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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

Quando la colonna della Madonna del Fuoco ritornò in piazza

La colonna della Madonna del Fuoco fu rimossa dalla Piazza Maggiore, oggi dedicata a Saffi, il 21 ottobre 1909, in seguito all’azione di un gruppo di facinorosi, fra cui l’ancora socialista Benito Mussolini. Nel 1928 fu costruita la nuova stele, alta m. 8.50 e il 6 maggio il monumento fu inaugurato a fianco della Cattedrale, dove è ancora oggi

Fervono i preparativi per il restauro della statua della Madonna del Fuoco, posta sulla colonna votiva innalzata in Piazza del Duomo. Annerito dal tempo e dagli elementi atmosferici, il monumento tanto caro ai forlivesi ha bisogno di cura e manutenzione. L’ultimo intervento risale a vent’anni fa, finanziato da un “service” del Rotary Club Forlì. Al termine delle verifiche tecniche, comprensive di indagini georadar sull'area di sedime, si procederà con il restauro vero e proprio, che interesserà l’intera struttura, basamenti e recinzione compresi e sarà avviato entro l’autunno. Nel frattempo si riaprono i cassetti della memoria: la colonna mariana innalzata a fianco della Cattedrale è la stessa che per due secoli e mezzo ha troneggiato nella Piazza Maggiore, poi intitolata ad Aurelio Saffi, triumviro dell’effimera Repubblica Romana del 1849.

La stele della patrona fu rimossa dall’antico Campo dell’Abate il 21 ottobre 1909, in seguito all’azione di un gruppo di facinorosi, fra cui il “socialista” Benito Mussolini, lo stesso che quasi vent’anni dopo, divenuto Capo del Governo, ne favorì la riedificazione nel sito attuale di piazza del Duomo. “Si fa memoria – scrivono nel Libro delle Ricordanze i monaci Vallombrosiani, rettori dell’abbazia di San Mercuriale fino al 1797 - come in Piazza Grande si eresse in onore della Madonna del Fuoco una colonna lunga piedi 33 di pertica, che sono palmi 77 (oltre 16 metri – n.d.r.) e sopra vi si pose una statua di marmo di Carrara con l'effige della Vergine col Bambino, lavorata da Clemente Molli, scultore bolognese. Si eresse il Sabato Santo 23 aprile 1639, con sommo giubilo di tutta la città”.

La proposta di liberare la piazza dalla stele mariana fu discussa la prima volta nel Consiglio Comunale del 4 ottobre 1889. Vi partecipava anche Aurelio Saffi, che, pur aderendo al principio “i luoghi pubblici soggetti alla giurisdizione dei Comuni debbano rivestire un carattere esclusivamente civile, e non consentire simboli religiosi”, si oppose fermamente al “demolire per demolire”. La vicenda della rimozione della Colonna da Piazza Maggiore ha coinvolto persino Indro Montanelli: il grande giornalista, in un saggio pubblicato nel libro “Romagna, vicende e protagonisti”, ne parla in relazione alle vicende politiche forlivesi del '900: “Mussolini, ancora all'inizio della sua carriera (siamo intorno al 1909, n.d.r.) scrisse nel giornale Lotta di Classe da lui diretto, un articolo sull’incarcerazione in Spagna dell'anarchico catalano Francisco Ferrer”. Sulla scia di questo pezzo, Aldo Vittori, detto e Zop ad Vitor o anche “lo sbranatore del clero”, decise di dare vita ad una manifestazione contro la Madonna del Fuoco, presa a simbolo della reazione.

“Il sindaco di Forlì – continua Montanelli – massone e repubblicano, da un lato simpatizzava per Vittori, ma dall'altro aveva il dovere di proteggere la città da quell'usurpazione. Intervenne per fermare la rivolta, ma solo quando la cancellata, posta a protezione dell'immagine sacra, era ormai stata distrutta”. In seguito essa fu sostituita da una staccionata di legno. Poco tempo dopo, Ferrer venne ucciso in carcere e questo aumentò la foga distruttrice di Mussolini e Vittori. “La colonna del popolo furente la sera del 14 ottobre 1909 fece risacca dinanzi la palizzata di legno che proteggeva il simbolo della reazione, quando si videro Mussolini e lo zoppo Vittori avanzare, ambedue nerovestiti, con cappellone e cravatta a svolazzo, reggendo un bidone di petrolio. Il nero combustibile fu cosparso sulle assi, e il sindaco non inviò il rituale squadrone di cavalleria prima che tutta la palizzata fosse un cumulo di braci. Dopodiché gli fu facile strappare all'ingegnere del Genio Civile un certificato attestante che la stele non offriva più garanzie di sicurezza e che, pertanto, per l'incolumità dei cittadini, andava rimossa”.

“Appena sul carro - si legge in “Nè pochi nè timidi” di Gioiello e Zambelli - la mattina del 21 ottobre 1909 fu portata nella chiesa di San Filippo Neri, allora magazzino comunale, accompagnata da urli fischi e altre villanie”. Nell’estate del 1925, la Curia vescovile ottenne dal Regio Commissario la statua, che fu trasferita in Cattedrale. Il Consiglio comunale aderì alla richiesta del vescovo mons. Raimondo Jaffei, di poter riedificare il Monumento nella piazza della Cattedrale. Nel 1928 fu costruita la nuova colonna alta m. 8.50 e la domenica 6 maggio il monumento fu inaugurato, alla presenza del popolo e di numerose autorità a fianco della chiesa madre dei forlivesi, dove è ancora oggi.

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