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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

Quella misteriosa cripta carolingia sotto Palazzo Maldenti

Le Case Maldenti rientrano a pieno titolo fra i dieci luoghi imperdibili per il turista che voglia visitare Forlì in una giornata. Ma è quel complesso dalle chiare forme medievali che attrae il passante, lungo la strada ciottolata che collega le vie Hercolani e Maroncelli, quasi a ridosso della Prefettura

Le Case Maldenti rientrano a pieno titolo fra i dieci luoghi imperdibili per il turista che voglia visitare Forlì in una giornata. Ma è quel complesso dalle chiare forme medievali, con torre merlata e corte interna, che attrae il passante lungo la strada ciottolata che collega le vie Hercolani e Maroncelli, quasi a ridosso della Prefettura. Ettore Casadei, nella scheda della sua “Guida di Forlì” riferita alla Casa Seganti-Gioppi, dopo averne attribuito la genesi “all’antica e nobile famiglia forlivese Maldenti”, parla dell’attuale (per l’epoca) proprietaria contessa Rosina Seganti-Gioppi, che conserva una pregevole raccolta d’opere d’arte con quadri di buona scuola italiana e straniera, ritratti di membri della nobile famiglia Lacchini, tempere raffiguranti studi di prospettive, cristallerie, argenterie e vasellami”.

Il Casadei, che pubblicò la sua guida nel 1927, epoca in cui in Italia formalmente regnavano i Savoia con Vittorio Emanuele III (il vero “dominus” era il regime fascista), spende molte parole anche sui “vari e preziosi ricordi di Sua Maestà Umberto I, custoditi all’interno dell’edificio, fra cui un orologio con l’arma reale tempestata di brillanti ed un ricco braccialetto in brillanti e rubini donati dal re al suo aiutante in capo effettivo conte generale Antonio Gioppi”. Quella dei Maldenti (difficile capire l’origine del nome) fu famiglia ghibellina, che raggiunse il massimo fulgore nel '400, ai tempi di Pino Ordelaffi. A dispetto delle apparenze, l’edificio, che è stato riportato alle forme attuali negli ultimi anni dell‘800, non costituisce la parte originale del complesso. Per scoprirla occorre raggiungere via Matteucci ed entrare nel parcheggio omonimo, già caserma dei Vigili del Fuoco, posto sul retro del Foro Annonario. Affacciate direttamente sul Canale di Ravaldino (tombinato in quel tratto negli ultimi anni del secolo scorso), le costruzioni conservano, oltre a varie tracce di aperture ora murate, il portico sorretto da 4 pilastri ottagonali con capitelli a foglia angolare. Questa parte, passata dall'utilizzo abitativo a quello di servizio, si è mantenuta sostanzialmente immutata senza subire profonde variazioni.

“L’intero complesso – scrivono Giordano Viroli e Mariacristina Gori in “Palazzi di Forlì” – dopo essere passato di proprietà alla famiglia Dal Pozzo, nel 1882 entrò nel patrimonio del conte Pietro Saffi e quindi della moglie, contessa Rosina Seganti”. Lo splendore attuale del complesso, che dall’ultimo dopoguerra in poi ha vissuto anni di noncuranza fino a sfiorare il degrado, è frutto dal cosiddetto “mal di pietra” patito da Gianfilippo Dughera, imprenditore del ramo assicurativo che l’ha rilevato in blocco nel 1991, per poi avviarne i restauri, terminati nel 1999. Fra le sorprese della porzione centrale di Palazzo Maldenti, in proprietà dello stesso Dughera, spicca, al piano nobile, la saletta tappezzata dai “Menù di corte”, che riportano le prelibatezze di pranzi e cene regali. “La lettura dei menù compilati in francese, secondo il cerimoniale della Corte Sabauda – precisa Dughera - mettono in risalto la semplicità dei piatti e lo spirito “sparagnino” dei Savoia. Abbondano cotolette, rifreddi, maccheroni al ragoût (ragù) e piatti di cacciagione, proveniente dalla tenuta di San Rossore”.

Il conte Antonio Gioppi, residente nel palazzo a fine Ottocento, fu, infatti, aiutante di campo del re Umberto I. “Dulcis in fundo”, la vera “chicca” delle Case Maldenti è però rappresentata dalla cripta carolingia del IX secolo, scoperta durante i lavori di recupero del complesso assieme alla vasche di una gualchiera (conceria), a quasi 3 metri di profondità rispetto all’attuale piano di campagna: “Era il livello d’età romana - continua Dughera, che è grande appassionato di storia e archeologia - che poi fu sommerso dalle alluvioni patite da Forlì nell’alto Medioevo. Una volta restaurata, l’ho restituita alla funzione sacra che aveva in origine, con tanto di tabernacolo ritrovato nella sua collocazione originaria. L’altare, invece è stato ricomposto con le sole parti rinvenute in loco”. Non è dato di sapere a quale centro di culto appartenesse la cripta: “Non dimentichiamo - conclude il proprietario - che siamo in una zona ad alta destinazione religiosa, a pochi passi dal Duomo e dalla chiesa di San Francesco Grande, cancellata in età napoleonica”. E’ curioso annotare che la cripta posta nei sotterranei di Palazzo Maldenti, è consacrata e potenzialmente utilizzabile: nell’anno Duemila ha ospitato il battesimo di un familiare dei Dughera.

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Nelle foto Palazzo Maldenti

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