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Mollo tutto e vado via

Mollo tutto e vado via

A cura di Michelangelo Pasini

Reclusi su un aereo a causa di una bomba della Seconda Guerra Mondiale

Torniamo a casa per qualche giorno. Ma sembra che il nostro destino sia quello di non arrivarci, se non con mezzi di fortuna dopo quasi 48 ore di viaggio. Storia di una bomba, un aereo che non vuole ripartire, urli e minacce.

Oggi vi raccontiamo un'altra storia di viaggio. Ma quella di un viaggio di ritorno verso casa. Qualche giorno fa volta abbiamo avuto bisogno di tornare a Forlì per motivi personali e prenderci un paio di settimane di pausa dal nostro viaggio on the road.

Il nostro percorso di ritorno inizia dalle montagne a nord della Thailandia, a Tha Ton, un paesino sperduto a due chilometri dal confine col Myanmar. Da qui è necessario raggiungere Chiang Rai, aeroporto più vicino, ma non ci sono mezzi pubblici che possano portarci lì se non in circa 20 ore per percorrere 90 chilometri. Scendiamo in strada e troviamo un taxista improvvisato che si offre di accompagnarci per poche decine di euro. Chiang Rai-Bangkok-Dubai: Emirates ci coccola e ci fa dimenticare il lunghissimo viaggio che ci aspetta.

Destinazione finale: Bologna.

Stiamo volando su Ferrara quando il capitano dà l'annuncio che avrebbe iniziato le operazioni di atterraggio in pochi minuti. Neanche il tempo di finire la frase e l'aereo vira a destra: in breve, iniziamo a volare in cerchio per un'ora sull'Emilia Romagna prima che venga dato l'annuncio “l'Aeroporto di Bologna è chiuso a causa di una bomba della Seconda Guerra Mondiale trovata vicino alla stazione che deve essere fatta brillare. Ci fermiamo all'aeroporto di Venezia, facciamo rifornimento e partiamo appena riaprono lo spazio aereo. Questione di un'ora massimo”.

Vabbè, gli inconvenienti di viaggiare tanto. Qualcosa può andare storto. Poco male.

Da quel momento inizia un carosello di annunci e smentite, mentre insieme agli altri viaggiatori siamo segregati sull'aereo, fermo sulla pista dell'aeroporto Marco Polo di Venezia

“L'aereo è pronto per partire, aspettiamo la conferma”: ore 14,30.

“Confermato: la pista di Bologna ha riaperto: partiamo a brevissimo”: ore 15.

“Tutto è pronto, dobbiamo solo aver l'ok e si parte”: ore 16.

I passeggeri iniziano a mormorare, i bambini a piangere, gli anziani a essere eccessivamente stanchi. C'è chi chiede di poter scendere per qualche minuto dall'aereo, per sgranchirsi le gambe e fumare una sigaretta. Impossibile. Ci sentiamo sequestrati.
Ma niente paura, perché “abbiamo avuto conferma dalla torre di controllo: è tutto a posto, aspettiamo il via per partire”: ore 17.
Gli animi iniziano a scaldarsi. Vogliamo vederci chiaro e scriviamo su Twitter all'aeroporto di Bologna che risponde in un batter d'occhio: “la pista è ancora chiusa. Non sappiamo quando riaprirà, sicuramente non prima delle 19.
Eravamo sulla pista da 4 ore, presi in giro da annunci che si contraddicevano, senza la possibilità di fare altro che aspettare. Di organizzare un trasporto su gomma per Bologna non si paventava neanche l'idea.

Alzo la testa dal mio posto e vedo il seguente panorama:

  • Un signore dall'accento evidentemente inglese si mette una sigaretta in bocca e minaccia di accenderla.
  • Una mamma e suo figlio trovano una dispensa che contiene snack vari e si riempiono le tasche dall'inverosimile, come fossimo sul punto di entrare in un bunker antiatomico nel quale saremmo dovuti rimanere per settimane.
  • Una ragazza, apparentemente coreana, sembra totalmente disinteressata a quello che sta accadendo intorno a lei: tira fuori un beauty e inizia a imbellettarsi seguendo un rigoroso rituale di bellezza.
  • Una signora italiana con un tono di voce allarmatissimo comunica al marito che le hostes stanno centellinando l'acqua, e trae la conclusione che sicuramente si sta esaurendo e moriremo di sete!
  • Il marito della suddetta non si preoccupa e quasi sollevato annuncia: dovremo bere gli alcolici!
  • Un avvocato minaccia denunce e querele.

Tutto questo subbuglio costringe il personale di volo ad abbandonare l'immobilismo che aveva contraddistinto le ultime ore. Chiediamo di poter uscire dall'aereo e tornare a casa con mezzi propri.
Ma continuano i problemi: non si può scendere in pista da soli, bisogna organizzare il passaggio della dogana e tutta un'altra serie di cavilli burocratici e legali.

Intanto dall'aeroporto di Bologna arriva la conferma che la pista non si sa se e quando riaprirà.

Chi ci ha preso in giro per 4-5 ore dicendoci che saremmo ripartiti a breve? Il comandante? L'aeroporto di Bologna? Chi altro?

A questo punto non ha più tanta importanza: siamo partiti dalle montagne nel nord della Thailandia 35 ore prima e casa è decisamente ancora molto lontana. Finalmente tra gli urli, la disperazione di alcuni e le proteste viene data la possibilità a chi lo voglia di scendere dall'aereo e tornare a casa, non si sa bene come. Molti colgono questa chance mentre altri decidono di attendere sulla pista di ripartire con l'aereo.
Vogliamo tornare a casa il prima possibile, ma ci tocca farlo senza le nostre valigie, che non possono essere sbarcate in tempi brevi. Poco male, confidiamo che Emirates ce le riconsegni il prima possibile. In tutto questo subbuglio incrociamo in aereo una coppia di amici e decidiamo di condividere una macchina in affitto che in due ore ci porterà finalmente a Forlì.

L'indomani cerchiamo notizie sul destino del nostro aereo fermo a Venezia.

Scopriamo che l'aereo è rimasto sulla pista dell'aeroporto Marco Polo di Venezia, alla faccia di una piccola sosta in attesa dell'esplosione della bomba bolognese!

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