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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Quaranta studenti di quarta superiore ad Auschwitz: "Una fabbrica perfetta del male"

Ci sono esperienze che lasciano il segno, immagini che non ci abbandonano più, parole che restano con noi. Questo è quello che hanno sperimentato anche i 40 studenti

Ci sono esperienze che lasciano il segno, immagini che non ci abbandonano più, parole che restano con noi. Questo è quello che hanno sperimentato anche i 40 studenti di quarta superiore del Forlivese che, tramite il Progetto Promemoria Auschwitz 2019, hanno potuto visitare i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau nello scorso febbraio. Un’esperienza intensa, compiuta in compagnia di altri ragazzi provenienti da altre scuole, che non si vuole far cadere nel vuoto.

"L’idea è stata di una ragazza di Trento, che ha proposto di appendere nelle classi una lettera che ci è stata letta mentre eravamo in visita a Birkenau. Era stata scritta da un preside scolastico americano, sopravvissuto alla Shoah. Tutti gli anni la inviava ai suoi docenti, per ricordare loro che l’educazione conta, ma che bisogna anche crescere degli essere umani", spiega Martina Milandri, della 4I del Liceo Scientifico Fulcieri Paulucci di Calboli. "Abbiamo deciso di rivolgere questa lettera anche agli studenti, perché era anche un modo per trasmettere quello che abbiamo imparato, non solo sui campi di concentramento ma anche sull’umanità delle persone: siamo noi che decidiamo come porci davanti alle cose, come studiare certe materie, ma non solo. Noi viviamo nell’ambito scolastico, ma non è solo questo che influenza come siamo e come saremo".

"La cosa più impressionante è che nei campi di concentramento era tutto perfetto: tutto pensato nei minimi dettagli, è veramente una grande fabbrica del male", riflette Francesca Pagliai, compagna di scuola di Martina, della sezione 4D. "Non solo per uccidere, ma per umiliare. Tutto è perfettamente uguale, per far sì che si annullasse proprio la persona. Inoltre abbiamo visitato Birkenau in una giornata in cui era freddo e c’era una fitta nebbia: abbiamo vissuto ancora di più l’atmosfera spettrale. E poi i binari che portano dentro al campo di concentramento di Auschwitz: lì capisci che davvero quello che vedi nei film, nelle fiction, che leggi nei libri, non è qualcosa di inventato per fare impressione, è proprio la realtà".

"Mi ha colpito che tutto questo sia stato fatto da uomini contro altri uomini, togliendogli l’umanità" continua Martina. "Ad Auschwitz abbiamo visto gli effetti personali di coloro che sono stati nei campi di concentramento. Il campo di Birkenau, poi, è rimasto proprio così com’era: ci siamo trovati in mezzo a dove sono stati loro. È stato davvero agghiacciante". Ma il Progetto Auschwitz 2019 è ben strutturato: "Prima di partire abbiamo fatto degli incontri con i nostri tutor, per prepararci, per analizzare il fenomeno dal punto di vista psicologico, sociale, storico. Sono serviti molto, come anche lo spettacolo che abbiamo visto prima della visita ai campi di concentrament"

All’interno del progetto, infatti, era compreso anche uno spettacolo, “La scelta”: "Mi ha colpito molto, perché abbiamo capito che dopo questa tragedia ne sono successe altre, come la guerra della Ex Jugoslavia, di cui quasi mai si sente parlare" ha raccontato Martina. "Anche lì sono successe cose atroci. L’Europa aveva giurato che non sarebbe successo più, e invece è successo di nuovo. Vedere quello spettacolo prima di visitare i campi di concentramento mi ha proprio colpito. Si chiamava “La scelta”, secondo me, perché alla fine dello spettacolo ci hanno coinvolto, parlandoci delle tre parole più dette al mondo. Le prime due sono “ok” e “coca-cola”, la terza l’hanno chiesta a noi, ma non siamo riusciti a indovinarla. È “non posso”, ci hanno detto. E hanno chiuso lo spettacolo chiedendoci proprio “Non posso, o non voglio?”» Una lezione per la vita, che i nostri ragazzi hanno appreso e vogliono condividere con tutta la loro città.

Di seguito, riporto per intero la lettera condivisa dai partecipanti al Progetto Promemoria Auschwitz 2019, tratta da “Les mémoires de la Shoah” di Annick Cojean (“Le Monde”, 29 aprile 1995):

Caro professore,
sono un sopravvissuto di un campo di concentramento. I miei occhi hanno visto ciò che nessun essere umano dovrebbe mai vedere: camere a gas costruite da ingegneri istruiti, bambini uccisi con veleno da medici ben formati, lattanti uccisi da infermiere provette, donne e bambini uccisi e bruciati da diplomati di scuole superiori e università. 
Diffido - quindi – dell’educazione.
La mia richiesta è la seguente: aiutate i vostri allievi a diventare esseri umani. I vostri sforzi non devono mai produrre dei mostri educati, degli psicopatici qualificati, degli Eichmann istruiti.
 La lettura, la scrittura, l’aritmetica non sono importanti se non servono a rendere i nostri figli più umani.

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