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Briciole di natura

Briciole di natura

A cura di Riccardo Raggi

Camminando sul tetto del Parco Nazionale: Monte Falco

Riccardo Raggi ci porta sul “tetto del Parco”, alle quote più alte del Parco Nazionale, lungo un itinerario molto noto e spettacolare: il sentiero 00, che dal Passo della Calla conduce fino al Monte Falco

Quando, nei mesi estivi, la calura ci opprime, può essere piacevole camminare lungo itinerari escursionistici alle quote più alte del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, dove l’aria più fresca e una migliore ventilazione ci permettono di trascorrere ore gradevoli. Oggi vi porterò sul “tetto del Parco”, alle quote più alte del Parco Nazionale, lungo un itinerario molto noto e spettacolare: il sentiero 00, che dal Passo della Calla conduce fino al Monte Falco.

Il sentiero, come già detto, parte dal Passo della Calla, salendo dietro il caratteristico edificio in legno del ristorante “I Faggi”: il percorso inizia subito in salita, immerso nella faggeta, e non presenta particolari difficoltà se non il declivio che, in certi punti, è accentuato. Il segnavia da percorrere (la segnaletica orizzontale o verticale di colore bianco-rosso, apposta dai volontari del Club Alpino Italiano) riporta il numero del sentiero: 00. Non potrebbe essere altrimenti, visto che si sta percorrendo un sentiero di crinale: nel Parco Nazionale Foreste Casentinesi, infatti, i sentieri nel versante romagnolo sono tutti contrassegnati da numeri dispari e, per contro, nel versante toscano sono pari. Al tracciato che segue il crinale, cioè il punto più alto da cui scendono i versanti delle due regioni, non poteva quindi che essere assegnato un numero “neutro”, lo zero-zero!

Si prosegue lungo il sentiero che serpeggia in mezzo ai faggi, incontrando di tanto in tanto degli slarghi pianeggianti in mezzo alla foresta, piazzali di pochi metri di diametro e contraddistinti da terreno nerastro: sono le piazze (o aie) carbonili, ricavate in bosco e utilizzate fino agli anni ’60 per la produzione del carbone (a tale riguardo potete leggere un articolo di approfondimento scritto su questo Blog alcune settimane fa).

In poco meno di un’ora si arriva al Rifugio Burraia, amichevolmente chiamato “Il Casone”, gestito dallo Sci Club di Stia e utilizzato per soggiorni settimanali o per week-end escursionistici da gruppi di varie tipologie. L’edificio, come dice il nome stesso, era un fabbricato utilizzato per la produzione e la lavorazione dei latticini, grazie anche alla sua vicinanza ad uno degli “alpeggi” più famosi dell’appennino romagnolo: i prati della Burraia. Questa enorme prateria si estende per diverse centinaia di metri proprio sul crinale, offrendo una splendida vista sulla vallata casentinese (con i paesi del fondovalle) e sulla pianura romagnola. A sovrastare i prati c’è il Monte Gabrendo, che con i suoi 1540 m è una delle cime più alte del parco, mentre al limite inferiore si trova il rifugio “Città di Forlì” (ahimè chiuso da vari anni) di proprietà del Club Alpino Italiano.

Dopo aver attraversato i prati, uno dei pochi tratti non ombreggiati di questo itinerario, ci si inoltra nuovamente al fresco della foresta di faggi, percorrendo in leggero saliscendi il tracciato fino a raggiungere la caserma militare di Poggio Sodo de’ Conti: se ci si porta, seguendo il sentiero, dietro l’edificio e si sale sul poggetto, è possibile gettare lo sguardo molto lontano, tanto da poter osservare (nelle giornate particolarmente terse) persino il Monte Vettore (Monti Sibillini) o il Monte Titano di San Marino. 

La meta del trekking non è ancora raggiunta: il sentiero da percorrere è sempre contrassegnato dal segnavia CAI 00, anche se in alcuni tratti è possibile trovare anche l’indicazione GEA (Grande Escursione Appenninica, che collega il passo di Bocca Trabaria, al confine con l’Umbria e le Marche, con il passo dei Due Santi, in Liguria) oppure E1  (il sentiero europeo a lunga percorrenza che collega Capo Nord in Norvegia con capo Passero in Sicilia); un ultimo tratto in salita ci porta all’arrivo dello skilift degli impianti di risalita delle piste da sci che partono dal Rif. La Capanna.

Da qui in poche centinaia di metri si raggiungono i prati di Monte Falco e la “cima” omonima: in realtà Monte Falco non è identificabile da una vetta vera e propria, in quanto è assimilabile ad una immensa prateria disseminata di vaccinieti (arbusteto di mirtilli) e di fioriture particolarmente preziose, come la Viola di Eugenia (Viola eugeniae) e l’Anemone a fior di narciso (Anemonastrum narcissiflorum). 

Queste presenze, assieme a tantissime altre emergenze botaniche e faunistiche, hanno fatto sì che questa porzione di territorio sia diventata Riserva Integrale dello Stato (assieme alla più nota Sasso Fratino e La Pietra), il più alto grado di protezione che possa avere un ambiente naturale.Percorrendo tutto il pianoro di Monte Falco si giunge al celebre “belvedere” con la fotografatissima panchina affacciata sulla vallata di Castagno d’Andrea. Da questo punto, nelle giornate particolarmente terse e con un buon binocolo, è possibile osservare le piattaforme petrolifere ravennati o cime alpine come l’Adamello.

Proseguendo, è possibile raggiungere in circa mezz’ora la cima di Monte Falterona, mentre, per chi preferisse fare rientro al punto di partenza, si può ripercorrere a ritroso i propri passi oppure scendere fino a Piancancelli e da lì seguire la strada provinciale del Castagno o ancora, mappa alla mano, seguire uno dei numerosi sentieri CAI che, immersi nelle fresche faggete, riconducono fino al Passo della Calla.

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