischio. Il perché va ricercato nella sottovalutazione del rischio infarto e cardiaco in generale e nella maggiore complessità dei sintomi. Inoltre soffrono più degli uomini di obesità, diabete e fanno meno movimento. Si tratta infatti di un falso luogo comune  affermare che i lavori domestici possano essere equiparati ad un'attività sportiva! Cucinare non rappresenta un'attività motoria paragonabile al camminare o ad andare in bicicletta. E, purtroppo, spesso, le donne non hanno tempo di fare attività sportiva come gli uomini. Un fattore di rischio modificabile, e purtroppo in aumento nel genere femminile, è anche il fumo. Mentre la prevalenza dei fumatori di sesso maschile è in discesa,nel sesso femminile invece tale prevalenza è in aumento."

"Per molto tempo l’infarto miocardico acuto (IMA) è stato considerato una patologia quasi esclusivamente maschile. Negli ultimi 15 anni, con l'aumentare dei fattori di rischio (obesità, ipertensione, stress, inattività fisica) il numero di donne sotto i 60 anni colpite da infarto miocardico è progressivamente aumentato, passando dall’11,8% del 1995 al 25,5% del 2010 - continua l'esperto -. Dopo i 60 anni la prevalenza dell’infarto sale progressivamente fino a rappresentare il 25%-30% di tutti gli infarti. Se a questo aggiungiamo la maggior sopravvivenza delle donne rispetto agli uomini, bisogna attendersi un ulteriore aumento del dato. Inoltre la menopausa, con il calo marcato di estrogeni, indebolisce drasticamente i meccanismi di protezione contro la malattia coronarica. Ecco perché l’infarto colpisce le donne circa 10 anni più tardi rispetto ai coetanei maschi".

"Un discorso a parte va fatto anche per la prevenzione delle malattie cardiovascolari nelle donne - chiarisce Galvani - Quasi tutte le donne oggi si sottopongono ai vari screening oncologici, quasi nessuna invece fa prevenzione cardiologica. Questo perchè non tutti sono a conoscenza del fatto che infarto e ictus uccidono tre volte di più del tumore alla mammella." Il rapporto tra la medicina di genere e le malattie cardiovascolari è quindi un tema recente, ma molto discusso. L'obiettivo di questo incontro, aperto a tutta la cittadinanza  è, dunque, quello di sensibilizzare la comunità scientifica sulle differenze di genere nell'approccio ai disturbi cardiovascolari; differenze che penalizzano la qualità e l'efficacia delle cure erogabili sia all'uomo sia alla donna. I cambiamenti culturali e le interazioni con l'ambiente hanno sbilanciato il carico di responsabilità in sfavore della donna e di conseguenza il suo rischio, con particolare riguardo alle patologie cardiovascolari, ha assunto un significato diverso in relazione a variabili come il lavoro, il tessuto sociale, gli stili di vita

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