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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Da una sorprendente foto aerea di San Mercuriale del 1936 riappare la Forlì che non c’è più

Agli studiosi dei cambiamenti subiti dal centro storico di Forlì nel corso Novecento, soprattutto durante il Ventennio fascista, capita spesso di imbattersi in foto che “fanno male”

Agli studiosi dei cambiamenti subiti dal centro storico di Forlì nel corso del Novecento, soprattutto durante il Ventennio fascista, capita spesso di imbattersi in foto che “fanno male”. Un conto è la guerra col suo carico di distruzioni “imprevedibili”, a cominciare dalla quattrocentesca chiesa di San Biagio, disintegrata dal bombardamento aereo tedesco del 10 dicembre 1944. Un altro è constatare che la pervicacia di regime ha cancellato per sempre edifici e scenari monumentali assai più eloquenti di quanto è stato realizzato in sostituzione. Fra il 1931 e il 1937, l’Istituto Geografico Militare Italiano riprese dall’alto gran parte del territorio nazionale, con particolare riferimento ai centri urbani. Dalla ricognizione relativa all’Emilia Romagna, oggi parte integrante del patrimonio dell’Istituto dei Beni Culturali-IBC di Bologna, spicca un’elaborazione fotografica di Forlì del 1936, in cui primeggia il complesso abbaziale di San Mercuriale, nella veste antecedente la trasformazione operata nel 1941.

Com’è noto, la decisione di mettere in relazione le piazze Saffi e XX Settembre in vista dell’edificazione del nuovo Palazzo di Giustizia, fu suggerita dallo stesso Benito Mussolini: il capo del governo fascista, come riporta Ettore Casadei nella sua “Guida di Forlì”, avvallò la corrente di pensiero che sosteneva la necessità di “togliere lo scempio consumato sull’antico chiostro (il suo decadimento, n.d.r.), abbattere i muri che celano la vista dell’armonico cortile rinascimentale, dei loggiati e della classica cisterna; proteggere le arcate con un’artistica cancellata e far di questo luogo, tempio ed ara in onore dell’immortale spirito dei Martiri della Patria”. Dalle pieghe della cronaca emerge un articolo di mons. Bruno Bazzoli, pubblicato su “Il Momento” del 3 giugno 1997. L’ex abate, parroco di San Mercuriale dal 1952 al 1994, rievoca tutte le tappe della questione scatenata dallo sventramento del chiostro cinquecentesco: “Mussolini ne decise l’apertura come conquista del popolo”.

L’intervento fu condotto tra il 1939 ed 1941 su progetto di Gustavo Giovannoni e inaugurato dallo stesso Duce il 16 ottobre 1941. Che la meravigliosa immagine oggetto della presente indagine risalga al 1936, è deducibile da una serie di particolari. A destra del campanile di San Mercuriale si vede il Palazzo degli Uffici Statali in costruzione: i lavori sono ormai alla conclusione (l’inaugurazione avverrà nel 1937), con le impalcature che cingono la torretta littoria. La singolare sommità, tipica dei progetti razionalisti di Cesare Bazzani, avrà vita breve: fatta saltare dai tedeschi in ritirata la notte della Liberazione della città (9 novembre 1944), assieme alla torre civica e al campanile del Duomo, non sarà più ricostruita. Lo sguardo dello storico prosegue lungo via Delle Torri, fino a notare le coperture di Palazzo Orselli, sostituito nei primi anni Settanta dai Giardini omonimi. Un poco più indietro, a ridosso della precedente torre civica (la versione attuale risale alla ricostruzione operata negli anni 70), si fa notare il tetto del settecentesco Teatro Comunale, una vera bomboniera, non solo in termini artistici, che non sarà più rialzato dopo la distruzione bellica. Volendo ritornare a San Mercuriale, spicca in primo piano il grande porticato in stile umbertino, popolarmente detto il Pavaglione, realizzato tra il 1906 e il 1910 su progetto di Olindo Umiltà.

Nel 1932, con l’inaugurazione della nuovo Palazzo delle Poste e Telegrafi, progettato dall’architetto Cesare Bazzani in piena Piazza Saffi a discapito dell’Isola Castellini di medioevale memoria, l’ex sede delle Regie Poste viene convertita in nido dell'O.N.M.I. Scompare indelebilmente nel 1941, in sede di costruzione del singolare “claustrum” aperto. L’ultimo sguardo va al bordo inferiore della foto, in cui compaiono le propaggini dell’antico quartiere incentrato sulla via Bagnola. Come scrivono Vittorio Mezzomonaco e Sauro Rocchi nell’opera dedicata allo scempio, “bastarono pochi mesi per annientare due isolati, per erigere i quali erano occorsi dei secoli”. Cancellato sull’altare del rifunzionalismo a partire dal 1939, fu sostituito dal nuovo Palazzo di Giustizia, completato solo nel 1968. 

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