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Cronaca

A Forlì un Museo Mussolini che non è presente in nessuna guida turistica. Lo storico Balzani: "Folklore, ma non pericoloso"

La visita ha luogo a Villa Carpena, la casa di famiglia di Benito Mussolini, quella in cui non svolgeva alcuna attività politica, ma in cui si rinchiudeva per stare con la moglie e i figli, quando si trovava a Forlì, libero di parlare in dialetto romagnolo

C'è un museo dedicato a Benito Mussolini, alle porte di Forlì, che non troverete sulle guide turistiche ufficiali. Sono esposti centinaia di cimeli, come il suo violino, la sua ultima divisa, il tavolo da riunioni su cui si sarebbe tenuta la prima riunione di governo della Repubblica di Salò, così come il tavolo della sala da pranzo di famiglia, con sotto la campanella che il duce usava per chiamare i figli a tavola (pena un “tozzone” della moglie Rachele, se non arrivavano subito).

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Ci sono la sua scrivania e i suoi occhialini da lettura, che avrebbe tenuto lontano dalle macchine fotografiche per non danneggiare la sua immagine virile. Sparsi in giro doni da tutto il mondo, da una pagoda votiva omaggio dell'imperatore giapponese Hirohito ad un prezioso arazzo del negus etiope, passando dai guanti e berretta indossati a Campo Imperatore, fino a una presunta e dubbia lettera di Mussolini a Padre Pio in cui lo ringrazierebbe “per averlo riportato a Dio, da fascista a fascista”. E si potrebbe andare avanti a lungo.

Questo museo privato non è presente negli itinerari, non ha depliant all'ufficio informazioni turistiche, né lo si trova nella miriade di siti web dedicati alla scoperta di un territorio, sicuramente non in quelli istituzionali, ma neanche in quelli dedicati alle curiosità più strampalate. Solo il sito internet di un hotel vicino ne fa timidamente cenno, e tutto sommato a buona ragione: ci sarebbero circa ventimila visitatori paganti ogni anno, da tutte le parti d'Italia e molti anche dall'estero, dalla Finlandia fin agli Stati Uniti. Ci arrivano anche comitive e interi pullman.

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Un museo che strizza l'occhio ai "nostalgici"

Questa struttura, "Villa Carpena – Casa dei Ricordi”, è già attiva da oltre 22 anni, il suo patron Domenico Morosini non fa mistero delle sue simpatie per Mussolini, tanto che si sta trovando in questi giorni a processo per un saluto romano durante una commemorazione "nostalgica" del 2020 a Ravenna, in ricordo del gerarca fascista Ettore Muti. Un gesto per il quale il suo legale ha invocato la recente sentenza a sezioni unite della Cassazione secondo cui il braccio teso fascista non è da considerare un illecito, se non è accompagnato da un tentativo concreto di ripristinare il disciolto Partito Fascista. "Spero che un giorno si possa arrivare alla pacificazione tra i denuncianti e i denunciati, non solo per questo episodio ma per sempre: siamo stanchi delle continue polemiche, delle continue battaglie (legali e non) e degli attacchi continui e reiterati che subiamo e che hanno subìto i militanti che omaggiano i caduti con il Presente!”, aveva commentato Morosini a margine del processo. Per Morosini il museo da lui allestito "porta avanti da anni i valori di pace"  e rappresenta un "lavoro di divulgazione storica".

Ma è veramente così? Lo abbiamo chiesto a Roberto Balzani, storico, ex sindaco di Forlì tra il 2009 e il 2014, recentemente nominato dal ministro Gennaro Sangiuliano a presidente del Museo storico della Liberazione di via Tasso a Roma. Il museo privato che si trova a San Martino in Strada non è una  struttura sconosciuta per Balzani. "E' un museo di aneddotica, di taglio popolare, basato sul personaggio, una sorta di biografia per oggetti che alla fine non mi dice nulla in più per capire meglio quel periodo storico, attira un visitatore curioso, non solo nostalgico". Dopo Acca Larentia, con le immagini dei bracci tesi in una sera di Roma, viene però da domandarsi se anche questo museo può essere un tassello che rinforza culturalmente certi fenomeni neo-fascisti. "Non vedo che questo luogo accenda significati particolari, è un museo folkloristico, né più né meno di tanti musei di cose strane sparsi ovunque", è l'opinione di Balzani.

Cosa si trova alla Casa dei Ricordi: la visita 

Al museo dedicato a Mussolini ci si arriva grazie al passaparola, in gran parte nell'ambito di un "tour nero" che vede come epicentro la tomba di Predappio. “Se chiedete in giro nei paraggi, vi depistano e vi mandano da un'altra parte”, dice ai visitatori Adele Grana, moglie del proprietario, l'imprenditore lombardo Domenico Morosini. Va detto, però, che non è un luogo segreto: è ovviamente conosciuto dalle autorità, è su Wikipedia, è recensito su Google e su TripAdvisor, ha il suo sito internet in cui si promette “un'esperienza storica indimenticabile”. Ci sono anche un paio di cartelli pubblicitari in strada, uno su via Monda, a pochi passi dall'uscita della tangenziale, con la freccia che indica la stradina di campagna da imboccare per arrivarci, un altro sulla strada provinciale tra Forlì e Predappio. Ed infine, ci sono una marea di servizi di giornali e tv,  tra i cui uno recente della Cnn. E' stato inaugurato, non a caso, il 29 luglio 2001, il giorno del compleanno di Benito Mussolini.

Casa dei Ricordi - Lo studio di Mussolini

La visita ha luogo a Villa Carpena, la casa di famiglia di Benito Mussolini, quella in cui non svolgeva alcuna attività politica, ma in cui si rinchiudeva per stare con la moglie e i figli, quando si trovava a Forlì, libero di parlare in dialetto romagnolo e giocare coi bambini in giardino. Si visitano così la cucina, il soggiorno, lo studio, anche il bagno, e le camere da letto dei genitori e dei figli (in una avrebbe dormito anche Maria Scicolone, sorella di Sophia Loren e madre di Alessandra Mussolini). Qui Rachele Guidi, moglie di Mussolini, è tornata a vivere dal 1957, quando l'edificio le fu restituito dopo essere stato requisito per gli sfollati della guerra. Alla sua morte, nel 1979, ci ha continuato ad abitare Vittorio Mussolini, ed infine la vendita dell'immobile con l'idea, realizzata nel 2001, di farci un museo che assomiglia più ad un baule dei ricordi nella casa del nonno, un sogno di Domenico Morosini, imprenditore di Lodi arrivato appositamente a Forlì. 

Casa dei Ricordi - La cucina di Rachele

“Qui non si fa politica e non si fa polemica” è la premessa della visita turistica, che scorre per oltre un'ora a cavallo tra gli aspetti intimi e famigliari del duce e le riletture storiche più classiche degli eventi del Ventennio, tra cui il sempreverde “Se ha fatto degli errori, li ha fatti dal '40 al '45 su pressione di Hitler”, il tutto poi unito all'altrettanto classico “Amava l'Italia e non si è mai arricchito a livello personale”, seguito all'immancabile riferimento attuale “Questo lo possiamo dire anche dei politici di oggi?”.

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A garantire sulla ricostruzione filologica degli ambienti e degli oggetti dell'epoca, sarebbero gli stessi figli Vittorio e Romano Mussolini, che negli anni – a detta della guida – avrebbero ricostruito tutti gli ambienti come un tempo. “Il babbo questa scrivania la teneva qui”, “la libreria lì”, “la mamma la cucina la ordinava così”, etc. Ai cimeli di casa Mussolini si sono poi aggiunti centinaia di altri oggetti raccolti da Morosini, tra cui la divisa del 1945, comprata per ventimila dollari negli Stati Uniti – così almeno viene spiegato dalla guida - e stesa in visione sul suo letto. Anzi, la prima volta che la divisa entrò nella camera da letto del duce un giovane avrebbe avuto un mancamento e, con voce gutturale non sua, avrebbe esclamato 'Lui è qui' e la sua immagine la si poté all'improvviso scorgere nelle parti annerite dello specchio sul comò. Perché poi, alla fine, in ogni visita che si rispetti, arriva sempre il momento del fantasma. E la guida lo indica con distacco, lasciando comunque il beneficio al visitatore di non riconoscere “lui” tra alcune strisce opache del vecchio specchio.

Casa dei Ricordi - divisa di Mussolini

E' evidente che chi approda qui lo fa in massima parte per una non celata simpatia nei confronti dell'ex padrone di casa. E quello che ottiene in cambio è esattamente la narrazione che si aspettava, secondo il canone “Tutto quello che non vi hanno mai detto del duce e che non avranno mai il coraggio di dirvi”. Si va così dall'americano che chiede di potersi sedere a capotavola del desco originario del duce per farsi una foto da mandare agli amici, all'italiano proveniente da ogni regione in camicia nera che va in pellegrinaggio a Predappio, che da qui dista pochi chilometri.

Casa dei Ricordi - Lo specchio con l'immagini di Mussolini 2

Chi visita la 'Casa dei ricordi' e si aspetta una smaccata apologia di fascismo resterà però deluso. La visita si conclude così: “Qui si approfondisce la storia (anche se a modo loro, ndr), il fascismo non tornerà più”. E se l'americano di turno chiede se c'è il rischio che l'Italia ridiventi fascista, “rispondiamo assolutamente di no con una risata”, spiega la guida. La visita si chiude con la consegna gratuita del calendarietto 2024 con 'Gli ultimi pensieri del duce' e la pergamena che riporta la 'Poesia del pane' nel negozietto attiguo, pieno di “souvenir” a tema. 

Il museo sì, il memoriale no?

Un museo che alla fine intrattiene il visitatore disposto a pagare 15 euro di biglietto, anche se propone decontestualizzati oggetti ed episodi senza una chiave che affronti il periodo storico del Ventennio a 360 gradi. Del delitto Matteotti e delle leggi razziali, per esempio, non si fa menzione durante la visita. E si resta sul livello del "Ha anche fatto cose buone". Ma quello che colpisce non è tanto che il territorio tra Forlì e Predappio, così denso di testimonianze del Ventennio fascista, ospiti un museo di oggetti e aneddoti famigliari di Mussolini, quanto che non abbia mai fatto sistema per creare una struttura pubblica, con tutti i rigori della ricerca storica, come Memoriale delle vittime del fascismo e, più in generale, dell'odio politico di tutti i colori politici. 

E' realizzabile una tale struttura a Predappio? Esprime le sue perplessità lo storico Roberto Balzani: "Un memoriale? In sè un'idea non sbagliata, io ne dirigo uno". Ma aggiunge: "Ho un po' di dubbi però su un'operazione del genere fatta oggi, che potrebbe apparire fredda. I memoriali nascono sull'onda emotiva, quando l'impatto sulla società è ancora fresco, come è avvenuto con quello sulla Liberazione a Roma, o come quello di Ustica, nascono dai familiari delle vittime e dal loro ricordo". Il rischio di farli a freddo, invece, "è la politica, che usa e abusa di una mobilitazione morale, che per altro non vedo né da una parte né dall'altra". Tanto che poi la scommessa, per mantenere vivi i memoriali "è che si trasformino in musei perché le nuove generazioni percepiscono quei fatti storici in modo diverso". E aggiunge Balzani: "Non ho problemi su un eventuale Museo del Fascismo, un museo di storia si può fare, ma appunto un museo".

 Casa dei Ricordi - Tavolo del governo di Salò

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