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Briciole di natura

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A cura di Riccardo Raggi

Sonda, pala e artva: cosa cambia per chi vuole ciaspolare

Dal 1° gennaio 2022 è in vigore il decreto legislativo 40, che impone l’utilizzo di strumentazione tecnica particolare per chi pratica anche escursionismo su neve: vediamo questo cosa implica

Siamo entrati da qualche settimana nella stagione invernale e, anche se le temperature ancora non ci permettono di godere di cime innevate e pendii da poter percorrere con le ciaspole ai piedi, qualcuno sicuramente ricorderà che dal 1° gennaio del 2022 è entrato in vigore un Decreto Legislativo che stabilisce che “i soggetti che praticano […] attività escursionistiche in particolari ambienti innevati, anche mediante le racchette da neve, laddove, per le condizioni nivometeorologiche, sussistano rischi di valanghe, devono munirsi di appositi sistemi elettronici di segnalazione e ricerca, pala e sonda da neve, per garantire un idoneo intervento di soccorso”. 

Questo disposto di legge ha l’obiettivo di innalzare il livello di sicurezza per chi pratica sport invernali e, sotto questo punto di vista, l’intento è certamente nobile… ma ciò significa che da ora in poi chi utilizza le ciaspole (sia professionisti che semplici appassionati) deve dotarsi di questa strumentazione? Scopriamolo assieme.

Innanzitutto dobbiamo partire dal presupposto che il D.Lgs. appare molto generico e passibile di interpretazioni anche molto diverse fra loro, in quanto non definisce in maniera chiara alcuni limiti di applicabilità: per esempio l’art. 26 (citato poco sopra) si riferisce a “particolari ambienti innevati” senza fornire una esatta definizione delle caratteristiche di tali ambienti. 
Inoltre circoscrive l’applicabilità di questo obbligo esclusivamente alle zone fuori pista dei comprensori sciistici: limitandoci al caso del comprensorio di Monte Falco, fin dove si deve considerare una zona fuori pista? Dieci metri dal bordo pista sono sufficienti? O bisogna considerare tutta la zona sommitale dell’alta valle del Bidente? Come si può intuire, è difficile considerare i limiti territoriali di applicabilità di queste prescrizioni.

Inoltre, per l’obbligo di utilizzo delle dotazioni di sicurezza, si devono considerare i parametri di rischio valanghe attualmente in vigore: ad oggi il valore di riferimento è rischio 3 e nel testo del decreto non vi è traccia di abbassamento di tale limite. Per completezza di informazione è necessario specificare che, secondo la Scala Europea del Pericolo Valanghe, rischio 3 significa “rischio marcato” (situazione valanghiva critica) in virtù del fatto che “il manto nevoso presenta un consolidamento da moderato a debole su molti pendii ripidi”: questo determina il fatto che “Il distacco è possibile già con un debole sovraccarico soprattutto sui pendii ripidi indicati. Talvolta sono possibili alcune valanghe spontanee di grandi dimensioni e, in singoli casi, anche molto grandi.” 
Secondo questi criteri, le indicazioni per gli escursionisti, riportate nella scala europea del pericolo valanghe, sono le seguenti: “Le possibilità di escursioni sono limitate ed è richiesta una buona capacità di valutazione locale”. Questa è dunque la situazione più critica per gli appassionati di sport invernali, in quanto sono necessarie una scelta ottimale dell’itinerario e l’adozione di misure atte a ridurre il rischio. In queste condizioni di neve sarebbe saggio evitare i pendii molto ripidi alle esposizioni e alle quote indicate nel bollettino delle valanghe e le persone inesperte dovrebbero rimanere sugli itinerari aperti. 

I gestori e concessionari degli impianti sciistici per le zone fuoripista serviti dagli impianti saranno obbligati ad esporre “quotidianamente i bollettini delle valanghe redatti dai competenti organi dandone massima visibilità”: sarà pertanto cura di ogni escursionista verificare le condizioni meteo-nivometriche prima di intraprendere un’escursione.

In tutto questo discorso si inserisce anche un aspetto non secondario: le attrezzature prescritte dal decreto sono dispositivi di sicurezza per i quali è necessario seguire corsi per il loro corretto utilizzo: dotarsi di un Artva e non saperlo utilizzare (o peggio ancora tenerlo spento) oppure avere nello zaino una sonda per la ricerca dei sepolti nella neve e non avere le basi per effettuare tale tipo di soccorso, equivale a essere sprovvisti di quella dotazione di sicurezza. Senza contare che sia il materiale sia i corsi hanno un costo non indifferente, che l’escursionista saltuario non sarebbe disposto a sostenere. E non regge nemmeno la teoria che ci si può sempre affidare ai professionisti titolati (Guide Alpine e Guide Ambientali Escursionistiche) perché in un gruppo che fa escursioni su neve, secondo il decreto, tutti dovrebbero essere dotati di queste attrezzature.

In ultima analisi, considerato anche che il decreto legislativo impone alle regioni di adeguare la propria normativa “alle disposizioni di cui al presente decreto e a quelle che costituiscono principi fondamentali in tema di sicurezza individuale e collettiva nella pratica dello sci e degli altri sport della neve”, si può affermare che, al momento, possiamo continuare a ciaspolare nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi senza timore di venire multati. Questo però non deve esimere ciascun escursionista dal tenere un comportamento responsabile e prudente, considerando sempre come una delle opzioni percorribili quella del “rinunciare all’escursione”… anche perché il Monte Falco da lì non si sposta!

Per i meno esperti o per chi vuole ciaspolare senza particolari preoccupazioni, condotti in sicurezza da un professionista del settore, ci si può affidare alle Guide Ambientali Escursionistiche di Romagnatrekking, che da gennaio propongono quattro turni di ciaspolata per ciascun fine settimana. I programmi sono consultabili sul sito www.romagnatrekking.it
 

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