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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

Quando Pietro Bianco da Durazzo dimorava a Forlì in Contrada Grande

Sono avvolti dal mistero i primi anni forlivesi dell’eremita albanese, che, subito prima di avviare la costruzione della grandiosa chiesa circolare di Fornò, dimorò in una celletta all’interno delle mura cittadine, all’altezza dell’attuale via Giorgio Regnoli

Sono avvolti dal mistero i primi anni forlivesi di Pietro Bianco da Durazzo, il monaco albanese che, subito prima di avviare la costruzione della grandiosa chiesa circolare di Fornò, dimorò in una celletta all’interno delle mura cittadine, all’altezza dell’attuale via Giorgio Regnoli. Apparso la prima volta in Forlì nel 1448 vestito di bianco, da cui il soprannome, e zoppo, si fece subito notare a causa del suo comportamento: rifiutava il denaro, andava sempre a piedi scalzi e dormiva per terra. “In quegli anni a Forlì c’erano gli Ordelaffi - scrive Riccardo Lanzoni sul sito della storia di Fornò - che erano dei signori di provincia, circondati dai Malatesta Novello a Cesena e da Sigismondo Malatesta a Rimini, che al contrario erano signori di un alto livello”.

Pino III Ordelaffi divenne uno degli sponsor più convinti di Pietro Bianco. Ma cosa sappiamo di questo eremita, vissuto fra il 1417 e il 1477 e così benvoluto dai forlivesi? “È molto probabile - scrive il prof. Marco Vallicelli su Albania News - che Pietro fosse un monaco in fuga dall’Albania ormai in balia dell’occupazione musulmana e che non si sentisse più tutelato né dai vecchi, né dai nuovi protettori della Chiesa albanese. Come tanti altri monaci, nobili e civili, ci si diede alla fuga, principalmente dalle città costiere e i loro dintorni”. Nel corso del Seicento, storici importanti come il Bonoli e il Vecchiazzani, cominciano a diffondere la fama di Pietro Bianco da Durazzo “ex-pirata”, o “corsaro” dell'Adriatico. E’ una “nomea” oggettivamente falsa e da sfatare: “Monaco, probabilmente di famiglia nobile o signorile, di grande cultura, conoscitore della lingua italiana e della predicazione di San Bernardino da Siena”.

Giunto a Forlì, fece per qualche tempo vita da eremita: “Ricordiamoci - è di nuovo il prof. Lanzoni - che tutto attorno alla città c’era una foresta intricatissima, fino al mare, e ai Romiti, presso l’attuale strada per Castrocaro, erano soliti andare gli eremiti, compreso Pietro Bianco”. Don Adamo Pasini, grande storico dei primi decenni del Novecento, quando scrive di Pietro Bianco, dice a un certo punto: “Le cronache di un tempo attestano che lui ogni tanto andava a Siena, ma senz’altro va inteso che ogni tanto andava a selva. Però, non è così impossibile che lui sia andato qualche volta a Siena, da dove era partito Bernardino, suo mentore, e dove era il centro della regola dell’Osservanza”. Il monaco albanese ad un certo punto si costruì questa umile celletta intitolata a Santa Maria delle Grazie, nota come la Madonna del Pianto o, più popolarmente, la Celletta dello Zoppo, in Contrada Grande, l’odierna via Giorgio Regnoli, frequentatissima dai popolani attirati dal suo stile di vita. Sopravvissuta per quasi quattro secoli al fondatore, fu sede della Compagnia della beata Vergine del Pianto, sciolta nel 1803. Nel 1806 fu sconsacrata dagli occupanti napoleonici, che la vendettero ad un tal Francesco Romagnoli, il quale la demolì.

Ma torniamo al nostro monaco: grazie al sostegno di Pino III Ordelaffi, si spostò nella zona di Fornò, allora boscosa, dove, avendo trovato un'immagine di Maria, nel 1450 pose mano al progetto di costruzione del santuario in onore della Madonna. Mariacristina Gori l’ha definito “il monumento più singolare del territorio forlivese, anzitutto perché a date assai precoci adotta, in modo totalmente inconsueto per un edificio dedicato alla Vergine, una pianta centrale. L'ampiezza della fabbrica, inoltre, appare sicuramente eccezionale”. La pianta circolare risulta, infatti, di 34 metri di diametro. Secondo il critico Vittorio Sgarbi “è un capolavoro, un'opera unica al mondo dello scultore del Tempio Malatestiano di Rimini”. “Pietro Bianco – precisa Vallicelli - non tralasciò mai di proclamare come “sua” l’ideazione della nuova chiesa, come si evince dalle precise sue disposizioni di erigerla senza ricorso a chiavi di ferro, anche se ciò fu causa, già nel 1476, della genesi di crepe nella struttura edificata”. Quell’evento, a detta dei cronisti, addolorò Pietro a tal punto, da farlo precipitare in uno stato di malattia che lo condusse ben presto alla morte: era il 6 aprile 1477, domenica di Pasqua.

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